lunedì 29 settembre 2014

COS'E' L'INTELLIGENZA EMOTIVA?

L’INTELLIGENZA EMOTIVA NELL’AMBIENTE LAVORATIVO E LA SINDROME DEL BURNOUT.
                                                
                                                                                                               
L’intelligenza emotiva è definita come la capacità di riconoscere i nostri sentimenti e quelli degli altri, di motivare noi stessi e di gestire positivamente le nostre emozioni, tanto interiormente quanto nelle relazioni sociali.
La vita mentale dell’uomo è costituita da due modalità di conoscenza che interagiscono tra di loro: la mente razionale, caratterizzata da una modalità di comprensione cosciente e consapevole che ci permette di ponderare e di riflettere, e la mente emozionale, impulsiva e illogica.
L’influenza delle emozioni sulla mente razionale è spiegabile con l’evoluzione del cervello umano. Le basi anatomiche delle emozioni si possono rintracciare nelle strutture più primitive, il tronco cerebrale, da cui poi si sono evolute le aree del cervello pensante: la neocorteccia. Le aree emozionali quindi, sono collegate a tutte le aree della neocorteccia influenzandole, ragion per cui le emozioni sono il costante sottofondo delle esperienze quotidiane.
L’intelligenza emotiva è strettamente associata alla competenza personale e a quella sociale. La prima determina il modo in cui controlliamo noi stessi e si basa su alcune caratteristiche:
- consapevolezza di sé, cioè la capacità di riconoscere i nostri stati interiori. Comporta l’auto-valutazione accurata delle proprie abilità, dei propri punti di debolezza e la fiducia in sé stessi riconoscendo il proprio valore e le proprie capacità.
- padronanza di sé che si esprime nell’autocontrollo degli impulsi e dei sentimenti per gestire situazioni stressanti e angosciose che si traduce nell’acquisizione di un atteggiamento flessibile nelle varie circostanze.
-motivazione, ultima abilità della competenza personale, è caratterizzata dall’insieme delle tendenze emotive che guidano e sostengono la realizzazione degli obiettivi.
 La competenza sociale è il fattore che determina la gestione delle relazioni interpersonali la cui base è costituita da
-empatia, cioè la capacità di comprendere  lo stato d’animo altrui
-abilità sociali intese come la capacità di saper guidare le emozioni di altre persone attraverso l’uso di tattiche persuasive efficienti veicolate da una comunicazione chiara e convincente.
Queste abilità sono particolarmente importanti e particolarmente richieste nell’ambito lavorativo in cui bisogna sviluppare anche capacità per negoziare e gestire situazioni di disaccordo, collaborazione  e cooperazione per il raggiungimento di obiettivi comuni.  Le capacità intellettuali e tecniche seppur rappresentano i requisiti di base non garantiscono il raggiungimento di risultati ottimali, quando infatti in una organizzazione manca l’intelligenza emotiva si realizza il fenomeno del burnout definito come sindrome di esaurimento emotivo, depersonalizzazione e derealizzazione personale. Il sentimento di essere emotivamente svuotato e annullato dal proprio lavoro, una sorta di inaridimento emotivo, si ripercuote sull’allontanamento e sul rifiuto nei confronti di coloro che ricevono o richiedono la prestazione professionale. Il fenomeno è più frequente in tutte quelle professioni che richiedono un’elevata implicazione relazionale e le cause comuni sono riconducibili all’organizzazione disfunzionale, la scarsa o inadeguata retribuzione, sovraccarichi di lavoro, insufficiente autonomia decisionale. Il burnout è una sindrome vera e propria caratterizzata da sintomi che investono la sfera somatica, ulcere, cefalee, disturbi cardiovascolari e la sfera psicologica, umore depresso bassa stima di sé, senso di colpa, irritabilità, coinvolge cioè  il mondo emozionale della persona.
Solitamente l’insorgenza del fenomeno segue 4 fasi:
1)ENTUSIASMO IDEALISTICO che dipende dalle motivazioni consapevoli, inconsce e dalle aspettative che hanno indotto gli operatori a scegliere quel tipo di lavoro.
2)STAGNAZIONE, il super-investimento iniziale lascia il posto ad un graduale disimpegno dovuto al fatto che il lavoro non soddisfa i bisogni del lavoratore e la profonda delusione determina la chiusura verso l’ambiente e i colleghi.
3)FRUSTRAZIONE a causa della profonda sensazione di inutilità per non essere in grado di rispondere ai reali bisogni dell’utenza. L’operatore vive un senso di perdita , svuotamento e crisi delle emozioni e della creatività.
4)APATIA che caratterizza la vera e propria morte professionale.
La visione distorta secondo cui le professioni d’aiuto fanno beneficenza, ha contribuito allo sviluppo di un forte spirito salvifico e sentimenti di onnipotenza nei confronti degli utenti che in automatico assumono lo status di ”rappresentanti della malattia” e quindi uno stato d’inferiorità. Tutto ciò porta l’operatore a trascurare inconsapevolmente i propri bisogni e motivazioni con conseguenti sentimenti di disagio e impotenza. C’è da dire inoltre che il burn-out non è affatto un problema personale che riguarda solo chi ne è affetto, ma coinvolge l’intera organizzazione dei servizi, degli utenti della comunità.
L’intelligenza emotiva quindi, gioca un ruolo fondamentale perché permette di contattare le proprie emozioni per affrontare in modo efficace e ottimale le difficoltà della vita, permettendo di sviluppare la propria personalità in modo flessibile e creativo.  Tutto ciò all’interno della relazione consente all’operatore di essere empatico e sensibile alle reali esigenze dell’utente. Nel burnout   esiste quindi la difficoltà a misurarsi con le proprie emozioni e quindi con il riconoscimento del problema, con conseguente sentimento di rassegnazione rispetto alla vita.

Occorre provare ad ascoltare, a guardarsi dentro, a recuperare la propria motivazione e la capacità di alimentare i propri desideri.

Dott.ssa Manuela Fersini

Laureata in Psicologia resso l'Università "G. D'Annunzio" di Chieti e tirocinante presso la Obiettivo Famiglia Onlus di Pescara.

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