La paura è un sentimento primario nella
vita degli esseri viventi. Senza la paura le persone sottovaluterebbero i
pericoli, andando incontro rischi azzardati che potrebbero portare anche alla
perdita della vita stessa.
Questo vale per il pericolo di finire
fuori strada mentre si sta guidando, tagliarsi con un coltello, ammalarsi se
non ci si copre abbastanza dal freddo, inaridirsi frequentando persone
negative. I pericoli non hanno soltanto una forma materiale, sono anche
invisibili; i pericoli non sempre si possono toccare, ma si trasformano in minacce
al proprio benessere, le quali entrano dentro di noi senza che ce ne
accorgiamo; i pericoli possono essere virtuali, ma comunque molto invasivi e non
sempre guidati da agenti “negativi”.
Pensate all’amore, questa parola dalle
mille interpretazioni soggettive, che dovrebbe rappresentare un traguardo da
raggiungere, un elemento di crescita personale attraverso l’altro, che dovrebbe
far sorridere e far produrre al corpo umano tutta una serie di sostanze che
servono a mantenere alto l’umore ed a vivere al meglio la propria vita. L’amore
racchiude in sé un enorme pericolo, una modalità, un atteggiamento, un modus
operandi che è rischiosissimo per determinate tipologie di persone: sto
parlando della responsabilità. Quando si ama qualcuno si diventa responsabili
del benessere dell’altro, infatti senza entrare necessariamente nell’aspetto
patologico legato ad una dipendenza affettiva, lo stare insieme porta chiunque
ad essere una fonte di felicità per il partner, chiedendo in cambio lo stesso
quantitativo di rifornimento affettivo. Non è finita qui, quando il baricentro
della responsabilità si sposta inevitabilmente fuori da sé, all’interno di una
relazione di coppia, l’istinto di conservazione dell’essere umano cerca di “ri-centrarlo”
al punto di origine. Scaturisce così il conflitto dentro se stessi tra il
rimanere responsabili esclusivamente del proprio benessere (processo
primordiale che si innesca dalla nascita) e l’essere responsabili anche di una
quota del benessere altrui, per poi averne un ritorno secondo quello che ho
prima dichiarato. Un circolo impegnativo, quindi, che richiama alla fatica
fisica. Come si fa a non aver paura della fatica fisica? Ecco che ritorna il
concetto di paura.
In psicologia hanno chiamato Philofobia
la “paura di amare”, la quale altro non è che paura di impegnarsi per un altro
diverso da sé. È ciò che fanno i bambini, i bambini si rifiutano di impegnare
le proprie energie per il benessere altrui perché vivono un egocentrismo tipico
della loro condizione di crescita e della loro fase di sviluppo. Anche i
bambini vivono l’amore, lo sanno anche donare, lo imparano dai loro punti di
riferimento che nel migliore dei casi sono i genitori e, attraverso i loro
modelli lo ripropongono poi da adulti nelle relazioni con l’altro.
Quindi chi è un Philofobico? Potrei
pensare ad un bambino che è costretto a vivere in un corpo di adulto. Una
persona che ancora non è perfettamente in grado di prendersi cura di se stessa
alla quale si chiede di prendersi cura anche di un altro. Che presunzione
assurda!
Ricapitolando, la paura è necessaria,
se non obbligatoria, per la sopravvivenza umana. Si può avere paura anche di
qualcosa che dovrebbe renderci felici come l’amore.
L’amore è sinonimo di
impegno e tale impegno non lo si può chiedere ad un bambino, il quale deve
restare libero come essere umano in diritto di scegliere ancora di che pasta
comporsi e libero da vincoli relazionali come quelli che esistono tra gli
adulti.
Il problema sorge quando del bambino
cresce e si sviluppa il suo corpo, ma parallelamente il suo animo resta acerbo,
incompleto. Egli non può che nutrirsi di paure dovute alla mole di
responsabilità a cui egli non è abituato. Questo gli impedirà di mettersi alla
prova, di osare allontanarsi in ambienti sconosciuti per potersi rendere conto
di come tutti i pericoli vanno sfidati e di come le paure possono essere
affrontate.
Allontanarsi dalla propria zona di
comfort, infatti, ha anche un grande vantaggio che è quello di ingegnarsi su
come sopravvivere e su come prendersi cura di sé e degli altri, in altre parole
l’essere adulti. È un modo attraverso il quale l’essere umano sviluppa il
coraggio di osare nella vita, di testare se stesso e i propri limiti e
soprattutto di imparare a scegliere,
meccanismo di vitale importanza per proseguire lungo il corso della sua vita.
A rifletterci bene è questo che rende
una persona davvero libera, la possibilità
di scegliere. Ed è possibile scegliere anche all’interno di un rapporto di
coppia in cui siano ben delineati i propri confini (interessi, spazi fisici e
mentali, tempo libero da spendere senza il partner ecc…), in modo tale da
decidere di volta in volta lo spostamento del baricentro delle proprie
attenzioni tra il proprio spazio e lo spazio della coppia. Riuscire in questo
gioco dinamico non è facile, ma di sicuro non è impossibile.
Dott.ssa Ivana Siena
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