C'E' CRISI
Il concetto
di crisi fa riferimento ad un punto decisivo di cambiamento. In campo
psicologico si intende un momento di sofferenza, di destabilizzazione rispetto
all’equilibrio precedentemente acquisito, che rappresenta un punto di svolta
decisivo e può evolversi in un miglioramento o in un peggioramento.
Paul
Claude Racamier (1985, p. 16) a questo proposito scrive “La nozione di crisi si pone tra il registro della normalità e della
patologia: attraversa nello stesso tempo il normale ed il patologico ed il suo
interesse sta nel fatto che si pone a cavallo tra questi due registri”.
L’accezione
positiva del termine vede la crisi come un momento cruciale del percorso
evolutivo dell’essere umano o di un sistema, che a partire da un “pericolo” può
mettere in campo le proprie risorse verso una nuova opportunità di cambiamento.
La crisi
si materializza laddove un certo pensiero, capacità di gestire le proprie
emozioni e modalità relazionale, diventano insufficienti a soddisfare le
aspettative fino a quel momento funzionali al benessere della vita quotidiana.
Ci sia avvia verso una trasformazione, vissuta come estranea però, pericolosa perché
protratta verso l’ignoto, in direzione di un modello di vita mai sperimentato,
ma inconsapevolmente ricercato.
Tale cambiamento fa paura pertanto la reazione
più consona e prevedibile, spesso è rappresentata da un maggiore attaccamento ai
vecchi modelli comportamentali che forniscono un’apparente sicurezza, ma che contemporaneamente
confermano la sofferenza e la necessità di un rinnovamento.
La manifestazione
di questo malessere non riconosciuto si esplica in molte tipologie di
comportamento, dalle continue liti familiari ed extrafamiliari, disadattamento
in campo lavorativo, uso e abuso di sostanze, crisi coniugali, senza contare
gli stati d’animo associati a questi momenti che rischiano una cronicizzazione se
non governati adeguatamente.
In questa
visione, in cui la crisi è considerata come un ostacolo alla crescita dell’individuo,
il riconoscimento ed il potenziamento delle proprie risorse personali e la
volontà di “sporcarsi le mani” mettendosi in gioco, rappresentano la condizione
maggiormente auspicabile per il superamento dei propri limiti e per l’utilizzo
di questi momenti di empasse come uno strumento funzionale al proprio Sé.
Questa
spiegazione della crisi tenta di abbattere lo stereotipo della Psicologia come
un intervento per estirpare i tratti patologici di un individuo o di un
sistema. Infatti se l’obiettivo generale è far emergere le risorse interiori,
sempre presenti ma spesso poco visibili, diventa chiaro che gli eventi critici
non sono espressione di patologia, ma creazione di nuove forme di
funzionamento. Il benessere auspicato è inteso quindi come capacità “reattiva”,
rispetto a fattori che hanno in sé il potenziale di indurre malessere. Pertanto un percorso psicologico non ha
l’obiettivo diretto ed irrazionale di porre in essere soluzioni immutabili e
certe, ma di scortare l’individuo nella direzione consona al ritrovamento del
suo benessere.
La
definizione di paziente, ove non ci siano problematiche psichiatriche riconosciute,
può essere quindi sostituito dal termine
ricercatore, collaboratore, mentre lo psicologo può essere investito della
funzione di accompagnatore di questo percorso di ricerca del reale significato
del malessere.
dott.ssa Ivana Siena