BAMBINI: SPETTATORI SILENZIOSI
Grembiuli colorati,
bambini emozionati e strepitanti davanti alle porte di una scuola sfoggiano le
loro cartelle nuove. Bambini al parco giocano a nascondino, si rincorrono,
gridano, le loro risate riecheggiano nell'aria. Bambini che amano il pallone e
le macchine, bambine che pettinano le loro bambole e giocano a fare le
principesse. Bambini che ridono, bambini ingenui, bambini che nella loro
semplicità sanno fare emozionare, bambini che soffrono ma che, come piccoli soldati,
celano dietro a grembiulini stirati o giochi colorati il proprio dolore.
Spettatori silenziosi di
violenze domestiche. Non importa a quale forma di violenza assistano, quella
fisica non è più minacciosa di quella verbale ma, piuttosto, la violenza è tanto
più cruenta, terrificante, quanto più rappresenta una minaccia per chi
la subisce. Alzare eccessivamente il tono della voce o minacciare,
soprattutto se attraverso l'uso di oggetti, può assumere per il bambino lo
stesso significato di una scena fisica di violenza. Molto conta anche la
reazione della vittima, questa rappresenta l’indicatore della pericolosità della
situazione e l’attribuzione di significato.
Quali sono le conseguenze
a lungo termine sulla personalità del bambino? Violenza può generare altra violenza?
Come tutti ben sanno i bambini apprendono per imitazione e questo modello
di comportamento sarà sicuramente appreso dal bambino il quale, impara che per
risolvere un problema è necessario un comportamento violento perché questo è l’unico
metodo di “risoluzione” di conflitti che conosce. In casa i bambini terrorizzati sono molto
taciturni, cercano come possono di evitare qualsiasi comportamento che possa
far arrabbiare i genitori o possa favorire una lite, sono pietrificati dal
terrore della messa in atto di violenza ed evitano di piagnucolare o di mostrare
il proprio dissenso.
Il clima familiare in questi contesti è intriso di terrore, minacce,
violenza, insulti, svalutazioni, rimproveri, umiliazioni, critiche e il bambino
si sente ferito, triste e spesso si fa portavoce di un grande senso di colpa. Ritiene
di essere il colpevole delle liti genitoriali, la sua sfera psichica e quella
emotiva non sono ancora adeguatamente sviluppate soprattutto per quanto
concerne la razionalità, non riesce a dare spiegazioni al comportamento
genitoriale e l’unico nesso logico che motivi la violenza del genitore nei
confronti dell’altro è pensare che sia stato lui a causarlo, di aver fatto o
detto qualcosa che ha scatenato la lite e la furibonda violenza.
Questo è un atteggiamento che accomuna anche i bambini in sede di
separazione, divorzio o in caso di lutto: l’infante pensa che la morte o
l’abbandono da parte dei uno dei genitori possano essere avvenuti a causa sua.
Quando i bambini sono spaventati, il mondo può sembrare enorme,
minaccioso, pericoloso, un posto dove non si sentono sicuri e in cui non
possono fidarsi degli altri. Assistere alla violenza di un genitore sull'altro
crea confusione nel bambino, in quanto, sono proprio le figure che
dovrebbero prendersi cura di lui, i propri i genitori da cui si aspetta
protezione, accadimento e fiducia, a “rompere” questo legame. Si lede in questo
modo il legame di attaccamento tra bambino e genitori, relazione
all'interno della quale il piccolo può sentirsi protetto e sicuro, relazione
fondamentale per lo sviluppo corretto del bambino.
Ogni bambino necessita di punti cardini, essenziali per il proprio
sviluppo che, in questo caso, vengono a sgretolarsi: vede le sue figure di
riferimento da un lato impotenti, disperate, terrorizzate (spesso la
madre) e dall'altro paurose, minacciose e pericolose (spesso il padre).
Si crea così un modello relazionale
distorto e patologico, a causa del forte e costante stress e dell’equilibrio
psico-fisico materno precario che,
influenzerà i rapporti affettivi che l'adolescente, e l'adulto poi,
instaureranno nel corso della vita. Il bambino maturerà portando con sé degli
stereotipi di genere che prevedono, la svalutazione della figura
femminile e, un’alterata percezione dei ruoli e dell’identità di genere. Attribuirà
infatti all’uomo connotati di forza, violenza, potere e alla donna debolezza,
inferiorità e sottomissione.
Spesso al bambino taciturno tra le mura domestiche si contrappone un
bambino violento e aggressivo all’esterno, con gli amici o con i compagni di
scuola. Lo stress accumulato tra le mura domestiche, la carica emotiva e la
tensione crescenti trovano spazio all’esterno. Dopo aver vissuto tanta violenza
assumono atteggiamento di difesa di pseudo potenza, appaiono “duri” e si
comportano come tali, sono spesso bulli, si prendono gioco di altri e assumono
un comportamento violento mettendo in atto un’inversione di ruoli, lui il
carnefice non più la vittima. In altri casi invece il bambino mantiene il ruolo
di vittima anche all’esterno, può avere atteggiamenti compiacenti e di
sottomissione, bassa autostima, distacco
emotivo, disturbi
d'ansia, somatizzazioni che, faranno da filo conduttore in tutta la vita e potrebbero dare forma a forti vissuti depressivi, difficoltà genitoriali, relazionali e possibili disturbi della personalità.
d'ansia, somatizzazioni che, faranno da filo conduttore in tutta la vita e potrebbero dare forma a forti vissuti depressivi, difficoltà genitoriali, relazionali e possibili disturbi della personalità.
Figlio chi t’insegnerà le
stelle
se da questa nave non potrai vederle…
-Roberto Vecchioni, Figlio-
se da questa nave non potrai vederle…
-Roberto Vecchioni, Figlio-
Dott.ssa Desirè Roberto
Centro di Psicoterapia Familiare
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