lunedì 8 aprile 2013

PSICOLOGIA EVOLUTIVA III Parte


Preadolescenza e adolescenza



L’adolescenza (ormai prolungata fino a 25 anni) e la preadolescenza (per le bambine inizia intorno ai 10 anni, per i maschi intorno ai 12), sono termini che vanno utilizzati nel contesto storico e culturale a cui si riferiscono. Infatti, nascono come definizioni e problematiche, con la rivoluzione industriale e dalle trasformazioni che questa ha comportato sia pratiche che di riflesso, nei ruoli familiari. Da una società patriarcale, dove il bambino passava repentinamente allo stato di adulto e lavorava fin dalla tenera età, si è passati a una società in cui  il progresso, il maggiore benessere (l’alimentazione più abbondante e migliore ha determinato l’abbassamento  dell’età dello sviluppo e l’aumento della durata dell’età fertile), la lotta per la parità dei sessi, la presa di coscienza dei diritti dei minori e i cambiamenti di ruolo dei genitori, nonché le diverse scelte educative, hanno provocato nell’essere umano un’estensione del periodo di dipendenza dal nucleo familiare, un allungamento del percorso formativo e di studi e una posticipazione dell’inserimento nel mondo del lavoro. A 29 anni l’80% dei maschi vive ancora in famiglia. Paradossalmente a uno sviluppo fisico precoce, corrisponde una più lenta autonomia e un ingresso differito nell’età adulta. Mancano anche dei riti di passaggio chiari (presenti nelle società primitive) che traghettavano in modo netto gli individui da una fase (fanciullezza, adolescenza) all’altra (età adulta).
Nella rappresentazione del senso comune l’adolescenza è definita come la stagione della vita più incerta e problematica. L’adolescente non è più un bambino ma non è ancora un adulto. Questo duplice movimento, rinnegamento della propria identità infantile e ricerca di una nuova stabile immagine del sé adulto, costituiscono l’essenza stessa della “crisi” che ogni adolescente attraversa. Durante questa fase tutti i parametri che il bambino aveva stabilito come suoi punti di riferimento oggettivi cambiano a velocità estremamente elevata e tutte le problematiche già presenti durante l’infanzia si acuiscono, creando un inevitabile stato d’animo di disagio, paura e instabilità. K. Lewin ha paragonato la condizione di un adolescente “a qualcuno che si trova, improvvisamente in una situazione sconosciuta, non familiare… l’incertezza sarà tanto più grande quanto più l’individuo è stato, in precedenza, tenuto ‘fuori’ e all’oscuro del mondo adulto”.
 Il periodo che va dagli undici ai diciotto anni (abbassamento dell’età dello sviluppo fisico per cause multiple, che non corrisponde a una maturazione psicologica) è all’insegna del cambiamento fisico, comportamentale e psicologico: il corpo si sviluppa repentinamente, il modo di muoversi diventa spesso goffo, si evidenziano i caratteri sessuali primari, aumenta l’interesse per l’altro sesso, si trasforma di fatto l’aspetto così come il modo di pensare se stesso e gli altri. E’ questa la fase in cui lievi difetti fisici diventano problemi apparentemente insormontabili, aumenta l’importanza dell’approvazione del gruppo dei coetanei (che supera nettamente quella degli adulti), cambia insomma il modo di percepire tutta la realtà.
La preadolescenza porta con sé uno stato affettivo turbolento,un vero e proprio scombussolamento emotivo, un bombardamento di emozioni che si sviluppano a partire dal cambiamento ormonale. E’ una specie di terremoto che toglie al bambino la certezza di quel corpo infantile per lungo tempo curato e vezzeggiato dagli adulti, in particolare i genitori. Ogni ragazzo si sente stravolto dai suoi umori e deve imparare a regolare il rapporto tra un corpo che gli è estraneo e una mente che non è ancora in grado di concepirlo. E’ in questo intervallo tra infanzia e adolescenza che le incursioni troppo pressanti del mondo adulto hanno come unico effetto quello di confondere le idee al preadolescente già di per sé piuttosto confuso.  Il ragazzo/a ha bisogno di silenzio e spazio interiore per dedicarsi alla scoperta di sé stesso, ha necessità di liberarsi del pressante controllo dei grandi, ma ha anche bisogno che l’adulto non solo ci sia, ma sia disponibile a mantenere il rapporto con lui.
Per gli adulti (genitori, insegnanti, educatori…) che si trovano a condividere il percorso di crescita con un adolescente, è più importante che mai fare uno sforzo di empatia e porsi in una posizione di ascolto e accettazione non giudicante, molto simile a quella  dell’inizio della vita del neonato quando iniziava a svilupparsi  la fragile percezione dell’Io. La preadolescenza rimette tutto in discussione e rivisita l’acquisito concetto di del bambino per traghettarlo verso la più definita personalità adulta. In più con l’adolescente è necessario porre dei limiti chiari e contenere il suo pur sano desiderio di mettersi alla prova con azioni e comportamenti, mirati a confrontarsi provocatoriamente con il mondo degli adulti. E’ tipico di questa fase percepirsi come invulnerabili e non avere chiaro (soprattutto nella prima adolescenza 12/14) l’irreversibilità della morte  la prima causa di incidenti gravi, fino al decesso,  in questa fascia di ètà sono infatti   i comportamenti a rischio, cioè azioni e situazioni (uso e abuso di sostanze, guida spericolata, giochi pericolosi…) in cui l’adolescente si mette con un’apparente incapacità di previsione delle conseguenze su di sé o sull’ambiente (scolastico e familiare) in cui vive . La trasgressività è una caratteristica dell’adolescenza, funzionale alla messa in discussione delle regole date e quindi parte costitutiva del processo di crescita. Ma i comportamenti rischiosi e/o trasgressivi possono avere diverse valenze a seconda della loro portata e quando sfociano in comportamenti gravemente autolesionistici, di bullismo, antisociali o addirittura delinquenziali, sono correlati a situazioni di disagio pregresse che hanno minato l’equilibrio psicofisico del ragazzo/a in crescita.
Da questa età inizia  la necessità di proiettarsi verso il proprio futuro, oltre che  gestire il presente. Per la prima volta il preadolescente deve prendere in considerazione i vari aspetti dell’indipendenza totale e si domanda che tipo di adulto vuole essere e si trova ad affrontare inevitabilmente il problema dell’identità (Erikson). Deve conciliare la coscienza che ha di sé e delle proprie inclinazioni e i valori dell’ambiente in cui è cresciuto. Questa scelta comporta la riconsiderazione delle precedenti posizioni e la messa in discussione del modello dei genitori hanno fornito in una sorta di teoria sulla vita, una tesi a cui ora il ragazzo contrappone la sua antitesi per arrivare alla sintesi adulta.
I compiti evolutivi che deve affrontare l’adolescente sono numerosi e faticosi (per lui e per chi gli sta vicino) e  riguardano: accettare il proprio corpo (il fisico cambia in modo disarmonico e rapido, non c’è sintonia con lo sviluppo mentale e non c’è il tempo di adeguarsi alla nuova immagine di sé anche in presenza di modelli sociali esteticamente irraggiungibili), accettare il proprio sesso (nel bene e nel male i ruoli sessuali sono molto più complessi oggi rispetto al passato); stabilire relazioni nuove e più mature con i coetanei (è il momento della sperimentazione e del “laboratorio” in cui le ragazze parlano molto tra di loro e si gettano le basi per le strategie di relazione affettive, i maschi sono più lenti e schivi, provano pulsioni ma a non riescono a inquadrarle, entrambi i sessi frequentano  gruppi dello stesso genere e contattano il sesso opposto con amicizie e “incursioni” affettive); prepararsi a una professione in vista dell’indipendenza economica (mai come oggi questo percorso è incerto e sfumato per le condizioni sociali ed economiche di cui il precariato è una spia); sviluppare nuove abilità intellettuali ed essere socialmente responsabile; conseguire una coscienza etica e maggiori acquisizioni morali (stadi di Kohlberg); prepararsi a una vita di coppia stabile e alla procreazione; raggiungere un sufficiente grado di autonomia affettiva dai genitori che rimangono due figure importanti e centrali, ma è necessario uno svincolo per individuare le proprie vere inclinazioni. Infatti il timore  che il preadolescente avverte confusamente è di non riuscire a trovare la propria strada/identità se non pagando il prezzo di abbandonare le certezze del “bravo bambino” che dipende emotivamente dalle aspettative dei genitori. Lo sviluppo sano e pieno della sua personalità adulta lo potrà perseguire solo ascoltando  gli impulsi e  che gli vengono dalla sua personale elaborazione delle esperienze vissute e valutando gli effetti  delle sue scelte. La realizzazione di questi obiettivi comporta la necessità di mantenere un giusto equilibrio attraverso continui aggiustamenti e adattamenti (Piaget) e questo processo sarà più fluido e meno problematico, tanto più il ragazzo sarà stato facilitato dalla famiglia, dall’ambiente e dalle esperienze pregresse nel superare gli stadi di sviluppo precedenti. Anche la scuola assume un ruolo importante nella vita dell’adolescente poiché lo mette in gioco sul piano personale, relazionale e della riuscita sociale.
Durante questa fase avviene per il ragazzo una sorta di revisione dei ruoli e delle funzioni familiari, in cui il distacco dai genitori è parte integrante di questo periodo evolutivo, in cui al disagio del figlio, si contrappone quello del genitore, disorientato nelle sue precedenti e consolidate funzioni educative. E’ da qui che incomincia lo svincolo dalla famiglia e diventa di fondamentale importanza l’appartenenza al gruppo dei pari, che rappresenta un punto di riferimento sostitutivo e farne parte è per l’adolescente, una conferma per la sua traballante identità. La soddisfazione delle relazioni all’interno del gruppo di coetanei è importante non solo per promuovere lo sviluppo attraverso l’esperienza di nuove dinamiche ma anche per ridurre lo stress e la pressione psicologica che questo delicato passaggio produce. Il gruppo offre molte opportunità per apprendere specifiche abilità sociali: abilità di comunicazione verbale, di assertività, di relazione e fascinazione con l’altro sesso. In particolare, il legame privilegiato con “l’amica/o del cuore”, costituisce per l’adolescente un importante punto di riferimento, permettendogli di sperimentare nuove relazioni interpersonali basate sulla condivisione e potenziando la capacità di intimità con l’altro “diverso da sé”. Pietropolli Charmet, arriva a definire l’amicizia in adolescenza un obbligo evolutivo, una “fame di relazioni” orizzontali che sostituiscano quelle verticali dell’infanzia con i genitori e gli altri adulti di riferimento.
Indirettamente, a causa del figlio adolescente, avviene una rinegoziazione dei ruoli e delle funzioni familiari e ogni componente del nucleo deve trovare una nuova posizione. Diventa di fondamentale importanza e fattore facilitante per ogni componente del processo in atto, che l’ambiente familiare sia sufficientemente vitale, in grado di accogliere i bisogni che cambiano nel tempo e di accettare e contenere le spinte evolutive e regressive che l’adolescente mette in atto. E’ necessario che gli adulti non cedano alla tentazione di chiedere al ragazzo di “definirsi”, di dichiarare le proprie competenze a fronte di un’oscillazione in cui un giorno si sente adulto e pretende più autonomia e il giorno dopo sembra tornare ad essere un bambino piccolo e bisognoso. E’ l’adolescente stesso ad essere preda di questo fluttuare, il suo corpo, la sua mente e le sue acquisizioni, sono in così costante e rapida trasformazione che è per lui impossibile restare fermo su un’identità.
Ci sono poi altre variabili che riguardano non esclusivamente l’adolescente ma tutti i componenti della famiglia e che possono influenzare il processo in atto: il riassestamento della coppia genitoriale in vista della maggiore autonomia del figlio e del suo futuro allontanamento; lo stile educativo familiare; la qualità della relazione tra i genitori; la tipologia e le condizioni sociali e culturali della famiglia. Il processo di separazione-individuazione adolescenziale, nella nostra epoca è lento e progressivo e non finisce necessariamente con l’uscita da casa dei figli. Ma emancipazione non significa rottura dei rapporti familiari, ma trasformarli in modo da renderli più paritari e reciproci (Polmonari). Comunque i genitori restano per l’adolescente un fattore di protezione che attenua le reazioni dei ragazzi allo stress e alla fatica,  il punto di riferimento da cui partire e verso il quale poter tornare.


 Centro di Psicoterapia Familiare

Fonte: fofamiglia.it

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