lunedì 8 febbraio 2016

QUESTIONI DI CONVIVENZA, QUESTIONE DI RELAZIONI

Si litiga in casa, in famiglia, con il proprio compagno di vita, con i fratelli, con i coinquilini.
Una delle principali motivazioni è lo SPAZIO.


Che si intenda spazio fisico o psichico il denominatore comune è il CONFINE. I confini personali sono i limiti che definiscono dove inizia e finisce il proprio spazio personale fisico, emotivo e mentale. Questi limiti sono flessibili, allargabili o no a secondo del tipo di relazione che si vuole stabilire con gli altri (con il/la partner, in società, con i colleghi…) e a secondo della situazione in cui ci si trova.
Le persone necessitano di un confine all'interno del quale sentirsi a proprio agio, protetti, autentici ed è anche vero che nessuno sa da cosa dipenda la quantità di spazio che ognuno ha bisogno, è soggettiva. Tuttavia accade spesso che i confini vengano valicati, più o meno con forza e consapevolezza portando a sentimenti di rabbia, i quali, se non espressi correttamente portano all’interruzione della relazione. Un esempio estremo di rottura di un confine è la violenza fisica e sessuale, ma esempi più consueti sono le mancanze del quotidiano nell’ambito familiare, amicale e lavorativo. La distanza è lo spazio e il tempo fra due persone o due cose, mentre la COMUNICAZIONE  diventa l’unico modo per modulare tale distanza nei rapporti con gli altri.



Come fare per difendere i propri confini?

Innanzitutto entrare in contatto con se stessi, ossia riconoscere le sensazioni che si provano quando si è in contatto con qualcuno, chiunque esso sia. Fastidio, frustrazione, oppressione, rabbia, delusione sono solo alcuni dei sentimenti che si provano quando qualcuno varca il nostro confine fisico o psicologico.
Chiedersi il perché si provi quel tale sentimento ci consente una maggiore consapevolezza di quel perimetro soggettivo che deve delineare la nostra linea protettiva. Tutto diventa più chiaro e si può di conseguenza decidere la misura della giusta distanza che desideriamo tra noi e “l’Altro”.

Comunicarlo resta il passo definitivo, ma anche il più difficile da compiere in quanto subentrano resistenze di ogni tipo, dalla paura di essere giudicati all’obbligo di contenere i propri pensieri, come spesso accade nei contesti lavorativi ad esempio.

La comunicazione non verbale aiuta molto in queste situazioni, in quanto silenzio, espressioni del viso, prossemica e gestualità sono spesso più eloquenti di qualsiasi discorso.
Reprimere il proprio sentire potrebbe sembrare un'ottima soluzione temporanea, ma altro non è che un'illusione che nel tempo si trasforma in disagio e malessere. 
Cosa conviene davvero?

Dott.ssa Ivana Siena

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