Madri leonesse e difficoltà dei padri ad entrare nel proprio ruolo
Il pater familias ha rappresentato per secoli la funzione del padre
all'interno della famiglia. In una rigida ripartizione di funzioni con il ruolo
materno, preposto all'educazione più che alla cura dei figli, il padre ha
rappresentato in seno alla famiglia la legge e l'ordine, la continuità della
tradizione ed ha avviato la prole alla vita sociale.
La figura paterna, che rompe il
sodalizio madre-bambino, ha la funzione di distogliere il bambino da un vissuto
di totale e continua disponibilità della figura
materna.
Se la fusione madre-bambino si protrae nel tempo il padre ne è escluso o
si auto-esclude, il rapporto di coppia ne risente creando un vuoto in cui il
bambino si annida con il consenso della madre e la complicità del padre (figli
che dormono nel lettone e padri sul divano che rinunciano al proprio ruolo di
partner e alla propria funzione di oggetto-separatore).
Nell’affermare questo ruolo paterno molto
incide l’atteggiamento della madre, ovvero la sua disponibilità ad
includere il partner nel dialogo esistente tra lei ed il bambino, di citarlo,
di ricordarlo e riconoscerlo come presenza significativa ed autorevole.
Diventa importante, inoltre, che la madre presenti un'immagine forte e degna
di stima del padre in quanto per il bambino questo rappresenterà un elemento di
grande importanza per la formazione del senso di sicurezza nelle proprie
capacità e di autostima. L’essere amati, compresi, guidati da qualcuno che si
reputa di valore ha un impatto più positivo sullo sviluppo dell’identità del bambino
rispetto al crescere con un’immagine di un genitore che sia stato ripetutamente
svalutato e ridicolizzato dall’altro.
Già durante la gravidanza egli è chiamato a svolgere una funzione
contenitiva, condividendo con la sua compagna le ansie e le preoccupazioni che
le trasformazioni corporee della gestazione possono generare, così come sarà
chiamato, alla nascita del figlio, a svolgere una funzione protettiva per la
delicata esperienza della coppia madre-bambino. L’idea tradizionale di padre
può influire negativamente in questa fase creando distanza.
L'intimo avvicinamento dei padri all'esperienza della maternità può, da un
lato far emergere sentimenti più
espliciti di tenerezza e condivisione, dall’altro può far affiorare un naturale
senso di esclusione, se non di gelosia o di invidia, sentimenti a cui è spesso
difficile dare una collocazione.
Dal punto di vista femminile l’aiuto paterno, seppur sollecitato, viene in determinati casi vissuto come un’invasione di campo. È una reazione abbastanza comune dopo il parto che se esasperata può trasformarsi in quella che è stata definita “la sindrome della leonessa”.
Dal punto di vista femminile l’aiuto paterno, seppur sollecitato, viene in determinati casi vissuto come un’invasione di campo. È una reazione abbastanza comune dopo il parto che se esasperata può trasformarsi in quella che è stata definita “la sindrome della leonessa”.
La sindrome della leonessa
è una distorsione della percezione delle cose e degli avvenimenti che
circondano una mamma e la fanno diventare ossessivamente gelosa come una
leonessa con i suoi cuccioli. Il paragone con la leonessa viene proprio dal
modo in cui questo animale vive il rapporto con la propria prole: estremamente possessiva e protettiva, anche a
costo della vita. La gelosia nei conforti di un neonato è
normale, ma in alcuni casi può diventare patologica e causare nella madre un
irrefrenabile istinto a tenerlo tutto per sé, nascondendolo dagli altri.
A volte la gelosia è così forte da considerare pericoloso addirittura il
partner.
In una situazione simile si giunge rapidamente a un tracollo dell’equilibrio di coppia, perché l’arrivo di un bambino, benché evento stupendo per entrambi i genitori, porta comunque a una destabilizzazione iniziale, a causa dello sconvolgimento delle abitudini quotidiane e dell’inizio di grandi responsabilità da assumere.
In una situazione simile si giunge rapidamente a un tracollo dell’equilibrio di coppia, perché l’arrivo di un bambino, benché evento stupendo per entrambi i genitori, porta comunque a una destabilizzazione iniziale, a causa dello sconvolgimento delle abitudini quotidiane e dell’inizio di grandi responsabilità da assumere.
Mentre alcune madri si rendono conto del loro
atteggiamento esageratamente protettivo e geloso nei confronti del proprio figlio, altre tendono invece a esacerbarlo, convinte di agire nel modo
corretto e giudicano invasivi e inopportuni i consigli da parte di parenti ed
amici.
Le donne che vivono la sindrome della leonessa si pongono quindi in fase di difesa, pronte ad aggredire chiunque attacchi il loro cucciolo, anche se la “minaccia” dovesse provenire dal padre.
Le giustificazioni che le stesse donne danno del loro comportamento, denotano un totale distaccamento dalla realtà: hanno, infatti, paura che i propri figli possano essere contagiati da batteri e malattie portate da parenti o amici che potrebbero avere le mani sporche e toccano il bambino; temono che il neonato possa trovarsi a disagio tra le braccia di qualcun altro e che l’unico posto sicuro sia restare nel grembo materno; sono gelose delle troppe attenzioni da parte di terzi intenzionati ad “usurpare” l’affetto materno.
Le donne che vivono la sindrome della leonessa si pongono quindi in fase di difesa, pronte ad aggredire chiunque attacchi il loro cucciolo, anche se la “minaccia” dovesse provenire dal padre.
Le giustificazioni che le stesse donne danno del loro comportamento, denotano un totale distaccamento dalla realtà: hanno, infatti, paura che i propri figli possano essere contagiati da batteri e malattie portate da parenti o amici che potrebbero avere le mani sporche e toccano il bambino; temono che il neonato possa trovarsi a disagio tra le braccia di qualcun altro e che l’unico posto sicuro sia restare nel grembo materno; sono gelose delle troppe attenzioni da parte di terzi intenzionati ad “usurpare” l’affetto materno.
La rabbia che si genera verso gli
altri, la gelosia patologica e l’ansia che coglie una madre affetta
dalla sindrome della leonessa vanno oltre il semplice istinto materno di
difesa.
Il marito, o compagno, di una donna affetta da sindrome della leonessa, dovrebbe cercare una comunicazione diretta, rassicurante, protettiva, con lei, la cui morbosità è probabilmente dovuta ad una insicurezza di fondo, legata alla nostalgia della gravidanza e al momento di felicità, gioia e aspettative vissute in quella circostanza.
Il marito, o compagno, di una donna affetta da sindrome della leonessa, dovrebbe cercare una comunicazione diretta, rassicurante, protettiva, con lei, la cui morbosità è probabilmente dovuta ad una insicurezza di fondo, legata alla nostalgia della gravidanza e al momento di felicità, gioia e aspettative vissute in quella circostanza.
Il sentimento predominante nel padre è il sentirsi escluso: esclusione sia
dal rapporto madre-figlio
che dalla coppia coniugale, il quale viene messo a dura prova dalla lotta
per ritrovare una nuova intimità.
Laddove c’è una leonessa escludente, però,
spesso c’è un leone che non riesce a reinserirsi nel nuovo menage. Questo accade perché avviene uno spostamento del
focus di attenzione che mette l’uomo in crisi rispetto alla sua importanza per
la compagna. Se i sentimenti di inadeguatezza che si vengono a formare sono
supportati da una personalità insicura del nuovo padre, o da un esempio
maschile altrettanto esitante vissuto nella propria famiglia d’origine, le
difficoltà a ritrovare la propria collocazione saranno maggiori.
Per i papà, i cambiamenti dettati dall’arrivo di un figlio sono più
faticosi e difficili da accettare in quanto, a differenza di una donna, ha una
minore possibilità di prepararsi adeguatamente a livello emotivo alla nascita
del bambino, perché non vivono sulla propria pelle la gravidanza. La preparazione c’è, ma è sempre ideale e non
concreta come il sentire il bimbo nella propria pancia. Inoltre la maggior
parte delle donne hanno la possibilità di allattare al seno e questo aiuta le mamme a creare rapidamente un
legame emotivo e fisico con il piccolo, mentre i padri possono contribuire
soltanto artificialmente.
Rimane, dunque, di fondamentale importanza che il papà instauri fin da
subito un legame con il proprio figlio. Per fare questo è importante anche
dedicarsi semplicemente al cambio di un
pannolino o ad una passeggiata con la carrozzina.
Costruire un rapporto personale con il
proprio figlio, fin dai primi vagiti, aiuta i papà a non sentirsi esclusi da
questo nuovo menage familiare e la
collaborazione della mamma è essenziale. E’ necessario dare importanza alla coppia, parlarsi e non dimenticarsi
che è la coppia ad aver scelto di avere un figlio ed è la coppia il fondamento
basilare di una famiglia.
Riuscire a passare del tempo insieme, nonostante la stanchezza, e
recuperare un minimo di intimità aiuta i neo genitori a non sentirsi esclusi
dal rapporto di coppia. La
serenità emotiva, fisica e sessuale dei genitori è alla base della serenità del
nuovo arrivato.
Il padre non è semplicemente la luce che illumina la diade madre-bambino
ma è, assieme a loro, l'essenza di un quadro in cui ogni singola parte ha senso
solo in relazione alle altre.
Dott.ssa Teresa Giuzio
Teresa
Giuzio è Dottoressa in Psicologia, laureata presso l’Università “G. D.’Annunzio”
di Chieti. Svolge il tirocinio formativo presso la Obiettivo Famiglia Onlus di
Pescara.
Centro di Psicoterapia Familiare
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