sabato 13 agosto 2016

L'INCAPACITA' DI PRENDERE DECISIONI

«Pochi uomini in generale hanno fede in
se stessi, e di questi pochi gli uni ricevono la fiducia in
sorte come utile cecità o come parziale ottenebramento
del loro spirito (che cosa scorgerebbero se potessero
vedere se stessi fino in fondo!); gli altri se la devono prima
di tutto conquistare; tutto quello che essi fanno di
buono, di valente, di grande è in primo luogo un argomento
contro lo scettico che dimora in essi: si tratta di
convincere o di persuadere costui, e per questo occorre
quasi del genio».
Friedrich Nietzsche




Decidere, soprattutto in momenti importanti della vita, non è semplice.

A chi non è capitato di tentennare nel prendere una decisione, o di rimandarla?
Addirittura ci sono persone che si trascinano decisioni continuando a procrastinarle per lunghi anni.
Ma cosa si nasconde dietro l' incapacità di decidere?
Sono molti gli aspetti da considerare: c’è la paura di sbagliare, la paura di agire, la paura del fallimento, il temere il giudizio degli altri.
Così capita di rimandare decisioni, nella speranza che le cose si risolvano da sole.
Nel frattempo, però, tutto questo tempo passato a rimuginare sul da farsi ha un solo effetto: quello di tenerci paralizzati mentre il mondo continua a girare. È un’incapacità che può limitare tanto la nostra vita.
La paura di sbagliare è forse la più ricorrente tra le tipologie di timore di fronte al rischio di una decisione: quanto più questa è cruciale, tanto più l’esitazione si fa pressante fino a diventare paralizzante.
La paura di non essere all’altezza di assumersi la responsabilità di decidere è sicuramente una delle forme più frequenti di timore di fronte a scelte importanti. Come appare immediatamente chiaro, ciò ha molto a che fare con l’autostima, ovvero con quanto ci riteniamo capaci di valutare al meglio le cose e quanto ci sentiamo in grado di sostenere il peso delle decisioni assunte e dei loro effetti. Pertanto, in questo caso, la lotta sembra tutta tra il sé e il sé. I fattori esterni invece, sono un corollario determinante.
Come si impara a scegliere, a decidere?

In primo luogo, facendolo. Compiere scelte è un’arte che richiede esercizio, come le arti marziali, la volontà e praticamente tutte le capacità interiori di noi esseri umani. E la palestra migliore è la vita di tutti i giorni.
I modelli sociali e familiari protettivi inducono all’evitamento delle responsabilità personali e alla loro crescente delega: più una società garantisce agiatezza ai suoi membri, più questi si adagiano sulla delega delle decisioni. «Le abitudini ci asserviscono dolcemente», e lo fanno quanto più sono comode: la comodità di delegare l’onere delle responsabilità ad altri e di rifuggire dal timore di dover decidere è diventata un costume sociale oltre che una propensione individuale.
Tuttavia, purtroppo e per fortuna, anche la più agiata delle esistenze, prima o poi, obbliga a compiere scelte e ad assumere decisioni: chi non si dimostra all’altezza va in crisi o soccombe sotto un peso insostenibile.
Appare chiaro che se la persona si trova costantemente a combattere contro le svalutazioni del suo persecutore interno, quando dovrà operare scelte, i dubbi si faranno più atroci e la lotta interiore ancora più estenuante.
Hai mai provato a pensare che forse la tua difficoltà nel prendere decisioni può legarsi a molteplici situazioni e relazioni impostate in passato? Che può essere dovuta ad una tua posizione di "passività" rispetto a qualcuno (forse i tuoi genitori?)che tu vivi come più competente, più capace e più "dominante", in confronto al quale forse non ti senti all'altezza?
Un sostegno psicoterapeutico può certamente aiutare a svelare e comprendere queste cause e quindi a trasformarle.

Gli indecisi devono rendersi consapevoli che decidere è comunque inevitabile. Perché anche il non decidere è di per sé prendere comunque una decisione, forse la peggiore fra tutte. Gli indecisi dovrebbero imparare a mettersi in gioco e a sviluppare il coraggio di rischiare, anche commettendo degli errori. Gli errori spesso si rivelano produttivi in quanto fonte di esperienza. Come dice il detto “sbagliando si impara”. Certo, la scelta perfetta non esiste, ma in fin dei conti, anche se sbagliamo, non casca il mondo!
Dott.ssa Caterina Cappa
Laureta in Psicologia e tirocinante presso la Obiettivo Famiglia Onlus di Pescara  

giovedì 11 agosto 2016

COME FAR DURARE UNA COPPIA

Non sappiamo mai cosa accade veramente tra due persone. Dietro la facciata, dietro le apparenze, c’è un meccanismo delicatissimo. Ogni coppia ha la sua alchimia. Per molto tempo abbiamo creduto che la ragione di tutto questo fosse semplicemente l’amore. 


Oggi, però, si comincia a mettere in dubbio questa onnipotenza della passione.
Pensiamo davvero che l’amore da solo basti per formare e fare durare la coppia. È proprio così?
La vita di coppia non è qualcosa che va avanti solo perché due persone si amano. Lo slancio amoroso che presiede l’incontro è spontaneo, la durata è da inventare, da costruire. In altri termini: l’amore romantico è destinato a scemare o a scomparire, l’amore di coppia può invece crescere nel tempo.
Per mantenere l’amore nel tempo, occorre saper accettare l’irriducibile diversità dell’altro.
È diffusa l’illusione che esista un sentimento d’amore senza condizioni, ma l’amore romantico è un congegno estremamente complesso, delicato e pericoloso. Esso si nutre di proiezioni e di illusioni, di forti idealizzazioni e dunque rischia continuamente di creare frustrazioni e cortocircuiti distruttivi.
In altre parole, l’amore romantico tende ad annullare le differenze tra i partner, invece di elaborarle nel reciproco adattamento; tende a cristallizzare il rapporto in una dimensione immobile. Come se non si riuscisse ad accettare l’idea della trasformazione possibile di sé e dell’altro, attraverso il tempo.
Una coppia che vuole durare invece, deve trasformarsi continuamente. Un individuo deve anzitutto divenire cosciente del buono e del cattivo che esistono in lui e nel partner; della sua incapacità a soddisfare tutte le attese dell’altro. Occorre regolarmente ricordarsi perché si è scelta proprio quella persona, con quelle qualità, perché sono necessarie. È a partire da questa consapevolezza, dall’accettazione e dal controllo dell’ambivalenza all’interno di ogni relazione, che si può far crescere l’amore vero. Per scelta consapevole.




L’amore maturo è unione a condizione di preservare la propria integrità,
la propria individualità. L’amore è un potere attivo dell’uomo,
è lavorare per qualcosa, è far crescere qualcosa”.
Eric Fromm


Con queste parole di Eric Fromm ritroviamo la prospettiva costruttiva sull’amore. L’innamoramento è qualcosa che capita, improvvisamente, all’insaputa dello stesso interessato. L’amore è invece il frutto di un lavoro che implica consapevole investimento di risorse. Perché l’amore duri, occorre fare prova di volontà. Oggi, di fronte alle prime crisi, sembra manchi la volontà di impegnarsi per salvare il rapporto.
La crisi può invece, essere costruttiva: obbliga a dialogare con se stessi e con la persona che ci sta accanto, per capire che cosa c’è in se stessi che vuole distruggersi e che cosa vuole crescere. Io rimango unito all’altro non perché è come me in un legame fusionale, ma perché mi permette di cambiare. In questo modo, il legame si consolida attraversando continuamente territori nuovi e imprevisti.

Quindi, se pensate di amare davvero, lasciatevi andare ai cambiamenti! Lavorate su voi stessi per essere pronti a cambiare a contatto con l’altro.
L’amore per l’altro diventa, così, la più potente possibilità per l’Io di crescere. Ogni coppia, può divenire il laboratorio dove ciascun partner, giorno dopo giorno, ha la possibilità di fare evolvere l’amore, di trasformarlo, di inventarlo. E questo lavoro permetterà di scoprire che è veramente più semplice vivere amando, che senza amore!


Dott.ssa Caterina Cappa
Laureata in Psicologia e tirocinante presso la Obiettivo Famiglia Onlus di Pescara