Le
fasi più da vicino:il contributo di Custer
Il giocatore patologico è sicuramente il
risultato di una serie di elementi dinamici riferibili alle caratteristiche del
soggetto. Tuttavia non è una semplice sommatoria tra i vari elementi che spiega
il perché una persona abbia o non abbia sviluppato una dipendenza da gioco. Per
la maggior parte delle persone l’evoluzione della dipendenza può essere più
lenta e insidiosa.
Secondo Robert Custer esiste una
suddivisione in fasi.
La prima viene definita fase
vincente ed è caratterizzata dal gioco occasionale. Durante questa fase
il soggetto gioca soprattutto per divertirsi ed ha la percezione di vincere con
facilità e di poter smettere quando vuole.
Sempre in questa fase il gioco si fa più
frequente, aumenta l’ammontare del denaro impiegato ed anche l’ottenimento di
grosse vincite. Tale fase può durare dai tre ai cinque anni ed i giocatori
possono vincere più di quanto perdano. È qui che si innesca la dipendenza
psicologica e il soggetto è portato a investire sempre più tempo e denaro nel
gioco.
A questa fase fa seguito la fase
perdente, caratterizzata da gioco solitario ed episodi di perdite, da
attività di pensiero sempre più monopolizzata dal gioco e da un primo
manifestarsi di coperture e menzogne. Il soggetto non riesce a smettere di
giocare e diventa irritabile, agitato. La vita familiare è faticosa e il
giocatore chiede forti prestiti ma è incapace di risarcire i debiti contratti.
Secondo Custer questa fase dura oltre cinque anni in cui le perdite del
giocatore vengono attribuite alla mala sorte. Sembra come se per essere baciati
dalla fortuna sia necessario soffrire, toccare il fondo, dimostrare di meritare
l’amore della dea bendata,che non potrà tradire chi le è stato fedele. Un misto
di Agon (il sacrificio, la costanza e la forza)
e di Alea,
che alimenta l’idea magica di cui si parlava pocanzi. Il soggetto gioca sempre
di più, chiede sempre più prestiti, si racconta che sarà l’ultima volta.
La sicurezza che acquisisce anche con una
piccolissima vincita lo fa sentire di nuovo in gioco tanto da ricominciare
tutto il ciclo per arrivare progressivamente alla fase della disperazione,
in cui ha completamente perso il controllo del gioco, può provare un senso di
panico e prestarsi ad azioni illegali anche contrarie ai suoi valori perché
alla fine arriverà la grossa vincita che metterà tutto a posto.
La fase cruciale è quella della
perdita della speranza, dove si possono trovare pensieri e tentativi di
suicidio, problemi con la giustizia, crisi coniugali e divorzi. Sono frequenti
momenti di profonda depressione, forte nervosismo, paura difficoltà di memoria
e concentrazione, o ancora emicrania ed altri sintomi di forte stress fino a
diventare addirittura una fase di astinenza con sintomi fisici correlati.
La fase critica del pensiero di Custer
si articola in otto tappe che cominciano quando l giocatore decide di chiedere
aiuto: sincero desiderio di aiuto, speranza, smettere di giocare, prendere
decisioni, chiarirsi le idee, riprendere a lavorare, trovare una soluzione ai
problemi, realizzare programmi di risarcimento. A questa fase fa seguito la
fase della ricostruzione in cui si tenta di migliorare i rapporti con i
familiari, un maggiore rispetto di sé, la progettazione di nuove mete.
Successivamente si entra nella fase della
crescita in cui il giocatore diminuisce la preoccupazione legata al gioco,
migliora la capacità di introspezione, aumenta la comprensione verso gli altri,
e riprende un certo sentimento di affetto nei confronti degli altri.
Come si può quindi osservare quello del
giocatore patologico è un processo lento e insidioso e caratterizzato da
fasi diverse anche se presumibilmente
non obbligatorie e ineluttabili. Ciò che manca al contrario sono dati completi
su soggetti che non sono poi diventati giocatori patologici per poter capire
cosa spinga tali persone a fermarsi o continuare la “carriera”.
Esistono dei modelli predittivi o
favorevoli al passaggio da un’attività ludica a un vero e proprio gioco
problematico. Ad esempio il gioco patologico si verifica spesso in coincidenza
con altri problemi comportamentali, compreso l’abuso di sostanze, disturbi
dell’umore e della personalità. La comorbidità costituisce un fattore
importante. Ciò che si chiedono gli studiosi è se il gioco problematico o patologico costituisca una patologia a se
stante o se sia semplicemente un sintomo di una comune predisposizione, di
ordine genetico o d’altro, come ala base di ogni dipendenza.
Una differenza con i giocatori non
patologici è che spesso i gambler riferiscono che i loro genitori erano a loro
volta giocatori patologici indicando così la possibilità che fattori genetici o
modelli di ruolo possano incidere nel predisporre poi ad un gioco compulsivo.
È opportuno ricordare come, secondo il DSM
– IV, il Gioco d’Azzardo Patologico inizi tipicamente nella prima adolescenza
nei maschi e più tardivamente nelle femmine.
Dalle motivazioni ai fattori di rischio del gioco
Esistono dei modelli predittivi o
favorevoli al passaggio da un’attività ludica a un vero e proprio gioco
problematico. Ad esempio il gioco patologico si verifica spesso in coincidenza
con altri problemi comportamentali, compreso l’abuso di sostanze, disturbi
dell’umore e della personalità. La comorbidità costituisce un fattore
importante. Ciò che si chiedono gli studiosi è se il gioco problematico o patologico costituisca una patologia a se
stante o se sia semplicemente un sintomo di una comune predisposizione, di
ordine genetico o d’altro, come ala base di ogni dipendenza.
Una differenza con i giocatori non
patologici è che spesso i gambler riferiscono che i loro genitori erano a loro
volta giocatori patologici indicando così la possibilità che fattori genetici o
modelli di ruolo possano incidere nel predisporre poi ad un gioco compulsivo.
È opportuno ricordare come, secondo il DSM
– IV, il Gioco d’Azzardo Patologico inizi tipicamente nella prima adolescenza
nei maschi e più tardivamente nelle femmine.
Numerosi studi hanno cercato di individuare i fattori di rischio che predispongono a diventare
“giocatori d’azzardo impulsivi” o perfino “gioco-dipendenti”, ricorrendo a tre
aspetti, generalmente ritenuti in interazione fra loro:
- ASPETTI BIOLOGICI: relativi a fattori
principalmente neurofisiologici, ancora non ben dimostrati, ossia allo
squilibrio che si potrebbe determinare nel funzionamento del sistema di
neurotrasmettitori cerebrali atti a produrre serotonina, una sostanza
chimica cerebrale, responsabile di un equilibrio
affettivo-comportamentale, che nei giocatori patologici scenderebbe sotto
i livelli comuni rispetto alla media;
- ASPETTI AMBIENTALI-EDUCATIVI: inerenti
sia l’educazione ricevuta e quindi l’ambiente evolutivo caratterizzato da
situazioni problematiche e da una tendenza a stimolare e ipervalorizzare
le possibilità di felicità legate al possesso del denaro, sia la presenza
di difficoltà economiche legate ad esempio allo stato di disoccupazione
che sembra un particolare fattore di rischio per l’insorgenza della
ludomania;
- ASPETTI PSICOLOGICI: che talvolta
sembrano più connessi alla presenza di tratti di personalità lussuriosa e
avara di denaro, talvolta connessi al bisogno di riuscire a dimostrare un
controllo sul fato e sul caso, come simbolo del controllo sul mondo che
sfugge ad una regolarità.
I giochi che sembrano predisporre maggiormente al rischio sono
quelli che offrono maggiore vicinanza spazio-temporale tra scommessa e premio,
quali le slot-machine e i giochi da casinò, ma anche i videopoker e il Bingo.
Le fasce più a rischio sembrano invece, tra le donne, le
casalinghe e le lavoratrici autonome dai quaranta ai cinquant’anni e, tra gli
uomini, i disoccupati o i lavoratori autonomi che hanno un frequente contatto
col denaro o con la vendita ed un’età intorno ai quarant’anni.
Riguardo al tipo di patologia in oggetto, il giocatore deve essere
superstizioso, per intima necessità, dal momento che esiste un rapporto
fondamentale tra superstizione e desiderio di onnipotenza. Nella sua essenza il
pensiero magico affonda le sue radici nel bisogno dell’essere umano, specie in
condizioni di maggiore precarietà, di neutralizzare la penosa condizione di
inadeguatezza di fronte agli elementi ultrapotenti che deve affrontare.
Dominare il desiderio di dominare il fato
Dal momento in cui il gioco d’azzardo patologico è stato
riconosciuto come un vero e proprio disturbo psicologico, distinto da altre
problematiche, sono stati sviluppati diversi programmi di intervento sul
problema che spesso viene ormai affrontato in vere e proprie comunità di
recupero. Altrettanto utili sembrano i risultati legati alla partecipazione dei
giocatori a gruppi di auto-aiuto per Giocatori Anonimi, fondati su diverse
tappe per l’uscita dal problema, dal suo riconoscimento, alla condivisione, ai
traguardi verso l’abbandono basati sull’analisi delle tecniche di autoinganno
comuni che spesso vengono più facilmente osservate nei racconti degli altri che
rispecchiano i propri pensieri. Ciò che va sottolineato è che, attraverso
metodi individuali, di gruppo terapeutico, di auto-aiuto o di comunità, gli
obiettivi terapeutici vanno sempre centrati sulla possibilità di modificare,
oltre che il comportamento di gioco, il substrato cognitivo fatto di pensieri
legati all’idea che prima o poi arriverà il giorno in cui il gioco potrà
cambiare la propria vita risolvendo magicamente i propri problemi.
Dott.ssa I. Siena
VEDI ANCHE:I PARTE
VEDI ANCHE:II PARTE
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