AFFRONTARE UNA PERDITA
“Tutto ciò che ci è più
caro ci può essere strappato;
ciò che non può essere
tolto è il nostro potere di
scegliere quale
atteggiamento assumere dinanzi
a questo avvenimento”
Victor Frankl
La morte è una tra le
paure ancestrali più radicate negli esseri umani la quale, in ogni epoca e in
ogni luogo, ha vissuto e vive di particolari rituali che vengono utilizzati per
elaborarla, se non addirittura per esorcizzarla.
Il lutto è il sentimento di intenso
dolore che si prova per la perdita di una persona cara ma può accompagnare
anche altri importanti momenti di cambiamento e separazione quali un
trasferimento geografico, un cambiamento nel proprio ruolo sociale, la fine di
un lavoro, la nascita di un figlio malato o l'impossibilità di mettere al mondo
un figlio, la separazione dal coniuge, ecc.
Vivere un lutto, implica
la necessità di dover affrontare e sentire tutta una serie di sensazioni
negative, che riguardano il dolore, la tristezza e la disperazione per
l’accaduto. Questo dolore è talmente forte che alcune persone per evitare di
star male, o per esser forti davanti agli altri, tendono a chiudere in un
cassetto le emozioni più difficili e dolorose, facendo finta che ciò non sia
accaduto, rischiando, in tal modo, di ottenere l’effetto contrario ossia aumentando
la tensione psicologica e rallentando il processo di elaborazione del lutto
stesso.
A chiunque sia mancato un
figlio, un coniuge, un genitore, un fratello, un nonno, un amico, sente di aver
perso una parte di se stesso e, com'è naturale, sperimenta un periodo di
sofferenza e di difficoltà che porta a sentirsi soli e deprivati del suo
affetto, della sua esistenza. Il senso di vuoto psichico, emotivo e, a volte,
anche fisico, determina spesso un profondo stato di confusione tale da far sì
che la persona si trovi senza più punti di riferimento.
Il
dolore che si prova nell’elaborazione di un lutto è una reazione naturale e imprescindibile dell’essere umano e l’intensa sensazione
di tristezza vissuta dopo la morte di una persona è spesso associata al dolore.
Dolore che tocca il nostro passato e la nostra capacità di guardare avanti: non
solo perdiamo il calore della presenza della persona amata, e con questa una
parte di noi stessi e della nostra storia, ma anche lo sguardo in avanti che si
esprimeva in progetti e prospettive.
Il lutto è la conseguenza
di uno strappo, di una penosa lacerazione: ci sentiamo feriti nel corpo così
come nel nostro modo di relazionarci agli altri, nella nostra possibilità di
pensare al futuro come nei nostri sentimenti più intimi. E’ una ferita, il cui
processo di cicatrizzazione e di guarigione richiede tempo e fatica, un vero e
proprio lavoro per poter tornare a vivere una vita sicuramente molto diversa da
quella di prima e che, con il tempo, si scoprirà essere densa di valore se solo
si riesce ad integrare la perdita nella trama della nostra vita.
La sofferenza per la
morte di una persona amata prende forme diverse a seconda del rapporto che
esisteva con chi è scomparso, del modo in cui la persona è morta, di come
ognuno di noi affronta le difficoltà, nonché di tanti altri fattori come l'età,
la fede religiosa, l'identità di genere, il livello di istruzione, le precedenti esperienze di perdita, le
difficoltà legate alla situazione generale e il tipo di sostegno a
disposizione. L'esperienza della morte sarà, dunque, raccontata e vissuta da
ognuno di noi in modi diversi ma anche all'interno della stessa persona, ci saranno
momenti in cui un’esperienza, una sensazione, un pensiero, prenderà il
sopravvento su altri. Si vive sballottati tra periodi in cui si è sommersi da
ondate di sofferenza, nella quale si perdono il senso e il valore del vivere, e
momenti in cui si torna a vedere la luce e si può riprendere, anche se solo per
un attimo, il respiro.
Benché ognuno di noi viva
in modi diversi la sua sofferenza, ci troviamo tutti ad affrontare un percorso
almeno in parte comune, fatto di fasi
diverse e ostacoli da superare che Kubler-Ross teorizza in cinque fasi:
1. Negazione/Rifiuto (in principio si nega il
lutto come naturale meccanismo di difesa);
2. Rabbia (quando si realizza la
perdita, subentra un enorme carico di dolore che provoca una grande rabbia alle
volte rivolta verso se stessi o persone vicine o, in molti casi, verso la stessa
persona defunta);
3. Negoziazione (si tenta di reagire
all’impotenza cercando delle risposte o trovando soluzioni per spiegare o
analizzare l’accaduto);
4. Depressione (ci si arrende alla
situazione razionalmente ed emotivamente);
5. Accettazione (si accetta l’accaduto,
riappacificandosi con esso, spesso sperimentando fasi di depressione e rabbia
di natura moderata, volte a riconciliarsi definitivamente con la realtà).
L’elaborazione
del lutto è un processo che viene vissuto da ognuno di noi in modi differenti e tali fasi non vengono attraversate da tutti e non
necessariamente in tale ordine. Non è detto, infatti, che “piangere” o “deprimersi”
sia un passaggio obbligato, così come, non sempre di arriva alla fase di
accettazione. Ciò non vuol dire che il lutto resti irrisolto o che si debba
intervenire necessariamente per paura di conseguenze o intoppi futuri nel
benessere psicofisico della persona. Ogni persona ha bisogno del suo tempo e
dei suoi spazi. Solo con il passare del tempo cambia il rapporto con il proprio
dolore: lo stato di sofferenza si attutisce e gradualmente la vita comincia ad apparire
meno vuota. Non c'è nulla che possa sostituire chi si è perduto: la sofferenza
non può essere evitata né negata. E' necessario appropriarsi del proprio dolore,
addomesticarlo, renderlo pensabile e vivibile aspettando che si verifichi
quella trasformazione per cui la pena e la disperazione non vengono cancellate
ma si tramutano in forza e ricchezza interiore. Il contatto con la morte,
infatti, contiene, in sé, la possibilità di un'esperienza radicalmente
trasformatrice.
Una donna, in preda alla
disperazione per la perdita dell'unico figlio, si recò da un vecchio saggio per
chiedere un incantesimo che lo riportasse in vita. Il saggio, dopo un lungo
silenzio, disse: “Portami un seme di senape dalla casa dove non c'è mai stata
la sofferenza: con quello porterò via il dolore dalla tua vita”. La donna si
mise in cammino e presto scoprì che ogni casa aveva sofferto i suoi drammi:
colpita dalla visione di tanta sofferenza, si fermò a soccorrere gli altri. E
ne fu così coinvolta che dimenticò di cercare il seme magico, senza capire ciò che aveva tolto
la disperazione dalla sua vita.
(Antica storia cinese)
Dott.ssa Teresa Giuzio
Centro di Psicoterapia Familiare
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