George è un uomo affascinante, seducente, passionale che
sa come amare... Tony è una donna in
carriera ma bisognosa d’amore. Coppia vincente e perfetta verrebbe da pensare e
invece...
La regista Maiwenn, nel film “Mon roi” (2015) racconta una storia d’amore tra Tony (Emmanuelle
Bercot), una donna che non riesce a liberarsi dal rapporto di dipendenza dal
proprio compagno George (Vincent Cassel), “Il re degli stronzi” è così che si
definisce il protagonista. Quella che sembrava essere una relazione speciale si
rivela invece straziante e tormentata.
Il film inizia con l’immagine di Tony, la quale
viene ricoverata in un centro di riabilitazione a seguito di un grave incidente
sugli sci. Qui la donna ha la possibilità di ripensare e riflettere alla sua
estenuante relazione con George, ha il tempo necessario per rispondere ai suoi
perché e al come ha amato e ha permesso a se stessa di vivere una passione così soffocante e distruttiva. Tony ha di fronte un difficile processo di guarigione, un
duro lavoro fisico, ma probabilmente questo dolore fisico la aiuterà a
comprendere e riconoscere il dolore emotivo e finalmente potrà essere una donna libera. L’associazione tra dolore fisico e dolore emotivo
non è solo metaforica.
Quando la nostra mente si rifiuta di riconoscere
le proprie emozioni,inconsciamente ci manda dei messaggi attraverso il nostro
corpo, il quale è il sensore che comunica direttamente con noi.
Tony negava a se stessa la sua sofferenza emotiva, cercando sempre di
giustificare i suoi comportamenti e quelli del suo compagno, ma poi qualcosa
accade, quello che apparentemente può sembrare una caduta accidentale altro non
è il corpo che parla, invitandola a riflettere. Le emozioni negative protratte
nel tempo creano dei blocchi energetici che si somatizzano trasformandosi in
disagi e quindi in malattie, proprio quello che è accaduto alla protagonista
del film. Ogni parte del nostro corpo ha una sua chiave di lettura.
Il dolore
alle ginocchia, ad esempio, può indicare problemi nelle relazioni con gli
altri, inflessibilità, incapacità a piegarsi, senso di orgoglio ferito, ego,
testardaggine, paura verso i cambiamenti. Tutto ciò può sembrare quasi assurdo,
poco pragmatico, ma se si guarda attentamente il film si può notare come queste
caratteristiche si riscontrino nel vissuto della protagonista. La permanenza
nel centro, inoltre le permetterà di riscoprire l’importanza e il significato
dell’amicizia. Qui Tony ha la possibilità di riscoprire il piacere della
libertà di vivere insieme a persone con un ceto sociale diverso dal suo e età
diverse e questo le farà comprendere ancora meglio come nella vita non ci sia
nessun ostacolo che non possa essere superato.
Ma chi sono veramente George e Tony?
Lui è una personalità narcisistica, lei
una dipendente affettiva, in altre
parole la coppia perfetta per un amore malato.
Le persone con una personalità narcisistica sono
caratterizzate da un senso di superiorità, esigenza di ammirazione e mancanza
di empatia. Esprimono una credenza esagerata nel proprio valore. Spesso
monopolizzano le conversazioni, sminuiscono o disprezzano le persone che si
percepiscono come inferiori. Possono avere un senso del diritto e quando non
ricevono il trattamento speciale a cui si crede di aver diritto, possono diventare molto impazienti o arrabbiati.
Hanno difficoltà a gestire tutto ciò che può essere percepito come una critica.
Nel film, infatti, si vede come George alle prime difficoltà si allontana dalla
sua compagna, andando a vivere addirittura in un’altra casa, nonostante i due
coniugi avessero un figlio, voluto soprattutto da lui. Non solo lui si
allontana dalle sue responsabilità paterne, ma addirittura triangola il figlio,
nel momento in cui i due decidono di separarsi, minacciando Tony di non darle
la possibilità di un affido congiunto.
I narcisisti,
dal momento che si vedono superiori agli altri spesso pensano di essere
ammirati o invidiati. Credono di essere autorizzati a soddisfare i propri
bisogni senza attendere. Il protagonista, di fatto, quando sente l’esigenza di
evadere dalle responsabilità coniugali e genitoriali, organizza festini a base
di droga e alcool con i propri amici, senza ascoltare minimante i bisogni della
sua compagna.
La dipendente
affettiva, dall’altra parte, nonostante provi una grandissima sofferenza
non riesce a staccarsi da questo amore. Soffoca ogni desiderio e interesse
individuale per occuparsi dell'altro.
Nel film viene ben interpretato questo
atteggiamento, infatti, la protagonista nel momento del suo dramma non riesce a
riconoscere i propri bisogni. Lui le chiede i suoi spazi e lei gli lascia la
sua libertà nonostante la trascuri per frequentare amici, la sua ex, anche lei
dipendente affettiva. Benché il fratello la esorti sempre alla riflessione,
mettendo in risalto gli atteggiamenti negativi che il marito ha nei suoi
confronti, lei non riesce a guardare oltre il suo cerchio malato. La dipendente
affettiva non riesce ad interrompere la relazione, perché “ama troppo”, non
riesce a capire che il vero amore è quello che ti da
autonomia e reciprocità.
Nella dinamica amorosa di questo tipo, l’uomo è
dapprima idealizzato come perfetto, poi denigrato come imperfetto.
Guardando queste dinamiche come spettatori del
film potremmo definire Tony “succube del re degli stronzi”. In verità una
dipendente affettiva ha scelto il suo partner proprio per le sue
caratteristiche di narcisista autocompiaciuto e di egocentrico insensibile; ciò
produce dinamiche conflittuali senza esito, veri e propri giochi senza fine. In alcuni casi, il gioco fa si
che ci sia uno scambio di ruoli in un’altalena senza fine, incorrendo in quello
che viene chiamato il Triangolo
Drammatico (S. Karpman). All’interno di questa dinamica si alternano tre
ruoli diversi: il salvatore, il persecutore e la vittima.
Il Salvatore avverte la necessità di aiutare l'altro, perché
ritiene che quest’ultimo sia bisognoso del suo aiuto, mentre, invece, è lui che
ha bisogno di sentirsi utile perché sono presenti sensi di colpa o insicurezza
ed inferiorità. Il salvatore si preoccupa soltanto di sé e l'aiuto offerto agli
altri gli serve per sentirsi accettato e amato dagli altri. La Vittima, dal canto suo, esercita una
forte attrattiva sia nei confronti del Salvatore, dal quale riceve attenzioni
esagerate e talvolta inutili, sentendosi così aiutato a risollevarsi dalla sue
frustrazioni, sia nei confronti del Persecutore,
il quale, criticandolo e maltrattandolo, lo convince sempre di più della sua
inferiorità e delle sue insicurezze. Infine troviamo il persecutore. Egli nutre
disperazione e rabbia che lo spingono ad assumere un atteggiamento punitivo e
vendicativo nei confronti di tutti. Da qui la dolorosa alternanza fra momenti di
soggezione romantica e altri in cui si avvia una ribellione, mediante accuse
(più o meno vere), insofferenza e sfida, infine mediante il distacco.
Spesso queste dinamiche “amorose”, se così
possiamo definirle, sono il copione di molte storie di vita comune. La
differenza tra il film e la realtà sta nel fatto che durante la visione della
pellicola siamo spettatori, ma nella vita siamo attori e questo ruolo, spesso,
non fa vedere con gli occhi giusti. Vincent Cassel e Emmanuelle Bercot
interpretano molto bene questi due tipi di personalità, i sentimenti di rabbia,
onnipotenza, dipendenza... La regista, allo stesso tempo, è riuscita ha
scrivere il copione perfetto dell’amore imperfetto.
Dott.ssa Luisana Di Martino
Laureata in Psicologia, tirocinante presso la Obiettivo Famiglia Onlus
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