Ripartire dopo un fallimento
“Il
fallimento è l’opportunità di ricominciare in modo più intelligente”
diceva Harry Ford. Ogni partita persa è un fallimento, ogni goal subito fa male
come un’umiliazione personale. Durante una partita di calcio il sudore conferma
che il corpo ce la sta mettendo tutta e la speranza continua a vivere;
un’occhiata fugace al compagno più vicino, uno sguardo all’orizzonte per
trovare una nuova strategia di gioco, l’orecchio sempre rivolto verso la
panchina, ma le esclamazioni del pubblico sentenziano che tu e il tuo gruppo
non ce l’avete fatta. Anche i cori disperati di incoraggiamento hanno un’enfasi
diversa. È scontato pensare che per trasmettere sicurezza a chi è intorno
bisogna credere prima in se stessi e di conseguenza nella propria strada.
Uno dei problemi delle sconfitte
ripetute ha a che fare con il concetto che il calcio, prima che un lavoro è una
passione. Questo implica una ridotta obiettività e l’impossibilità di vedere
chiaramente che ci si avvia verso la tragedia. Accade quindi che si arriva ad
ogni partita sempre più impauriti ma fiduciosi che la vittoria si affidata ad
una casualità di eventi, ci si aspetta comunque un buon risultato, pur sapendo
che non si è alla sua altezza. Lo fanno i calciatori e lo fanno i tifosi dentro
e fuori i recinti degli stadi. Ma questa costanza nel pensiero non paga e
quando se ne raggiunge la consapevolezza il campionato è già compromesso.
Un altro dei problemi del
fallimento è che generalmente non viene riconosciuto come un evento momentaneo,
seppur ripetuto a distanza ravvicinata. Ciò significa che è abbinabile al
concetto di crisi come evento destabilizzante in cui bisogna mettere in campo
ogni risorsa disponibile per tornare ad un equilibrio, tanto più se l’obiettivo
ha una grossa valenza socialmente riconosciuta ed emotivamente coinvolgente
come la vittoria. Questa chiave di lettura vedrebbe aprirsi una grande quantità
di nuove possibilità, capire gli errori commessi ad esempio, provare a
correggerli e a migliorarsi, studiare nuove strategie per potenziare il lavoro
e la rete che c’è intorno. Infatti una squadra di calcio è solo una parte della
trama che la circonda, un giocatore è un filo della trama come lo è la
dirigenza e la tifoseria. Se uno di questi elementi si indebolisce e si spezza,
la smagliatura diventa visibile e assomiglia quasi a una ferita, se non si
prova a ricucire la rete il sistema cade ed il fallimento diventa una etichetta
persistente.
Chiedersi perché gli insuccessi
sono così numerosi in un sistema che, in generale, fino a poco tempo prima
risultava vincente, trova la sua risposta nella difficoltà del compito e nel
confronto con realtà concretamente più avanzate. Il punto focale non è risalire
alle cause, ma calciare la palla dal “senso di frustrazione ed impotenza”
“all’accettazione
dei propri errori”, per riprendere il controllo di sé,
delle proprie capacità e del talento individuale e di squadra. I due
protagonisti della gara finale sono quindi demoralizzazione vs rinascita,
che si muovono sotto i riflettori puntati in direzione dell’una o dell’altra
porta. Tutti gli esseri viventi cadono, persino i serpenti, che sono
notoriamente attaccati al terreno, possono cadere qualora striscino su un
albero e si lascino affascinare dai suoi rami, il punto è come rialzarsi. Il
calcio è fatto di persone, di talenti in pantaloncini e uomini in completo
scuro che sembra abbiano nelle loro tasche la chiave della vittoria, ma
comunque ed inevitabilmente persone.
La verità è che la svolta sta
proprio nell’accettazione del fallimento e nel dignitoso tentativo di
reinventarsi come giocatore, come squadra, come bandiera. La soluzione sta nel
termine “resilienza” che è la capacità, individuale e
collettiva, di far fronte in maniera positiva agli eventi traumatici e di
riorganizzare la propria vita, in questo caso il proprio impegno, dinanzi alle
difficoltà. Ricostruirsi quindi, restando sensibili alle opportunità della vita
e vivere ogni fallimento come un insegnamento. Se quest’ultimo viene inserito
nel computo del progetto, riconosciuto ed affrontato allora le ferite dovute
alla caduta rimargineranno più in fretta e si potrà ricominciare a correre.
dott.ssa Ivana Siena
Fonte: www.forzapescara.tv