martedì 5 aprile 2016

"MON ROI" - Una storia come troppe

George è un uomo affascinante, seducente, passionale che sa come amare... Tony è una donna in carriera ma bisognosa d’amore. Coppia vincente e perfetta verrebbe da pensare e invece...


La regista Maiwenn, nel film “Mon roi” (2015) racconta una storia d’amore tra Tony (Emmanuelle Bercot), una donna che non riesce a liberarsi dal rapporto di dipendenza dal proprio compagno George (Vincent Cassel), “Il re degli stronzi” è così che si definisce il protagonista. Quella che sembrava essere una relazione speciale si rivela invece straziante e tormentata.


Il film inizia con l’immagine di Tony, la quale viene ricoverata in un centro di riabilitazione a seguito di un grave incidente sugli sci. Qui la donna ha la possibilità di ripensare e riflettere alla sua estenuante relazione con George, ha il tempo necessario per rispondere ai suoi perché e al come ha amato e ha permesso a se stessa di vivere una passione così soffocante e distruttiva. Tony ha di fronte un difficile processo di guarigione, un duro lavoro fisico, ma probabilmente questo dolore fisico la aiuterà a comprendere e riconoscere il dolore emotivo e finalmente  potrà essere una donna libera. L’associazione tra dolore fisico e dolore emotivo non è solo metaforica.


Quando la nostra mente si rifiuta di riconoscere le proprie emozioni,inconsciamente ci manda dei messaggi attraverso il nostro corpo, il quale è il sensore che comunica direttamente con noi.
Tony negava a se stessa la sua sofferenza emotiva, cercando sempre di giustificare i suoi comportamenti e quelli del suo compagno, ma poi qualcosa accade, quello che apparentemente può sembrare una caduta accidentale altro non è il corpo che parla, invitandola a riflettere. Le emozioni negative protratte nel tempo creano dei blocchi energetici che si somatizzano trasformandosi in disagi e quindi in malattie, proprio quello che è accaduto alla protagonista del film. Ogni parte del nostro corpo ha una sua chiave di lettura. 


Il dolore alle ginocchia, ad esempio, può indicare problemi nelle relazioni con gli altri, inflessibilità, incapacità a piegarsi, senso di orgoglio ferito, ego, testardaggine, paura verso i cambiamenti. Tutto ciò può sembrare quasi assurdo, poco pragmatico, ma se si guarda attentamente il film si può notare come queste caratteristiche si riscontrino nel vissuto della protagonista. La permanenza nel centro, inoltre le permetterà di riscoprire l’importanza e il significato dell’amicizia. Qui Tony ha la possibilità di riscoprire il piacere della libertà di vivere insieme a persone con un ceto sociale diverso dal suo e età diverse e questo le farà comprendere ancora meglio come nella vita non ci sia nessun ostacolo che non possa essere superato.

Ma chi sono veramente George e Tony? 

Lui è una personalità narcisistica, lei una dipendente affettiva, in altre parole la coppia perfetta per un amore malato.
Le persone con una personalità narcisistica sono caratterizzate da un senso di superiorità, esigenza di ammirazione e mancanza di empatia. Esprimono una credenza esagerata nel proprio valore. Spesso monopolizzano le conversazioni, sminuiscono o disprezzano le persone che si percepiscono come inferiori. Possono avere un senso del diritto e quando non ricevono il trattamento speciale a cui si crede di aver diritto,  possono diventare molto impazienti o arrabbiati. Hanno difficoltà a gestire tutto ciò che può essere percepito come una critica. Nel film, infatti, si vede come George alle prime difficoltà si allontana dalla sua compagna, andando a vivere addirittura in un’altra casa, nonostante i due coniugi avessero un figlio, voluto soprattutto da lui. Non solo lui si allontana dalle sue responsabilità paterne, ma addirittura triangola il figlio, nel momento in cui i due decidono di separarsi, minacciando Tony di non darle la possibilità di un affido congiunto.
I narcisisti, dal momento che si vedono superiori agli altri spesso pensano di essere ammirati o invidiati. Credono di essere autorizzati a soddisfare i propri bisogni senza attendere. Il protagonista, di fatto, quando sente l’esigenza di evadere dalle responsabilità coniugali e genitoriali, organizza festini a base di droga e alcool con i propri amici, senza ascoltare minimante i bisogni della sua compagna.   
La dipendente affettiva, dall’altra parte, nonostante provi una grandissima sofferenza non riesce a staccarsi da questo amore. Soffoca ogni desiderio e interesse individuale per occuparsi dell'altro. 


Nel film viene ben interpretato questo atteggiamento, infatti, la protagonista nel momento del suo dramma non riesce a riconoscere i propri bisogni. Lui le chiede i suoi spazi e lei gli lascia la sua libertà nonostante la trascuri per frequentare amici, la sua ex, anche lei dipendente affettiva. Benché il fratello la esorti sempre alla riflessione, mettendo in risalto gli atteggiamenti negativi che il marito ha nei suoi confronti, lei non riesce a guardare oltre il suo cerchio malato. La dipendente affettiva non riesce ad interrompere la relazione, perché “ama troppo”, non riesce a capire  che il vero amore è quello che ti da autonomia e reciprocità.
Nella dinamica amorosa di questo tipo, l’uomo è dapprima idealizzato come perfetto, poi denigrato come imperfetto.
Guardando queste dinamiche come spettatori del film potremmo definire Tony “succube del re degli stronzi”. In verità una dipendente affettiva ha scelto il suo partner proprio per le sue caratteristiche di narcisista autocompiaciuto e di egocentrico insensibile; ciò produce dinamiche conflittuali senza esito, veri e propri giochi senza fine. In alcuni casi, il gioco fa si che ci sia uno scambio di ruoli in un’altalena senza fine, incorrendo in quello che viene chiamato il Triangolo Drammatico (S. Karpman). All’interno di questa dinamica si alternano tre ruoli diversi: il salvatore, il persecutore e la vittima.
Il Salvatore avverte la necessità di aiutare l'altro, perché ritiene che quest’ultimo sia bisognoso del suo aiuto, mentre, invece, è lui che ha bisogno di sentirsi utile perché sono presenti sensi di colpa o insicurezza ed inferiorità. Il salvatore si preoccupa soltanto di sé e l'aiuto offerto agli altri gli serve per sentirsi accettato e amato dagli altri. La Vittima, dal canto suo, esercita una forte attrattiva sia nei confronti del Salvatore, dal quale riceve attenzioni esagerate e talvolta inutili, sentendosi così aiutato a risollevarsi dalla sue frustrazioni, sia nei confronti del Persecutore, il quale, criticandolo e maltrattandolo, lo convince sempre di più della sua inferiorità e delle sue insicurezze. Infine troviamo il persecutore. Egli nutre disperazione e rabbia che lo spingono ad assumere un atteggiamento punitivo e vendicativo nei confronti di tutti.  Da qui la dolorosa alternanza fra momenti di soggezione romantica e altri in cui si avvia una ribellione, mediante accuse (più o meno vere), insofferenza e sfida, infine mediante il distacco.
Spesso queste dinamiche “amorose”, se così possiamo definirle, sono il copione di molte storie di vita comune. La differenza tra il film e la realtà sta nel fatto che durante la visione della pellicola siamo spettatori, ma nella vita siamo attori e questo ruolo, spesso, non fa vedere con gli occhi giusti. Vincent Cassel e Emmanuelle Bercot interpretano molto bene questi due tipi di personalità, i sentimenti di rabbia, onnipotenza, dipendenza... La regista, allo stesso tempo, è riuscita ha scrivere il copione perfetto dell’amore imperfetto.

Dott.ssa Luisana Di Martino

Laureata in Psicologia, tirocinante presso la Obiettivo Famiglia Onlus