venerdì 25 gennaio 2013

ADOZIONE: III PARTE


Terza fase: il periodo adolescenziale nelle famiglie adottive


Gli adolescenti si trovano in un periodo di cambiamento di ruolo sociale; cambiamento che comporta un processo di autonomizzazione dalle figure genitoriali e l'assumersi maggiori responsabilità all'interno della società. La maggiore autonomia porta il giovane a voler prendere da sé le proprie decisioni e a voler rispettare anche le proprie opinioni personali.
Il rapporto con i genitori si fa più difficile, perchè l'adolescente non gradisce le loro ingerenze in rapporto alle amicizie, alla sua vita privata, ma nello stesso tempo ciò non impedisce che sia proprio lui a chiedere consiglio per questioni personali. Nel corso dell'adolescenza cambia l'immagine che i giovani hanno dei propri genitori, rispetto al periodo precedente, li vedono più come persone che possono sbagliare.
La maggiore autonomia comporta che gli adolescenti si distacchino dalla famiglia anche da un punto di vista emotivo e che cerchino di stringere nuove relazioni sociali. Entrare in altri ambienti implica anche doversi confrontare con le attese in essi esistenti. La natura della relazione fra genitori e bambino prima dell'adolescenza contribuisce a determinare in che misura l'adolescente sia preparato ai compiti legati allo sviluppo psicosociale.
La famiglia risulta importante per trasmettere valori e per veicolare le fondamenta di uno stile di vita. Le figure genitoriali sono in grado di rispondere a molti bisogni dell'adolescente. Un bisogno di fondo per l'adolescente è quello di avere una buona comunicazione con i genitori, essenziale per negoziare con loro, prendere decisioni, esprimere preoccupazioni e, in parte, per avere il riconoscimento del proprio nuovo status all'interno della famiglia.
L'adolescenza è, quindi, il periodo in cui le spinte all'autoaffermazione e all'autonomia si fanno più pressanti. Ma è anche il momento in cui affiora la coscienza di essere una persona: l'adolescente tende a chiedersi " chi sono?" e tale interrogativo lo pone in un confronto al suo futuro ma anche al suo passato, a quello che è stato.
Nelle famiglie adottive spesso con l'adolescenza del figlio emergono problemi relazionali, talvolta anche drammatici. La crisi coinvolge sia il ragazzo, soprattutto quando in famiglia sono stati accantonati i problemi relativi alla separazione dai genitori naturali e all'origine, attraverso mistificazioni della verità, segreti, sia i genitori che vivono con preoccupazione i tentativi di svincolo del figlio, perchè evoca in loro la paura dell'abbandono.
Nell'adolescenza, parallelamente alla ricerca dell'identità del figlio, possono emerge problemi relativi alla percezione genitoriale, ai vissuti di inadeguatezza e di autovalutazione circa l'impossibilità di generare, la mancata elaborazione della sterilità, l'insicurezza riguardo le proprie capacità educative ed affettive. Inoltre la volontà del figlio adottato di ricercare le proprie origini, fenomeno assolutamente normale, può essere vissuto dai genitori come rifiuto di un presente sentito come poco gratificante.
Questi fenomeni richiedono alla famiglia la capacità di mettere in discussione la propria organizzazione relazionale. In alcuni genitori c'è una difficoltà a favorire il naturale processo di autonomizzazione per le angosce connesse alla separazione e al temuto distacco affettivo definitivo. Difficoltà che portano i genitori a mostrarsi iperprotettivi, rendendo difficoltoso per i figli un processo di distacco e di individuazione.
Questo atteggiamento è presente soprattutto nelle famiglie in cui il figlio adottato è stato sentito come qualcosa che colmava un grande vuoto e quindi il timore di perdere il figlio è molto marcato.
Inoltre l'adolescenza del figlio viene spesso vissuta come prima verifica, da parte dei genitori, di ciò che si è seminato e, da parte del figlio, di ciò che si è ricevuto. Nel fare ciò il figlio si rivolge spesso al passato, alla ricerca di un punto di riferimento. Quindi la ricerca delle proprie origini è conseguente alla ricerca di un identità. Infatti se il ragazzo non riesce a trovare nel presente elementi che lo aiutino a definirla, egli sarà costretto a ricercarli nel passato.
Spesso la ricerca dei propri genitori si esaurisce magari quando essa sta per avere esito positivo, perchè l'adolescente adottato sembra aver più bisogno di un'immagine di genitore naturale buono, rassicurante, che del genitore reale, per esorcizzare le fantasie di abbandono e di senso di vuoto che attraversa in questo periodo.
Si può manifestare in alcuni genitori anche la tendenza a vedere la diversità del figlio come frutto di un fattore ereditario che è temuto e che risveglia vissuti di estraneità. Ma atteggiamenti provocatori e aggressivi del ragazzo sono solo l'espressione, come al momento del primo abbandono, di paure e timori. Pertanto l'adolescenza richiede che la famiglia sia in grado di rimettere in discussione i propri modelli transazionali. In particolare i genitori devono essere disposti a cambiare i propri schemi educativi e a distinguere tra bisogni reali e bisogni presunti del figlio.
L'adolescente, infatti, può risolvere le sue difficoltà e continuare a crescere soltanto se si sente pienamente accettato e se ha fiducia nelle proprie capacità di diventare autonomo. Ciò sarà legato naturalmente a come i genitori adottivi hanno vissuto la sua origine e l'adozione stessa.
Rivestono particolare importanza nelle famiglie adottive in cui ci sono adolescenti le entrate e le uscite dei membri familiari, in quanto modificano profondamente non solo la struttura ma anche il funzionamento familiare. Secondo quest'ottica, attraverso l'adozione, si acquisisce un membro "sui generis" perchè stabilisce un legame di parentela, pur non essendoci un legame di consanguineità.
In un'ottica sistemica, infatti, l'adozione viene definita come un evento "non normativo" o "paranormativo", perchè a differenza dell'adolescenza, che è un evento normativo, non rientra negli eventi che normalmente vengono vissuti e affrontati dal nucleo familiare. Ma è comunque un evento che è stato scelto e programmato: questo consente ai genitori un maggiore controllo di una situazione che è a rischio, essi possono infatti prevedere i vantaggi e gli svantaggi di questa decisione, anticiparne le conseguenze e attivare adeguate strategie di coping. Come tutte le situazioni che presentano dei rischi, però, il superamento dell'evento adottivo non è automatico e neanche scontato. E per essere vissuto come momento di crescita e di sviluppo per tutti i membri coinvolti è necessario che vengano attivate risorse non solo personali ma anche familiari e sociali.
"Il compito evolutivo che genitori e figli si trovano a dover affrontare potrebbe essere sintetizzato nel seguente modo: "costruire una continuità tra le generazioni senza negare le differenti origini".
Si tratta cioè di trovare un equilibrio dinamico tra due poli altrettanto "rischiosi": da una parte l'assimilazione al figlio biologico che nega la peculiarità della condizione di figlio adottivo, dall'altra l'accentuazione della differenza che non riesce ad integrare il figlio adottivo nella storia familiare, fino ad espellerlo. La configurazione relazionale delle famiglie adottive è, in questo caso, sui generis e richiede una specifica costruzione congiunta di "confini" tra i membri delle varie generazioni" (R. Rosnati, 1996).

Fattori di rischio e fattori protettivi nel "patto adottivo"

Bramanti e Rosnati, attraverso una ricerca condotta su un campione di adolescenti adottati, convalidando l'ipotesi di una maggiore vulnerabilità psicologica degli stessi rispetto ai loro coetanei non adottati, hanno cercato di individuare i fattori protettivi che incidono sull'adattamento dei minori adottati.(Bramanti, Rosnati, 1998).
In particolare le autrici si sono chieste come mai alcuni adolescenti adottati evolvono verso un normale adattamento e altri verso il disadattamento, o anche verso la patologia.
Un concetto molto importante che hanno evidenziato è quello di rischio, inteso, in senso evolutivo, non solo come ostacolo da superare, ma anche come opportunità di cambiamento. Secondo le autrici, infatti, il rischio è lo sbilanciamento fra sfide e risorse. Esso, infatti, diventa ostacolo quando le sfide che devono essere affrontate superano le risorse che si hanno a disposizione.
In questo senso l'adozione è una situazione che presenta dei rischi che le famiglie devono essere in grado di gestire per accogliere la sfida che la scelta di adottare necessariamente comporta. Solo in questo caso essa potrà diventare un momento di crescita per l'intero nucleo familiare.
Le autrici individuano tre ambiti in cui si manifesta la situazione di rischio psicosociale per l'adolescente: l'autostima, la socializzazione e il rendimento scolastico.
Mentre i fattori protettivi nello sviluppo psicologico dell'adolescente adottato sono la qualità della comunicazione con i genitori, e in particolare con la madre, e il senso di appartenenza alla famiglia adottiva. Secondo le autrici la costruzione del legame adottivo fra la madre e il figlio è il punto centrale dell'intera vicenda adottiva. Attraverso questo legame, infatti, si gioca la riuscita o il fallimento dell'adozione, la possibilità del bambino di integrarsi nel nucleo adottivo. Compete alla madre il compito di costruire quell'anello tra le generazioni che lega il figlio alla famiglia e lo inserisce nella storia delle generazioni.
Un altro fattore protettivo è la percezione da parte dei genitori adottivi del figlio con risorse o senza risorse. Se, infatti, al primo incontro il bambino verrà visto come qualcosa di prezioso, riconoscendone le risorse, i genitori entreranno in relazione con lui non solo come creditori, ma anche come debitori, sarà una relazione alla pari. Se, invece, il figlio verrà percepito solo nei suoi aspetti carenti, malati, l'immagine che il genitore avrà di se stesso sarà un'immagine salvifica e onnipotente, con cui il genitore cercherà di sostituire quella di genitore sterile, cioè mancante. Se tale immagine non si modificherà con il tempo, il figlio verrà imprigionato nella figura del creditore. Così ciò che il figlio restituirà ai genitori, per loro non sarà mai abbastanza, perchè essi gli hanno fatto un dono grandissimo, adottandolo, che difficilmente potrà essere ripagato. Altro fattore è rappresentato dalla presenza accogliente della famiglia estesa. I nonni infatti rivestono un ruolo molto importante durante tutto il percorso adottivo.
All'interno di ogni famiglia in cui ci sia uno o più figli adottati viene stipulato il cosiddetto "patto adottivo" che è il frutto di un assetto relazionale in cui vengono rispettati sia i bisogni sia le aspettative di ciascuno dei protagonisti: la coppia e il minore.
Tale patto non è immodificabile, ma si snoda nel tempo.
Dalla ricerca presentata da Bramanti e Rosnati, che suddivide le famiglie del campione secondo cinque tipologie di patti, emerge che le famiglie in cui l'adozione è "riuscita" hanno stipulato patti in cui c'è un riconoscimento e valorizzazione delle differenze. Mentre nelle famiglie dove c'è un patto riuscito solo a metà, in cui i rapporti fra genitori-figli sono molto conflittuali, la situazione appare piuttosto critica. Le ultime due tipologie evidenziate fanno riferimento a patti in cui le differenze o sono state negate (patto di negazione) o sono troppo insistite (patto impossibile). Secondo le autrici le famiglie che hanno stipulato patti simili sono a forte rischio di patologia.



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