SPORT E SCARAMANZIA: IL LATO PSICOLOGICO
Come da
definizione ufficialmente riconosciuta, la
superstizione indica le credenze di natura irrazionale che possono influire sul
pensiero e sulla condotta di vita delle persone che le fanno proprie, in
particolare la credenza che gli eventi futuri siano influenzati da particolari
comportamenti senza che vi sia una relazione causa-effetto.
La scaramanzia, di conseguenza,
può essere letta come una forma di superstizione la quale si manifesta
attraverso frasi o gesti per attirare la buona sorte o allontanare gli eventi
negativi. Soltanto in
Italia, su cento persone più della metà ammette di far ricorso a gesti
scaramantici in
occasione di eventi di vita il cui esito è incerto; tuttavia bisogna
considerare che si tratta di un fenomeno tutt’altro che ristretto alla nostra
cultura, ma antico e radicato in tutte le culture del mondo, nonostante la
condanna implicita dei tempi moderni.
Uno degli ambiti del quotidiano in
cui si esprime maggiormente la tendenza a far ricorso a azioni scaramantiche è
quello sportivo. Qui competizione,
sfida e confronto in assenza di certezza, innalzano bruscamente i livelli di
ansia legati alla prestazione e permettono che le reali capacità fisiche
e tecniche degli atleti vengano messe in secondo piano, sembra infatti che d’un
tratto queste non bastino più per arrivare al traguardo.
Si assiste così alla creazione di
veri e propri rituali innescati dal valore funzionale che lo sportivo dà ad un
oggetto, a una frase, a un gesto presente durante una o più gare vincenti,
inoltre, la casuale ripetizione nel tempo di una vittoria o di una buona
prestazione associata al rito scaramantico convince l’atleta che le due cose
siano imprescindibili.
Molti campioni, all’interno di
tutti gli ambiti sportivi esistenti, praticano dei rituali, insoliti,
personalizzati, spesso unici. Dal calcio alla
Formula 1, dal tennis alla Moto GP dove ad esempio uno dei gesti scaramantici
più comuni tra tutti i piloti consiste nel non poggiare mai il casco per
terra, nemmeno all’interno del box, per evitare che la stessa situazione possa
verificarsi con una caduta. Loris
Capirossi ha
sempre preferito salire in sella dal lato destro della moto mentre “il Dottore” (Valentino Rossi) è
solito compiere alcuni gesti metodici già all’interno del suo box prima di
scendere in pista, toccandosi in sequenza le spalle, le mani e le gambe per poi
dedicarsi all’attrezzatura che servirà a proteggerlo durante la corsa e, prima
di entrare definitivamente in pista, si accuccia sempre alla destra della moto,
in religioso silenzio quasi a raccomandarsi con lei.
Niki Lauda inseriva una monetina nei guanti, Felipe Massa indossa lo stesso paio di mutande per
le qualifiche del sabato e per la gara della domenica dichiarando: "non è
la superstizione a farmi vincere le corse, ma contribuisce a farmi sentire
meglio".
Nel mondo del calcio può essere ricordato Pelè che ebbe un calo nella prestazione
dopo aver regalato la sua maglia a un tifoso, difficoltà che lo portò a
chiederne pubblicamente la restituzione; Maradona,
che dopo la prima partita vinta ai Mondiali del 2010, pretese di ripetere un
ricco e dettagliato rito propiziatorio andando a bordo campo con tutta la
squadra per salutare i tifosi, facendosi fotografare con un membro dello staff
tecnico argentino, telefonando poi alle figlie e, rientrato negli spogliatoi, facendosi
portare una copia del giornale di 24 anni prima, che celebrava il secondo
titolo mondiale vinto dalla sua Argentina. Solo successivamente scendeva in
campo. Ma molti altri sono i personaggi di questo mondo che sono ricorsi alla
questi mezzi, come non menzionare quindi il cappotto di Renzo Ulivieri, il rosario di Carlo Ancelotti quando sedeva sulla panchina del
Milan,l'acqua santa di Giovanni Trapattonidurante i Mondiali di
Corea ed i 26 kg di sale sparsi sul terreno di gioco di Pisa dal presidente Romeo Anconetani.
Questi rappresentativi esempi sono
un mix di sacro
e profano e
rimarcano l’importanza che assume il rito per gli sportivi, ma anche per
i loro tifosi, i loro fan e i loro sostenitori i
quali, che sia da bordo campo, dagli spalti o da davanti al televisore di casa,
mantengono a loro volta i propri rituali esattamente con lo stesso scopo dei
propri idoli sportivi. Una ricerca commissionata da Logitech ha dimostrato come
in un campione di tifosi europei ad esempio il 65%dei maschi intervistati
dichiara di sedersi sempre nello stesso punto del divano per evitare di portare
sfortuna alla propria squadra, il 15% canta l'inno nazionale all'inizio di ogni
partita mentre un uomo su dieci, ossia il 7%, indossa un capo di abbigliamento
considerato un vero e proprio portafortuna.
Atleti e sostenitori superstiziosi
condividono attraverso i rituali l’illusione
di avere un controllo che apparentemente credono di non avere sull’esito della
gara. Il
vantaggio per l’atleta sta nel fatto che l’ansia viene placata, l’insicurezza
sedata e l’individuo può dedicarsi alla concentrazione e convogliare
maggiore attenzione alla performance.
Il meccanismo di base che muove
queste superstizioni non è il pensiero
magico, quanto invece la credenza
nella profezia auto avverante. Secondo questa profezia, in assenza
dell’oggetto o del rituale scelto e personalizzato non si arriva alla
vittoria o al raggiungimento di un obiettivo e tale pensiero influenza
positivamente la prestazione tanto nello sportivo, quanto tutte le persone che
affrontano le quotidiane prove di vita.
Basti pensare agli studenti
universitari che, nella maggior parte dei casi, hanno un proprio rituale o un
oggetto scaramantico da portare con sé in prossimità degli esami; più
conosciuta è la “necessità” di cambiare strada qualora un gatto nero incroci il
proprio cammino; è sconsigliabile passare sotto una scala aperta ed è
fondamentale fare attenzione a non rompere gli specchi o ne patiranno ben sette
anni della propria vita e di quella delle persone presenti in quel momento
nella stanza.
L’andamento di una giornata è di
per sé un evento stressante soprattutto se al suo interno vi è una prova da
sostenere. L’impotenza, che deriva dall’esito sconosciuto di questo andamento,
unita all’ansia legata dell’importanza che si restituisce all’evento atteso,
crea la necessità di attribuire una parte di responsabilità a qualcuno o
qualcosa al di fuori di noi. Ecco quindi che il portafortuna o il gesto
scaramantico acquista importanza o addirittura diventa necessario. Qualora
l’esito positivo sia reiterato nel tempo, il valore scaramantico aumenta. Tutto
ciò, però, non ha nulla di paranormale.
Lo sportivo che ha espletato il suo
rituale o che porta addosso il suo oggetto portafortuna affronta con maggiore
sicurezza la sua prova ed ha la possibilità di sentirsi sollevato da una parte
del carico di responsabilità, il che gli permette di concentrarsi maggiormente
su di sé e di conseguenza di migliorare la sua performance. È una questione di atteggiamento,
quindi, con cui ci si appresta a fare qualcosa o vivere un momento, esattamente
come l’evitare il gatto nero per strada dà una garanzia illusoria che tutto
andrà bene per il resto della giornata, spingerà ad affrontare tutto in maniera
più positiva e permetterà che la profezia auto avverante si adempia.
Non tutte le persone vivono di
superstizioni, come è vero che chi invece conta
su queste si muove su un continuum che va da un’influenza normale sulla vita
quotidiana, ad un tratto patologico estremo che può sfociare in un Disturbo Ossessivo
Compulsivo.
La scaramanzia, dunque, ha
dentro se stessa il concetto recondito che il controllo
degli eventi della vita è sempre nelle nostre mani e si basa su ottimismo, sicurezza e
convinzione nelle proprie capacità.
Dott.ssa Ivana Siena
FONTE: http://www.forzapescara.tv
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