ARRIVA LA “INVISIBLE BOYFRIEND”
Negli Stati Uniti e in Canada è stata lanciata
“Invisible Boyfriend”, una nuova App per smartphone che permette di
scambiare messaggi con un fidanzato virtuale.
Dopo aver scaricato l’applicazione
è possibile creare il partner ideale scegliendo non solo la foto, il nome, l’età,
l’altezza e il colore dei capelli, ma anche il suo profilo psicologico, delineando
tratti di personalità, interessi ed
hobby.
Un ulteriore tocco di
realtà è dato, nell’apposita didascalia,
dalla descrizione di tutti i
retroscena del rapporto, specificando le varie dinamiche sul come ci si è conosciuti
e dove, o scrivendo una storia che giustifichi l’assenza fisica del fidanzato.
Per rendere più credibile
ed intensificare la relazione è possibile acquistare altri pacchetti che
prevedono nuove funzionalità che vanno dai post su Facebook a conversazioni su
Whatsapp. Il servizio funziona
grazie ad una società di 200.000 lavoratori che rispondono ai messaggi. Nessuno di loro ha accesso ai numeri
di telefono o ai nomi dei clienti e nessuno intrattiene conversazioni con un
solo utente. Nella realtà quindi, il fidanzato invisibile è gestito da diverse
persone che rispondono autonomamente ai messaggi.
Lo scopo dell’applicazione,
per coloro che l’hanno inventata, è ingannare amici e familiari intrusivi ed
insistenti ed evitare quindi
giustificazioni sul perché non si ha una relazione stabile.
Una volta lanciata nella
piattaforma però, ognuno può decidere di utilizzarla per molteplici scopi: nascondere
una relazione omosessuale che la famiglia disapproverebbe ad esempio, far
ingelosire qualcuno, lasciar desistere avances indesiderate o semplicemente “far
pratica” senza così perdere l’abitudine ad interfacciarsi nella vita di coppia.
Può esserci, quindi, il rischio che gli utenti si
affezionino seriamente alla figura virtuale da loro stessi creata?
Razionalmente chi sceglie
di scaricare l’App è consapevole che si tratta di uno scherzo, che è un
servizio per il quale paga e che non può
in nessun modo sostituire una relazione amorosa. Allo stesso tempo, però, i
messaggi ricevuti, nonostante artefatti, creano una risposta emotiva nell’utente
generando sensazioni di piacere e desiderabilità.
Su queste premesse non è
difficile immaginare che qualcuno possa sviluppare dei sentimenti per un essere
umano virtuale, il quale per di più provvede ad ogni minima esigenza emotiva.
Quella che sembrava una
finzione cinematografica potrebbe diventare realtà; ne è un esempio il film “Her”
di Spike Jonze, dove il protagonista si innamora della voce di un sistema
operativo dotato di intelligenza artificiale.
Il rischio di una App come
questa è sicuramente di rendere ancor più sintetiche le relazioni sentimentali,
già ampiamente de-umanizzate dai social network. Sembra che da un lato possa rispondere
ad un bisogno reale, quello di appartenenza
(Maslow, 1954) attraverso il quale un individuo necessita per il suo benessere
psico-fisico di sperimentare affetto familiare e intimità sotto ogni suo significato.
Tuttavia la falsa illusione di soddisfare questo bisogno attraverso il virtuale
può portare alla dipendenza affettiva nonché alla difficoltà di mettere alla
prova se stessi nella vita reale, cosa che influisce sul livello di autostima
mantenendolo costantemente in riserva. Di conseguenza una bassa autostima
genera la necessità di cercare nuovamente contatti solo attraverso la
protezione di uno schermo del pc o dello smartphone, e si innesca un circolo
vizioso.
Ciò detto resta un’unica
domanda: visti tutti i rischi
illustrati, riusciremo mai a tornare al vecchio metodo vis a vis?
Dott.ssa Manuela Fersini
Dott.ssa Ivana Siena
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