L’ANZIANO E LO SPAZIO
L’innalzamento della vita media dei cittadini è una tendenza
comune a numerosi Paesi sviluppati e presenta profili economici e sociali di
grande rilievo.
Una parte degli anziani, tra i 65 e i 79 anni, è spesso
autosufficiente e coloro che hanno redditi medi non hanno particolari
difficoltà, soprattutto se vivono in famiglia, costituiscono una risorsa
importante in quanto spesso dediti alla cura dei nipoti e all’assistenza dei
familiari più anziani o disabili. Sempre più spesso sono coinvolti in attività
di interesse sociale e costituiscono una risorsa importante nel volontariato.
Posto che l’Italia è il Paese dell’Unione Europea con la più
alta aspettativa di vita, la situazione nazionale viene raffigurata in termini
positivi, con qualche preoccupazione legata all’aumento della richiesta di
servizi sociali connessa all’invecchiamento della popolazione.
Di fronte a questo fenomeno gli assetti sociali e le
istituzioni risultano poco flessibili e mostrano uno scarso adattamento, spesso
è presente un'insufficiente preparazione culturale.
Oggi una persona ultrasessantacinquenne, rispetto al
passato, è generalmente molto più attiva, informata, attenta a se stessa e ai
propri bisogni, ma non è cambiata la sua considerazione sociale, ancora
fortemente legata a una certa rappresentazione stereotipata della fase
conclusiva della vita (ricordi, fatica, solitudine, disabilità, sensazione di
inutilità).
L'inevitabile riduzione delle capacità sensoriali, cognitive
e prestazionali sono una premessa perché si crei, nell'interiorità psichica
della persona anziana, una modificazione della percezione spaziale e
dell'esperienza integrata di spazio e tempo.
Affrontare la tematica dell’anziano e delle interrelazioni
che egli mantiene con l’ambiente significa dover trattare non solo di una
esperienza soggettiva dello spazio, ma anche dover superare il pregiudizio che
vede l’anziano unicamente come oggetto passivo del cambiamento.
Diverse rotture simultanee segnano il passaggio dall’età
matura alla vecchiaia, queste intaccano necessariamente lo “spazio di vita”
dell’individuo e inducono a vivere in
ambiti spaziali sempre più ristretti (es. quartiere, casa, stanza). Questo
progressivo “ritiro” riguarda almeno tre livelli:
·
Il primo si riferisce al “macro-sistema-sociale”,
in relazione alla perdita, da parte del soggetto, dello status precedente a
causa del pensionamento.
·
Successivamente vi sono cambiamenti nel
“medio-sistema ambientale”, dovuti alla minore possibilità di interscambio con
amici e parenti.
·
Il terzo ambito, quello del “micro-sistema”,
riguarda tutti quei cambiamenti nella vita privata dell’anziano che lo pongono
in un ruolo diverso e a volte periferico nei confronti della famiglia: morte
del coniuge, matrimonio dei figli…
Cause storiche, legate all’evoluzione socio-economica,
possono venire chiamate in causa per spiegare l’isolamento dell’anziano,
infatti è con l’avvento della società industriale che si comincia a parlare di
terza età. Scompaiono con la famiglia patriarcale, tipica della società
contadina, le caratteristiche di co-abitazione, con-vivenza e collaborazione
(Baracco,1978).
Nella famiglia nucleare
l’anziano si trova a vivere isolato dalla famiglia dei figli e spesso in una condizione di solitudine in quanto
la struttura sociale non è in grado di sopperire al bisogno di relazioni
sociali, soprattutto quando vengono meno, con il pensionamento, quelle connesse
con i luoghi di lavoro.
Il modello di vita della società industriale permette a
malapena il mantenimento delle relazioni di vicinato, all’anziano non viene più
riconosciuta una reale e attiva interazione con l’ambiente.
In termini di “spazio” l’anziano vede limitarsi sia il
rapporto con lo “spazio sociale” mediante una diminuzione delle possibilità di
interazione con gli altri, sia con lo “spazio abitativo” quando deve
“scegliere” il ricovero in istituti.
La maggior parte degli anziani rifiuta la casa di riposo, ha
scarso interesse verso la convivenza con i figli e tende al mantenimento della
propria casa, anche di fronte a problemi di salute.
L’abitazione,rappresentando una continuità con il passato,
riveste un’importanza decisiva sullo stile di vita di un anziano. Ogni spazio
con il quale l’individuo viene a contatto diviene uno “spazio vissuto”, si può
parlare di vere e proprie “mappe mentali” diverse per ogni individuo.
Quindi lo spazio non deve
essere inteso astrattamente, ma come spazio vissuto, caricato di significati
emozionali e di ricordi, sperimentato attraverso le azioni e il proprio corpo.
L'anziano chiudendosi allo spazio esterno ed assistendo alla
senescenza del proprio corpo, incrocia una esperienza modificata di corporeità
e di spazio-temporalità nella quale il tempo appare accorciato e gli spazi
ridotti.
Vivere in uno spazio non vuol dire solo appartenervi
fisicamente, ma modificarlo, determinarlo, in sostanza appropriarsene,
realizzandosi nell'incontro con gli altri.
La spazialità deve quindi avere un "carattere affettivo
" e permettere una possibilità relazionale.
Risulta quindi facilmente comprensibile la difficoltà della
persona anziana ad adattarsi ai cambiamenti di abitazione, agli spostamenti
d'ambiente o a semplici modificazioni della organizzazione della vita
quotidiana.
Questa difficoltà nei confronti del cambiamento rivela il
bisogno di abitare uno spazio familiare, non anonimo, circondato da
consuetudini, usi ed oggetti che definiscano l'area di sicurezza ed il rispetto
di sé stesso e della propria storia.
Lo spazio è quindi anche
spazio di relazione ed interazione, particolarmente evidente nelle situazioni
comunitarie.
L'atteggiamento nei confronti della persona anziana, anche
da parte di chi è deputato a funzioni di assistenza, tende spesso a metterne in
evidenza la parte deficitaria e malata, generando un rapporto poco paritario e
di necessità, causa di frustrazione e di risentimento. Basti pensare al
disinvolto uso del " tu " da parte del personale medico e alla
eccessiva, dolorosa familiarità e disinvoltura con la quale vengono affrontate
situazioni e tematiche emotivamente coinvolgenti, riguardanti il rispetto del
proprio corpo, dell'intimità o dei propri segreti.
È possibile riscontrare un’analogia straordinaria
nell'atteggiamento abitualmente mantenuto nei confronti dei soggetti disabili o
dei pazienti psichiatrici e comprendiamo, quindi, come il ricovero per una
causa “x” venga spesso vissuto e, di conseguenza rifiutato, come un esproprio
totale della propria vita e della propria capacità decisionale, perdendo in
maniera non reversibile la possibilità di autodeterminarsi e decidere rispetto
al proprio codificato sistema di valori.
Risulta fondamentale, per
la serenità dell’anziano, la creazione di uno spazio di “relazione”, formato
dall’insieme delle persone che sono significativamente legate da vincoli
affettivi.
Lo sviluppo di questo “spazio” può avere riscontro anche nel
modo in cui viene progettato lo spazio abitativo, favorendo criteri mediante il
quale il territorio individuale e il territorio di gruppo trovano il modo di
incontrarsi e separarsi armonicamente.
La dimensione “pubblica” della condizione anziana diventa di
grande importanza, poiché fino ad alcuni anni fa era unicamente collegata a
interventi assistenziali.
La vecchiaia è tempo che passa, anzi che è passato, oppure
tempo che manca, oppure è tempo perduto nel senso di non partecipato o
ricordato, quasi non vissuto, ma è anche tempo scandito, determinato, rigido in
certe organizzazioni di vita istituzionali.
Il tempo è tuttavia anche una delle possibilità della
vecchiaia, tempo per riposare e per ricordare, per meditare, tempo per
insegnare, per testimoniare, quindi non solo tempo come perdita, malinconia ed
oblio, ma come ricchezza, potenzialità e sviluppo.
Pensare, o meglio ripensare al tempo ed allo spazio nella
senilità, consente di scoprire e di riappropriarsi di forme e dimensioni di
vita in altro modo inevitabilmente perdute, necessarie e feconde anche per chi
si occupa di terapia ed assistenza alla persona anziana.
Consentire alla persona anziana di mantenere le proprie residue
capacità decisionali, permetterà anche a chi se ne prende cura di non vivere in
maniera totalizzante, onnipotente ed alla lunga eccessivamente gravosa, il
rapporto con la persona anziana e con il suo bisogno di cura.
L'incontro con problematiche tanto complesse e coinvolgenti,
quali quelle connesse all'invecchiamento richiede grande sensibilità, ma anche
la consapevolezza di operare tenendo profondamente conto delle esigenze e delle
progettualità dell'altro, anche quando queste paiano poco condivisibili,
adoperando empatia e rispetto ed arrogandosi il meno possibile decisioni gravi,
qualche volta in grado di sconvolgere la vita degli individui.
Centro di Psicoterapia Familiare
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