Preadolescenza e adolescenza
L’adolescenza
(ormai prolungata fino a 25 anni) e la preadolescenza (per le bambine inizia
intorno ai 10 anni, per i maschi intorno ai 12), sono termini che vanno
utilizzati nel contesto storico e culturale a cui si riferiscono. Infatti,
nascono come definizioni e problematiche, con la rivoluzione industriale e
dalle trasformazioni che questa ha comportato sia pratiche che di riflesso, nei
ruoli familiari. Da una società patriarcale, dove il bambino passava
repentinamente allo stato di adulto e lavorava fin dalla tenera età, si è
passati a una società in cui il
progresso, il maggiore benessere (l’alimentazione più abbondante e migliore ha
determinato l’abbassamento dell’età
dello sviluppo e l’aumento della durata dell’età fertile), la lotta per la
parità dei sessi, la presa di coscienza dei diritti dei minori e i cambiamenti
di ruolo dei genitori, nonché le diverse scelte educative, hanno provocato
nell’essere umano un’estensione del periodo di dipendenza dal nucleo familiare,
un allungamento del percorso formativo e di studi e una posticipazione
dell’inserimento nel mondo del lavoro. A 29 anni l’80% dei maschi vive ancora
in famiglia. Paradossalmente a uno sviluppo fisico precoce, corrisponde una più
lenta autonomia e un ingresso differito nell’età adulta. Mancano anche dei riti
di passaggio chiari (presenti nelle società primitive) che traghettavano in
modo netto gli individui da una fase (fanciullezza, adolescenza) all’altra (età
adulta).
Nella
rappresentazione del senso comune l’adolescenza è definita come la stagione
della vita più incerta e problematica. L’adolescente non è più un bambino ma
non è ancora un adulto. Questo duplice movimento, rinnegamento della propria
identità infantile e ricerca di una nuova stabile immagine del sé adulto,
costituiscono l’essenza stessa della “crisi” che ogni adolescente attraversa.
Durante questa fase tutti i parametri che il bambino aveva stabilito come suoi
punti di riferimento oggettivi cambiano a velocità estremamente elevata e tutte
le problematiche già presenti durante l’infanzia si acuiscono, creando un
inevitabile stato d’animo di disagio, paura e instabilità. K. Lewin ha
paragonato la condizione di un adolescente “a qualcuno che si trova,
improvvisamente in una situazione sconosciuta, non familiare… l’incertezza sarà
tanto più grande quanto più l’individuo è stato, in precedenza, tenuto ‘fuori’
e all’oscuro del mondo adulto”.
Il periodo che va dagli undici ai diciotto
anni (abbassamento dell’età dello sviluppo fisico per cause multiple, che non
corrisponde a una maturazione psicologica) è all’insegna del cambiamento
fisico, comportamentale e psicologico: il corpo si sviluppa repentinamente, il
modo di muoversi diventa spesso goffo, si evidenziano i caratteri sessuali
primari, aumenta l’interesse per l’altro sesso, si trasforma di fatto l’aspetto
così come il modo di pensare se stesso e gli altri. E’ questa la fase in cui
lievi difetti fisici diventano problemi apparentemente insormontabili, aumenta
l’importanza dell’approvazione del gruppo dei coetanei (che supera nettamente
quella degli adulti), cambia insomma il modo di percepire tutta la realtà.
La
preadolescenza porta con sé uno stato affettivo turbolento,un vero e proprio
scombussolamento emotivo, un bombardamento di emozioni che si sviluppano a
partire dal cambiamento ormonale. E’ una specie di terremoto che toglie al
bambino la certezza di quel corpo infantile per lungo tempo curato e
vezzeggiato dagli adulti, in particolare i genitori. Ogni ragazzo si sente
stravolto dai suoi umori e deve imparare a regolare il rapporto tra un corpo
che gli è estraneo e una mente che non è ancora in grado di concepirlo. E’ in
questo intervallo tra infanzia e adolescenza che le incursioni troppo pressanti
del mondo adulto hanno come unico effetto quello di confondere le idee al
preadolescente già di per sé piuttosto confuso.
Il ragazzo/a ha bisogno di silenzio e spazio interiore per dedicarsi
alla scoperta di sé stesso, ha necessità di liberarsi del pressante controllo
dei grandi, ma ha anche bisogno che l’adulto non solo ci sia, ma sia
disponibile a mantenere il rapporto con lui.
Per gli
adulti (genitori, insegnanti, educatori…) che si trovano a condividere il
percorso di crescita con un adolescente, è più importante che mai fare uno
sforzo di empatia e porsi in una posizione di ascolto e accettazione non
giudicante, molto simile a quella dell’inizio
della vita del neonato quando iniziava a svilupparsi la fragile percezione dell’Io. La
preadolescenza rimette tutto in discussione e rivisita l’acquisito concetto di sè
del bambino per traghettarlo verso la più definita personalità adulta. In più
con l’adolescente è necessario porre dei limiti chiari e contenere il suo pur
sano desiderio di mettersi alla prova con azioni e comportamenti, mirati a
confrontarsi provocatoriamente con il mondo degli adulti. E’ tipico di questa
fase percepirsi come invulnerabili e non avere chiaro (soprattutto nella prima
adolescenza 12/14) l’irreversibilità della morte la prima causa di incidenti gravi, fino al
decesso, in questa fascia di ètà sono
infatti i comportamenti a rischio, cioè
azioni e situazioni (uso e abuso di sostanze, guida spericolata, giochi
pericolosi…) in cui l’adolescente si mette con un’apparente incapacità di
previsione delle conseguenze su di sé o sull’ambiente (scolastico e familiare)
in cui vive . La trasgressività è una caratteristica dell’adolescenza,
funzionale alla messa in discussione delle regole date e quindi parte costitutiva
del processo di crescita. Ma i comportamenti rischiosi e/o trasgressivi possono
avere diverse valenze a seconda della loro portata e quando sfociano in
comportamenti gravemente autolesionistici, di bullismo, antisociali o
addirittura delinquenziali, sono correlati a situazioni di disagio pregresse
che hanno minato l’equilibrio psicofisico del ragazzo/a in crescita.
Da questa
età inizia la necessità di proiettarsi
verso il proprio futuro, oltre che
gestire il presente. Per la prima volta il preadolescente deve prendere
in considerazione i vari aspetti dell’indipendenza totale e si domanda che tipo
di adulto vuole essere e si trova ad affrontare inevitabilmente il problema
dell’identità (Erikson). Deve conciliare la coscienza che ha di sé e delle proprie
inclinazioni e i valori dell’ambiente in cui è cresciuto. Questa scelta
comporta la riconsiderazione delle precedenti posizioni e la messa in
discussione del modello dei genitori hanno fornito in una sorta di teoria sulla
vita, una tesi a cui ora il ragazzo contrappone la sua antitesi per arrivare
alla sintesi adulta.
I compiti
evolutivi che deve affrontare l’adolescente sono numerosi e faticosi (per lui e
per chi gli sta vicino) e riguardano:
accettare il proprio corpo (il fisico cambia in modo disarmonico e rapido, non
c’è sintonia con lo sviluppo mentale e non c’è il tempo di adeguarsi alla nuova
immagine di sé anche in presenza di modelli sociali esteticamente
irraggiungibili), accettare il proprio sesso (nel bene e nel male i ruoli
sessuali sono molto più complessi oggi rispetto al passato); stabilire
relazioni nuove e più mature con i coetanei (è il momento della sperimentazione
e del “laboratorio” in cui le ragazze parlano molto tra di loro e si gettano le
basi per le strategie di relazione affettive, i maschi sono più lenti e schivi,
provano pulsioni ma a non riescono a inquadrarle, entrambi i sessi
frequentano gruppi dello stesso genere e
contattano il sesso opposto con amicizie e “incursioni” affettive); prepararsi
a una professione in vista dell’indipendenza economica (mai come oggi questo
percorso è incerto e sfumato per le condizioni sociali ed economiche di cui il
precariato è una spia); sviluppare nuove abilità intellettuali ed essere
socialmente responsabile; conseguire una coscienza etica e maggiori
acquisizioni morali (stadi di Kohlberg); prepararsi a una vita di coppia
stabile e alla procreazione; raggiungere un sufficiente grado di autonomia
affettiva dai genitori che rimangono due figure importanti e centrali, ma è
necessario uno svincolo per individuare le proprie vere inclinazioni. Infatti
il timore che il preadolescente avverte
confusamente è di non riuscire a trovare la propria strada/identità se non
pagando il prezzo di abbandonare le certezze del “bravo bambino” che dipende
emotivamente dalle aspettative dei genitori. Lo sviluppo sano e pieno della sua
personalità adulta lo potrà perseguire solo ascoltando gli impulsi e
che gli vengono dalla sua personale elaborazione delle esperienze
vissute e valutando gli effetti delle
sue scelte. La realizzazione di questi obiettivi comporta la necessità di
mantenere un giusto equilibrio attraverso continui aggiustamenti e adattamenti
(Piaget) e questo processo sarà più fluido e meno problematico, tanto più il
ragazzo sarà stato facilitato dalla famiglia, dall’ambiente e dalle esperienze
pregresse nel superare gli stadi di sviluppo precedenti. Anche la scuola assume
un ruolo importante nella vita dell’adolescente poiché lo mette in gioco sul
piano personale, relazionale e della riuscita sociale.
Durante
questa fase avviene per il ragazzo una sorta di revisione dei ruoli e delle
funzioni familiari, in cui il distacco dai genitori è parte integrante di
questo periodo evolutivo, in cui al disagio del figlio, si contrappone quello
del genitore, disorientato nelle sue precedenti e consolidate funzioni
educative. E’ da qui che incomincia lo svincolo dalla famiglia e diventa di
fondamentale importanza l’appartenenza al gruppo dei pari, che rappresenta un
punto di riferimento sostitutivo e farne parte è per l’adolescente, una
conferma per la sua traballante identità. La soddisfazione delle relazioni
all’interno del gruppo di coetanei è importante non solo per promuovere lo
sviluppo attraverso l’esperienza di nuove dinamiche ma anche per ridurre lo stress
e la pressione psicologica che questo delicato passaggio produce. Il gruppo
offre molte opportunità per apprendere specifiche abilità sociali: abilità di
comunicazione verbale, di assertività, di relazione e fascinazione con l’altro
sesso. In particolare, il legame privilegiato con “l’amica/o del cuore”,
costituisce per l’adolescente un importante punto di riferimento,
permettendogli di sperimentare nuove relazioni interpersonali basate sulla
condivisione e potenziando la capacità di intimità con l’altro “diverso da sé”.
Pietropolli Charmet, arriva a definire l’amicizia in adolescenza un obbligo
evolutivo, una “fame di relazioni” orizzontali che sostituiscano quelle
verticali dell’infanzia con i genitori e gli altri adulti di riferimento.
Indirettamente,
a causa del figlio adolescente, avviene una rinegoziazione dei ruoli e delle
funzioni familiari e ogni componente del nucleo deve trovare una nuova
posizione. Diventa di fondamentale importanza e fattore facilitante per ogni
componente del processo in atto, che l’ambiente familiare sia sufficientemente
vitale, in grado di accogliere i bisogni che cambiano nel tempo e di accettare
e contenere le spinte evolutive e regressive che l’adolescente mette in atto.
E’ necessario che gli adulti non cedano alla tentazione di chiedere al ragazzo
di “definirsi”, di dichiarare le proprie competenze a fronte di un’oscillazione
in cui un giorno si sente adulto e pretende più autonomia e il giorno dopo
sembra tornare ad essere un bambino piccolo e bisognoso. E’ l’adolescente stesso
ad essere preda di questo fluttuare, il suo corpo, la sua mente e le sue
acquisizioni, sono in così costante e rapida trasformazione che è per lui
impossibile restare fermo su un’identità.
Ci sono
poi altre variabili che riguardano non esclusivamente l’adolescente ma tutti i
componenti della famiglia e che possono influenzare il processo in atto: il
riassestamento della coppia genitoriale in vista della maggiore autonomia del
figlio e del suo futuro allontanamento; lo stile educativo familiare; la qualità
della relazione tra i genitori; la tipologia e le condizioni sociali e
culturali della famiglia. Il processo di separazione-individuazione
adolescenziale, nella nostra epoca è lento e progressivo e non finisce
necessariamente con l’uscita da casa dei figli. Ma emancipazione non significa
rottura dei rapporti familiari, ma trasformarli in modo da renderli più
paritari e reciproci (Polmonari). Comunque i genitori restano per l’adolescente
un fattore di protezione che attenua le reazioni dei ragazzi allo stress e alla
fatica, il punto di riferimento da cui
partire e verso il quale poter tornare.
Centro di Psicoterapia Familiare
Fonte: fofamiglia.it
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