Aspetti generali
Negli ultimi anni, il fenomeno del mobbing è stato oggetto, in tutto il
mondo, di particolare attenzione da parte dell’opinione pubblica, degli organi
istituzionali e della comunità scientifica. Leymann utilizza per primo
all’inizio degli anni ’80 il termine mobbing per descrivere nel mondo del
lavoro “una forma di terrorismo
psicologico che implica un atteggiamento ostile e non etico posto in essere in
forma sistematica da una o più persone, nei confronti di un solo individuo, il
quale viene a trovarsi in una condizione indifesa e fatto oggetto di una serie
di iniziative vessatorie e persecutorie”.
Queste iniziative debbono ricorrere con
una determinata frequenza (statisticamente almeno una volta alla settimana) e
nell’arco di un lungo periodo di tempo (per almeno sei mesi di durata). A causa
dell’alta frequenza e della lunga durata del comportamento ostile, questa forma
di maltrattamento determina considerevoli sofferenze mentali, psicosomatiche e
sociali“.
Leymann attribuisce la causa scatenante
del mobbing al conflitto sul luogo di lavoro. Sono sei i campi da lui
individuati in cui possono svilupparsi dei conflitti dai quali può scaturire il
mobbing; i primi 3 sono fattori esterni al gruppo di lavoro (organizzazione del
lavoro, mansioni lavorative e direzione del lavoro), gli altri 3 sono invece,
più legati ad esso (dinamica sociale del gruppo di lavoro, teorie sulla
personalità e funzione nascosta della psicologia nella società).
La prima ricerca italiana sul mobbing è
stata condotta da Ege nel 1998. Egli individua 7 fasi attraverso le quali si
configura il mobbing: pre-fase o “condizione zero”, conflitto mirato, inizio
del mobbing, primi sintomi psico-somatici, errori ed abusi nell’amministrazione
del personale, serio aggravamento della salute psico-fisica della vittima, esclusione
dal mondo del lavoro, allontanamento definitivo della vittima dal posto di
lavoro.
L’origine del mobbing si può definire
multifattoriale, derivando dalla combinazione e dalla presenza contemporanea di
fattori organizzativi, personali e relazionali, insieme ad un certo livello di
conflittualità considerato da alcuni insito nelle relazioni umane. Il mobbing
dunque, comporta influenze negative sulla vita dei soggetti che ne sono
vittime, tra cui: effetti relazionali, effetti economici (a causa spesso della
perdita del lavoro), effetti sulla salute (sintomi fisici e sintomi psichici).
I tipi di mobbing esistenti sono 5:
a) mobbing dal basso o down-up: il
mobber è in una posizione inferiore rispetto a quello della vittima;
b) mobbing dall’alto: il gobbe è in una
posizione superiore rispetto alla vittima;
c) bossing o mobbing strategico: è una
forma di mobbing che viene usata strategicamente dalle imprese per promuovere
l’allontanamento dal mondo del lavoro di soggetti in qualche modo scomodi;
d) mobbing tra pari o orizzontale: il
mobber e la vittima sono allo stesso livello;
e) doppio mobbing: l’energia
distruttiva di cui la vittima è caricata e che trova nella famiglia la
possibilità di scaricarsi, può giungere ad un livello tale da comportare la
saturazione delle riserve familiari, per cui il mobbizzato perde la valvola di
sfogo rappresentata dalla famiglia e quindi rimane solo.
Le conseguenze
Il mobbing si rivela essere un aspetto
negativo nella vita delle organizzazioni con conseguenze individuali, sociali e
organizzative. Dalla nascita delle ricerche sul mobbing, l’attenzione si è
inizialmente focalizzata sugli effetti negativi che quest’esperienza ha sulle
vittime. L’esposizione al mobbing è stata classificata come una significante
sorgente di stress sociale sul lavoro e come il problema più paralizzante e
devastante per i lavoratori rispetto a tutti gli altri stressor correlati al
lavoro messi insieme. La reiterazione ed il protrarsi nel tempo della molestia
morale e psicologica comportano, nella maggioranza dei casi, la riduzione dello
stato di salute complessivo della persona vessata. Tenuto conto che ciascuno
reagisce ad un attacco esterno in modo diverso, il fenomeno del mobbing può
portare a:
-
Alterazioni dell’equilibrio socio-emotivo (ansia,
depressione, ossessioni, attacchi di panico, anestesia emozionale),
-
Alterazioni dell’equilibrio psicofisico (cefalea, vertigini,
disturbi gastrointestinali, ipertensione arteriosa, dermatosi mal di schiena,
disturbi del sonno e della sessualità),
-
Disturbi a livello comportamentale (modificazioni del
comportamento alimentare, reazioni autoaggressive ed eteroaggressive,
passività).
I mobbizzati possono inoltre diventare
solitari e taciturni, perdere interesse nelle proprie famiglie, essere
irritabili e persino aggressivi contro le persone che amano. Essi possono
affidarsi all’alcool o diventare ossessionati dal bisogno di discolpare se
stessi, spendono ore in solitudine tentando di affrontare il criticismo del mobber ed elencando corrispondenze nel
tentativo di giustificare se stessi.
Sulla base di osservazioni cliniche ed
interviste con vittime di mobbing, nel 1976 Brodsky identificò tre pattern
generali di reazione. Alcune vittime svilupparono sintomi fisici vaghi come
debolezza, perdita di forza, fatica cronica, dolori e vari mali. Altri
reagirono con depressione e sintomi correlati come impotenza, perdita di
autostima e insonnia. In ultimo, un terzo gruppo riportò vari sintomi
psicologici come ostilità, ipersensibilità, perdita di memoria,
vittimizzazione, timidezza e ritiro sociale. Altri studi sul mobbing
suggeriscono che le donne possono essere più colpite rispetto agli uomini in
quanto loro vivono il fenomeno generalmente in modo differente e probabilmente
più severo, indipendentemente dal numero degli atti negativi ai quali sono
esposte. Sulla base di una vasta analisi dei sintomi riportata dai soggetti
osservati, si è arrivati a stabilire che i disturbi di cui generalmente
soffrono i lavoratori-vittime possono rientrare nella categoria dei disturbi
post-traumatici da stress (PTSD).
Non mancano, però, pareri discordanti:
alcuni inquadrano il mobbing come disturbo dell’adattamento, e altri ancora
ritengono che una delle sindromi che più colpisce i lavoratori a seguito di
mobbing sia il disturbo di attacchi di panico. A causa di un forte bisogno
delle vittime nel cercare supporto in questa loro situazione, diviene difficile
per i colleghi non rimanere coinvolti o neutrali in casi come questi. Gli
effetti del mobbing si ripercuotono, perciò, sull’intero gruppo di lavoro sotto
molteplici aspetti di deterioramento del clima aziendale, influenza dei livelli
di produttività e della prestazione lavorativa di gruppo, e di abbassamento
degli standard di efficacia ed efficienza. In uno studio del 2001 è emerso come
l’essere stati testimoni di mobbing sia un significante predittore di reazioni
a stress generale. Anche l’organizzazione, però, subisce le conseguenze
negative del mobbing, in termini di costi diretti (aumento del livello di
assenteismo e turnover, costi sostenuti per malattia dei dipendenti,
coinvolgimenti in contenziosi giuridici, crescita di incidenti ed errori, ecc.
) e di costi indiretti (abbassamento del morale, mancanza di soddisfazione
lavorativa, comunicazione disfunzionale, mancanza di motivazione e creatività,
ecc).
Lo sviluppo
dell’interesse per il mobbing: una riflessione contemporanea
La crescente attenzione data al mobbing
può essere spiegata in parte dal recente cambiamento economico e sociale. Per
sopravvivere, le organizzazioni devono affrontare continue pressioni che
portano a downsizing e ristrutturazioni per sostenere competitività in una
crescente economia globale. Le poche persone vengono lasciate con più lavoro in
un clima d’incertezza. Incertezza, mobilità, rischio e opportunità sono
concetti che descrivono la società odierna caratterizzata da un capitalismo
flessibile e da un’economia della velocità. Tale società che vede le strutture
produttive trasformarsi profondamente, per adattarsi alle necessità del
mercato, conosce anche sul versante lavorativo cambiamenti non irrilevanti.
Questa adozione di modelli gestionali flessibili provoca mutamenti ad un ritmo
talmente frenetico, che può avere effetti collaterali sulla salute psicofisica
dei lavoratori e sulla qualità della loro vita, cosi come sul benessere delle
organizzazioni stesse interessate da simili mutamenti. E’ indubbio che questo
nuovo modello di azienda e lavoro flessibile sia pensato per apportare salute,
benessere e prosperità ma dove questi processi non vengono attuati con
particolare cautela e attenzione al fattore umano si può venire a creare un
clima di insicurezza e un ambiente lavorativo nel quale si rafforzano le
probabilità di conflitti interpersonali e mobbing. La maggior parte degli
uomini e delle donne sopportano questo abuso non facendo niente perché hanno
paura per il loro posto di lavoro. Con famiglie da sostenere e mutui da pagare,
mantenere il silenzio è spesso l’opzione scelta. Mentre chi trova il coraggio
di affrontare la questione è probabile che venga etichettato come portatore di
problemi o di essere accusato di insubordinazione.
Bibliografia
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Dott. Renato Porcelli
Laureato in Psicologia e tirocinante
presso la Obiettivo Famiglia Onlus di Pescara