giovedì 14 marzo 2013

ADOLESCENZA


Criticità nei giovani 


L'adolescenza è quella fase del ciclo di vita umano in cui si verifica la transizione dallo stato di bambino a quello di adulto. Essa copre un periodo piuttosto lungo, mutevole da individuo a individuo e da cultura a cultura, in cui a fronte delle numerose trasformazioni fisico-corporee si assiste a profondi cambiamenti psicologici, che investono le capacità cognitive, la sfera degli affetti e le competenze sociali della persona.
La definizione psicologica di adolescenza come fase di transizione non deve tuttavia comportare una svalutazione del contributo sociale e culturale da essa rappresentato. Il periodo di vita vissuto dagli adolescenti è infatti un preciso momento evolutivo con caratteristiche specifiche che lo rendono, pur nella continuità data dal processo di costruzione dell’identità, uno stadio autonomo.
C’è un’idea di adolescenza come percorso/processo di costruzione dell’identità all’interno del ciclo di vita: percorso che si realizza affrontando (coping) e in qualche modo risolvendo specifici compiti di sviluppo che trovano nel contesto e nella cultura di appartenenza del singolo adolescente la loro concreta esplicitazione.
Autori che hanno contribuito a definire il tema della costruzione dell’identità in adolescenza sono Erikson (1982) e Marcia (1966; 1980). Vygotskij (1934), Bruner (1990) e Cole (1996) hanno fornito gli strumenti metateorici per accostarvisi criticamente. A Vvgotskij si deve il concetto di “zona di sviluppo prossimale” (lo spazio d’intervento dell’adulto per accrescere le competenze del bambino) e l’idea che lo sviluppo di capacità naturali è in parte funzione dei cosiddetti “amplificatori culturali”, ossia gli strumenti che la cultura mette al servizio della mente. Il contributo dell’ultimo Bruner è rintracciabile nel concetto di “conoscenza” come ricerca e costruzione condivisa del significato, grazie al procedere complementare del pensiero logicoscientifico e di quello narrativo. Cole ha fatto dei contesti d’apprendimento il luogo della propria ricerca,sviluppando idee riguardanti capacità mentali di soggetti appartenenti a popolazioni non occidentali.

Adolescenza, identità e compiti di sviluppo
Erikson (1982) ha una visione dello sviluppo come “ciclo di vita’ costellato di eventi critici.
L’orizzonte al cui interno egli colloca il suo modello evolutivo è psicosociale, nel tentativo di comprendere non solo le dimensioni psichiche dello sviluppo della persona, ma anche quelle sociali e culturali. Quella che emerge è una visione complessa dell’individuo che si definisce in base a tre dimensioni fondamentali: biologica, psichica e sociale.
Il modello eriksoniano tiene conto non solo del presente vissuto dalla persona, ma anche del suo passato e del suo futuro, concependo l’esperienza individuale della persona sullo sfondo della sua inserzione socioculturale e storica.

Adolescenza e transizione all’adultità
Da diversi anni ormai è stata individuata una nuova fase di vita denominata post-adolescenza.
La costituzione di questa nuova fase nasce dall’esigenza di poter descrivere e spiegare da un punto di vista psicosociale il fenomeno che vede sempre più giovani o tardo adolescenti permanere nelle propria famiglia, rimandando una serie di scelte che una volta accadevano prima, contribuendo all’assunzione definitiva della propria identità.
Quello a cui spesso si assiste è un lento modificarsi delle relazione fra genitori e figli dovuto alla coabitazione prolungata nel tempo causata da elementi e difficoltà esterne, soprattutto di tipo lavorativo.
Erikson costruisce il suo modello in stadi e individua per ciascuno stadio del ciclo di vita un particolare compito di sviluppo che, a seconda di come viene affrontato e risolto, condurrà ad esiti evolutivi positivi o negativi. Ogni stadio dello sviluppo è infatti caratterizzato da un “dilemma psicosociale” che nasce all’interno della relazione soggetto/ambiente e che deve essere superato perché la crescita possa procedere in senso maturativo.
Il dilemma che l’adolescente deve affrontare è legato dall’antitesi fra identità e confusione d’identità e può portare a raggiungere la forza psicosociale positiva della fedeltà, ossia della capacità di essere coerenti e leali rispetto ad un impegno assunto.
Identificazione e sperimentazione vengono ad essere i due processi cruciali per la costruzione dell’identità in tale fase: attraverso il primo processo, l’adolescente abbandona le identificazioni precedenti, scegliendo nuovi modelli identificativi presenti nell’ambiente (amici, insegnanti e così via). Inoltre, egli si sperimenta nell’adesione consapevole a gruppi sociali che gli consentono di assumere svariati ruoli, favorendo il confronto, l’autoriflessione e la conoscenza di sé.
Al termine dell’adolescenza, il ragazzo dovrebbe possedere una maggiore e più articolata consapevolezza della propria identità e delle sue caratteristiche, che Erikson individua nelle seguenti componenti:
- continuità e coerenza (l’adolescente percepisce, pur nella discontinuità delle sue esperienze e vicende, una continuità e una consistenza interna);
- reciprocità (vi è consapevolezza di una sostanziale corrispondenza fra l’immagine che abbiamo di noi e quella percepita dagli altri);
- libertà ed accettazione dei/imiti (la comprensione dei propri limiti fisici e delle proprie capacità non intacca la consapevolezza e la libertà di scegliere); 
- avvertire una destinazione (aver costruito delle rappresentazioni realistiche di sé e del proprio
progetto/percorso di vita).

CPF 

Nessun commento:

Posta un commento