lunedì 5 novembre 2012

C'E' CRISI



Il concetto di crisi fa riferimento ad un punto decisivo di cambiamento. In campo psicologico si intende un momento di sofferenza, di destabilizzazione rispetto all’equilibrio precedentemente acquisito, che rappresenta un punto di svolta decisivo e può evolversi in un miglioramento o in un peggioramento.
Paul Claude Racamier (1985, p. 16) a questo proposito scrive “La nozione di crisi si pone tra il registro della normalità e della patologia: attraversa nello stesso tempo il normale ed il patologico ed il suo interesse sta nel fatto che si pone a cavallo tra questi due registri”.
L’accezione positiva del termine vede la crisi come un momento cruciale del percorso evolutivo dell’essere umano o di un sistema, che a partire da un “pericolo” può mettere in campo le proprie risorse verso una nuova opportunità di cambiamento.
La crisi si materializza laddove un certo pensiero, capacità di gestire le proprie emozioni e modalità relazionale, diventano insufficienti a soddisfare le aspettative fino a quel momento funzionali al benessere della vita quotidiana. Ci sia avvia verso una trasformazione, vissuta come estranea però, pericolosa perché protratta verso l’ignoto, in direzione di un modello di vita mai sperimentato, ma inconsapevolmente ricercato.
 Tale cambiamento fa paura pertanto la reazione più consona e prevedibile, spesso è rappresentata da un maggiore attaccamento ai vecchi modelli comportamentali che forniscono un’apparente sicurezza, ma che contemporaneamente confermano la sofferenza e la necessità di un rinnovamento.  

La manifestazione di questo malessere non riconosciuto si esplica in molte tipologie di comportamento, dalle continue liti familiari ed extrafamiliari, disadattamento in campo lavorativo, uso e abuso di sostanze, crisi coniugali, senza contare gli stati d’animo associati a questi momenti che rischiano una cronicizzazione se non governati adeguatamente.
In questa visione, in cui la crisi è considerata come un ostacolo alla crescita dell’individuo, il riconoscimento ed il potenziamento delle proprie risorse personali e la volontà di “sporcarsi le mani” mettendosi in gioco, rappresentano la condizione maggiormente auspicabile per il superamento dei propri limiti e per l’utilizzo di questi momenti di empasse come uno strumento funzionale al proprio Sé.
Questa spiegazione della crisi tenta di abbattere lo stereotipo della Psicologia come un intervento per estirpare i tratti patologici di un individuo o di un sistema. Infatti se l’obiettivo generale è far emergere le risorse interiori, sempre presenti ma spesso poco visibili, diventa chiaro che gli eventi critici non sono espressione di patologia, ma creazione di nuove forme di funzionamento. Il benessere auspicato è inteso quindi come capacità “reattiva”, rispetto a fattori che hanno in sé il potenziale di indurre malesserePertanto un percorso psicologico non ha l’obiettivo diretto ed irrazionale di porre in essere soluzioni immutabili e certe, ma di scortare l’individuo nella direzione consona al ritrovamento del suo benessere.
La definizione di paziente, ove non ci siano problematiche psichiatriche riconosciute,  può essere quindi sostituito dal termine ricercatore, collaboratore, mentre lo psicologo può essere investito della funzione di accompagnatore di questo percorso di ricerca del reale significato del malessere.
dott.ssa Ivana Siena