La famiglia del gambler
La famiglia esiste in tutti i popoli ed è
esistita in tutte le epoche; vuol dire che rappresenta tutto sommato un bene
comune probabilmente con una base biologica in tutti gli esseri umani, quindi
se si è evoluta nella struttura con cui noi la conosciamo, al di là poi delle
differenze culturali, ha sicuramente una funzione nella capacità della nostra
specie di riprodursi e di andare avanti nella storia. Voi sapete che i
meccanismi familiari hanno due possibilità: la prima possibilità è quella di
far saltare la famiglia, ci sono dei sistemi disastrosi all’interno delle
famiglie che poi la fanno saltare…il gioco può servire da leva per far
saltare una famiglia;
viceversa ci sono però degli strumenti, dei meccanismi, all’interno della
famiglia che permettono di rinsaldare
la famiglia stessa e anzi
di utilizzare le forze all’interno di questa famiglia per permettere che
funzioni meglio di quello che non sia funzionata prima. Quindi noi riteniamo
che la famiglia possa essere utilizzata come risorsa a favore del giocatore e
della sua cura.
I giocatori che arrivano al momento di farsi
curare, sono già in una situazione avanzata. Difficilmente si arriva in cura
all’inizio della carriera di giocatore.
Di solito si tratta di persone già in difficoltà importanti, delle persone sposate, almeno la metà ha già perso il partner perché è una situazione che si prolunga da anni e la situazione familiare è già saltata. L’altra metà ha ancora un partner, però gran parte di questi si deve considerare in grosse difficoltà, uno dei due partner sta pensando sicuramente da qualche tempo di lasciare il partner giocatore. È da considerare però il fatto che nella famiglia non esiste soltanto il partner ma esistono anche i genitori, esistono anche i figli.
Di solito si tratta di persone già in difficoltà importanti, delle persone sposate, almeno la metà ha già perso il partner perché è una situazione che si prolunga da anni e la situazione familiare è già saltata. L’altra metà ha ancora un partner, però gran parte di questi si deve considerare in grosse difficoltà, uno dei due partner sta pensando sicuramente da qualche tempo di lasciare il partner giocatore. È da considerare però il fatto che nella famiglia non esiste soltanto il partner ma esistono anche i genitori, esistono anche i figli.
Alcune
teorie sostengono che il giocatore d’azzardo che poi diventerà patologico è una
persona che in una qualche parte nutre dei sentimenti di insicurezza dentro di
sé, non sa mai bene a chi appartiene, chi è, si sente incerto della propria
funzione sociale. Non è questa soltanto la ragione del fatto per cui uno può a
un certo momento scegliere il gioco d’azzardo per poter trovare una strada per
trasformare sé stesso, però è sicuramente uno degli elementi che entrano in
linea di conto.
I giocatori d’azzardo patologici, sono pieni di risorse, sono delle persone anche generose, quando hanno qualcosa da condividere con gli altri lo fanno anche volentieri. Il momento acuto della crisi è un momento diciamo di passaggio, che permette loro di cambiare, però sostanzialmente spesso sono delle persone con un carattere di questa natura.
I giocatori d’azzardo patologici, sono pieni di risorse, sono delle persone anche generose, quando hanno qualcosa da condividere con gli altri lo fanno anche volentieri. Il momento acuto della crisi è un momento diciamo di passaggio, che permette loro di cambiare, però sostanzialmente spesso sono delle persone con un carattere di questa natura.
Il coniuge
Nel
ciclo di cui si parlava prima, una volta arrivati alla fase della perdita della
speranza comincia ad insorgere una barriera tra giocatore e coniuge. Comincia
una barriera perché è facile parlare dei successi e delle cose buone che si
sono fatte, è molto più difficile parlare delle prime perdite, delle cose che
non vanno, di quello che viene a mancare, qui si copre quindi qualche cosa di
cui il coniuge non è a conoscenza, proprio perché il ragionamento del giocatore
d’azzardo è quello di dire "io sto zitto per intanto su questa faccenda
perché tanto sono qui vicino a capire che cosa succederà e quindi non ho
bisogno di dirlo adesso, casomai lo dirò dopo quando avrò coperto quello che
manca".
Tutto
questo va avanti per un certo periodo, il problema è che il coniuge un giorno o
l’altro avrà la rivelazione di quello che sta davvero succedendo e quindi gli
crolla a volte il mondo addosso, scopre che quelle che erano delle capacità che
immaginava il coniuge avesse, in realtà non erano delle capacità. Ci sono delle
telefonate per esempio di creditori, ci sono dei buchi dei conti correnti con
tutte le piccole trucchi che ci sono e non sto qui a raccontarvi, delle
ricevute falsificate con fotocopie, ci sono mille sistemi per nascondere le
cose, debiti e protesti, dove ci sono dei debiti che non sono stati pagati,
arriva addirittura l’intervento della polizia.
È
facile pensare come in questo momento,
la famiglia cominci ad avere la crisi, un momento di crollo, cioè una
certezza da parte di uno dei partner crolla, ma spesso non crolla la certezza
del giocatore, il quale di solito cerca di calmare il coniuge che non gioca.
Tuttavia deve entrare in una certa accettazione di regole. Il coniuge che non
gioca, di regola la moglie, avrà due possibilità di atteggiamento, il
primo atteggiamento è quello di dire "io ti proteggo, io ti
salverò". E’ una dei sistemi che esistono di proteggere una persona:
quello di cedere, per esempio pagando dei debiti, dandogli comunque fiducia nel
senso di accettare che continui a gestire la contabilità, dandogli delle
responsabilità nel senso "se io do fiducia potrà imparare, ri-imparare a
gestire le sue cose in un modo adeguato". Il secondo metodo è quello
del rifiuto: "tu adesso fai esclusivamente quello che dico io.
Naturalmente se un giocatore non è ancora in chiaro sulla natura del suo
disturbo succederanno anche qui delle difficoltà nel senso che il giocatore
comunque giocherà, comunque metterà in difficoltà il riorganizzo economico
della famiglia. Nei due casi si tratta di una strategia che viene dal fatto che
gli esseri umani compiono degli errori quando vogliono essere cattivi,
però fanno anche degli errori quando vogliono essere buoni. Ci sono
dei vari metodi per essere buoni, non c’è soltanto un metodo, si può benissimo
essere accondiscendenti, essere buoni, essere gentili verso gli altri, voler
aiutare, eppure con questo fare dei danni. Infatti quando il coniuge paga un
debito oppure lascia perdere una situazione difficoltosa e se ne incarica, che cosa impara il coniuge giocatore? Impara
che il gioco rende, in un qualche modo rende, perché o è il gioco che ti paga
la sua parte oppure sono gli altri che in fondo da una qualche parte credono
che le cose possano andare avanti ancora così.
Si
va avanti con una situazione estremamente complessa che mina la tranquillità
della famiglia, ci sono continue ricadute, ci sono continue messe in
discussione tra i coniugi, ci sono delle menzogne e c’è pian piano quello che
viene chiamato il crollo della fiducia.
È proprio per questa ragione, sarebbe questo il momento opportuno per
intervenire, al momento in cui queste cose incominciano a formarsi anche se
nella realtà non succede mai.
E’
il crollo della fiducia quindi, il coniuge non giocatore accusa il giocatore
che oramai da tempo pensa soltanto al gioco, di essere anaffettivo, di non
avere più nessun sentimento né per i figli né per la moglie e di non assumersi
le sue responsabilità. Il giocatore se potesse parlare liberamente saprebbe che
in un certo senso è vero. Tuttavia da una qualche parte, fino a quando non
tocca il fondo, ha ancora la convinzione che quello che sta facendo lo sta
facendo anche per il bene della propria famiglia perché più studia, più si
occupa del gioco e più si avvicinerà a quelle leggi, a quelle regole che
determinano il caso e quindi gli permettono di conoscerlo, quindi è un altro
modo di vedere la cosiddetta rincorsa, io sto perdendo oggi, domani invece
guadagnerò perché avrò capito quello che sta succedendo alla macchina oppure
alla macchina della roulette.
I figli
I
figli sono evidentemente in una situazione estremamente complicata. Questi
hanno, secondo inchieste americane, dei problemi grossi anche di tipo
psicologico, un maggiore rischio di suicidio, maggiori possibilità di abuso di
alcool, un calo di risultati scolastici, maggiori possibilità di diventare
giocatori patologici e a volte sono psicologicamente abbandonati. Questo perché
spesso la moglie si occupa in un modo estremamente attivo del marito giocatore
e quindi i figli hanno la sensazione, che i genitori si occupino tra di loro ma
trascurino loro. I figli molto spesso, quando uno dei genitori sta male cercano
di essere tranquilli, di non essere una ulteriore preoccupazione in famiglia,
di non essere d’intralcio al genitore che si occupa dell’altro genitore, sembra
quasi che abbiano bisogno di meno presenza, di meno affetto, di meno sicurezza
al loro fianco. In realtà soffrono dei conflitti dei genitori, hanno un
profondo senso di insicurezza, anche perché, dipende dall’età, ma spesso i
ragazzi più giovani hanno la sensazione che se i genitori sono in conflitto ci
sono dei problemi, forse c’entrano anche loro e soffrono evidentemente poi al
momento in cui si dovesse propendere per una separazione.
Tutto
questo è un processo, è una situazione che va avanti grado a grado, tuttavia
non è irreversibile, nel senso che anche il giocatore più patologico, che ha
avuto dei guai anche molto grandi, può benissimo fermarsi, è lui che decide il giorno in cui riflettere
sul proprio presente, sul proprio passato e si pone delle domande sul proprio
futuro. Quando non ne può più. Molto spesso questi momenti di cambiamento sono
accompagnati anche da cambiamenti nel partner il quale di regola pone l’aut aut
terminale. Riesce e esprimere una minaccia che intuitivamente il partner
capisce che è vera. Uno dei rischi, in tutte queste situazioni conflittuali, è
quello di esprimere delle minacce, io ti lascio, io non ne voglio più sapere,
che però il partner sa che non sono vere, non vengono messe in atto e quindi
rafforza in fondo il partner nella propria sicurezza che qualunque cosa faccia,
qualunque cosa succeda, non capiterà niente a lui. Questa volta invece spesso è
la situazione risentita come autentica, come vera, è lì scatta, quando c’è
evidentemente, scattano i vecchi meccanismi di affezione reciproca tra due
persone che recuperano anche la situazione tra i due.
La terapia
Il
programma terapeutico a cui si possono sottoporre i giocatori d'azzardo
patologici prevede un intervento multidisciplinare sul paziente, con lo scopo
di sanare tutti gli aspetti della vita del soggetto, coinvolti negativamente
dal gioco. Inizialmente è consigliabile avviare la terapia con una serie di
colloqui che hanno lo scopo di costruire una motivazione al cambiamento, di
gestire la resistenza e di rafforzarne l'impegno. Segue poi la fase
psicoterapeutica che prevede terapie individuali, di coppia, di famiglia e di
gruppo. Per quanto riguarda il trattamento, il recupero, senza dubbio faticoso,
lungo e complesso, e' certamente possibile. Fondamentale è il supporto dei
familiari: solo un giocatore su 20, infatti, chiede aiuto in prima persona e il
problema dell’azzardo coinvolge emotivamente ed economicamente anche la
famiglia. Se, infatti, è difficile prevedere chi, da giocatore saltuario,
diverrà dipendente si può certamente riconoscere un denominatore comune: la
sofferenza personale che spesso affonda le sue radici in situazioni familiari
difficili cui il soggetto tenta in qualche modo di evadere. Inoltre, per quanto
egli riesca a nascondere il problema, la sua scarsa presenza in famiglia porta
effettivamente alla perdita del ruolo che è assunto da altri familiari (ad
esempio, frequente è il caso di figli adolescenti che interrompono gli studi e
iniziano a lavorare, cercando inconsciamente di sostituirsi al genitore
giocatore).
Gli
approcci che appaiono più utili prevedono terapie individuali ma anche
familiari e di gruppo, promuovono gruppi di auto-aiuto, offrono un sostegno
anche da un punto di vista legale. La psicoterapia di gruppo può rappresentare
un valido strumento nell’affrontare le varie forme di patologia sociale. Nel
caso del gioco d’azzardo patologico il giocatore scopre, partecipando al
gruppo, di non essere il solo ad avere problemi, poiché riconosce le sofferenze
e le difficoltà di tutta la sua famiglia e degli altri componenti del gruppo.
Inoltre, il semplice confronto con ex-giocatori fa scattare un comportamento
imitativo positivo, passo fondamentale per intraprendere il lungo viaggio verso
la guarigione.
Nella
pratica clinica si incontrano persone, famiglie di giocatori in questi momenti
in cui la crisi è all’apice del suo avvenimento. È raro riuscire ad intervenire
prima che il giocatore stesso non ne senta il bisogno e se ciò succede è soltanto
per l’intervento della famiglia. In cui
questo modo si sostiene in quel momento il partner più debole, quello che non
gioca, per poi passare anche un po’ la palla al momento in cui il giocatore va
in crisi, perché in quel momento ha bisogno anche lui di essere sostenuto. Dare
quindi alcuni strumenti ai familiari di cui potranno poi servirsi, in una
lotta, fatta per il bene, fatta così
perché permetta poi il recupero di una persona, e anche il recupero dell’intero
gruppo familiare.
Un metodo utilizzato in alcuni centri di
recupero prevede una infantilizzazione del
giocatore, cioè il giocatore deve essere privato, d’accordo lui
evidentemente, altrimenti non si può fare, della sua disponibilità di denaro,
che vuol dire denaro liquido evidentemente, vuol dire le firme sui conti
correnti, vogliono dire le carte di credito e così via. In un certo modo si
cerca di responsabilizzare i familiari affinché lo facciano loro.
Un
altro intervento utile, in particolare nei gruppi, è stimolare il confronto tra i coniugi. Il coniuge in fondo si sente
in colpa, in fondo sente vergogna, sente anche una gran rabbia di essere stato
ingannato per tanti anni in questo modo, e di essere messo poi in situazioni
difficili dal punto di vista economico, psicologico, sociale. Questo viene
fatto in gruppo perché chi ci si scambia delle opinioni ci si aiuta anche
reciprocamente, uno si rende conto che in fondo la situazione umana è poi
uguale per tutti.
La
condivisione di esperienze simili ed il
parlarne diminuisce la densità delle cose e permette di imparare da come
hanno fatto gli altri per imparare.
Altra
cosa importante da fare è la psicoeducazione.
Si tratta in realtà di una sensibilizzazione a che cosa è il gioco, anche al
giocatore, non soltanto al coniuge. Si dovrebbe cercare di metterli assieme e
di fare loro scuola, in poche ore, su che cosa è il gioco, su che cosa sono i
problemi, non è una ma semplicemente una richiesta di informazioni sul come
fare per affrontare un periodo difficile.
Molte
mogli ritengono che una volta che il marito è curato non deve più ricadere. È
chiaro invece che la ricaduta fa parte proprio del gioco come malattia. Ci sono
dei comportamenti che a volte si ripresentano, mai così gravi come all’inizio e
ciò che conta è che, se si ripresentano non creino delle difficoltà enormi e
questa volta non più giustificate. In certi casi di colpo può risvegliarsi
tutta l’amarezza di molti anni e per una cosa da poco. Perché sono recuperabili
le ricadute se si ha una rinnovata rottura che spesso è anche una rottura
che diventa definitiva.
La musicoterapia
Nel trattamento psicoterapico per giocatori d'azzardo patologici
rientra come terapia complementare anche la musicoterapia. L'inserimento del
suono e della musica in questo percorso di guarigione permette ai giocatori di
socializzare in modo sano, di elevare il tono dell'umore, di spostare
l'attenzione su altro e soprattutto di distogliersi dalla fissazione del gioco.
L'obiettivo dell'intervento musicoterapico, infatti, è proprio quello di
togliere i pazienti dalla trance, di aiutarli a gestire la fissazione e il
forte impulso che li induce a giocare e di controllare l'irrequietezza e
l'irritabilità che si manifestano nel momento in cui smettono di giocare. Il
percorso completo con la musicoterapia consta di dodici sedute articolate in
tre diverse sezioni: un primo lavoro individuale con il giocatore, quindi una
serie di sedute di gruppo, alternate ancora ad incontri individuali, ed una
fase conclusiva, probabilmente la più difficile, che prevede il coinvolgimento
dei familiari nel gruppo di malati.
Dott.ssa I. Siena
VEDI ANCHE: I PARTE
VEDI ANCHE:II PARTE
VEDI ANCHE: III PARTE
Nessun commento:
Posta un commento