ANSIA E SIGNIFICATI PER IL PRIMO GIORNO DI
SCUOLA
Asilo e scuola sono iniziati e il primo giorno è uno di quei momenti che non si scordano più, sia per il bambino sia per i
genitori, i quali con grande emozione accompagnano il piccolo in un nuovo mondo
tutto da scoprire.
Il primo giorno di scuola è per tutti un momento indimenticabile,
caratterizzato da paure e timori, molti genitori immortalano questo momento con
una bella fotografia nella quale non è assicurato di certo un sorriso smagliate
del bimbo.
Affrontare il primo giorno in classe lontano dalla famiglia
può creare non pochi problemi che assumono l’aspetto dell’ansia. L’entrata nel
mondo della scuola segna il momento del nascere dei primi cenni di autonomia.
È il primo distacco e può essere percepito dalle mamme con
uno "strappo" affettivo, che può condizionare anche il bambino.
Molti genitori però vivono il primo periodo, quello
dell’inserimento, con un po’ di preoccupazione: il bambino si troverà bene?
Piangerà? Soffrirà per il distacco?
Spesso è proprio la mamma ad affrontare con difficoltà la
separazione, in effetti in ogni mamma, insieme alla gioia di vedere crescere il
proprio bambino, c’è anche il desiderio che rimanga piccolo, dipendente da lei.
Sono sentimenti normali, quello che conta è fare in modo che si trasformino,
anche per lei, in un momento di crescita.
E’ quasi inevitabile che il bambino pianga al momento del
distacco. Anzi, il pianto è un modo per scaricare la tensione. Al momento dei
saluti è liberatorio e non deve preoccupare, anche perché nella maggior parte
dei casi finisce in fretta. Capita invece che al bambino venga il magone nel
corso della mattinata, perché gli viene in mente la mamma oppure è
disorientato. In questi casi può aver bisogno di un po’ di tempo in più per
ambientarsi e l’inserimento può richiedere una durata superiore,la scuola
materna è una palestra importante.
Il bambino, forse per la prima volta, non ha l’adulto tutto
per sé, deve imparare a dividere le attenzioni della maestra con gli altri, a
seguire nuove regole, a stare nel gruppo, ad aspettare il suo turno per
utilizzare i giochi. E’ un grande cambiamento nella sua vita.
Ci sono bambini che hanno reazioni inaspettate. Alcuni
diventano all’improvviso prepotenti, altri molto timidi. Alcuni regrediscono e
ad esempio tornano a farsi la pipì addosso.
Ma queste diverse reazioni dei bimbi a cosa sono dovute?
Probabilmente sono correlate ai diversi stili di
attaccamento che si sono instaurati con la figura materna.
Il concetto di attaccamento fu introdotto nel 1958 da John
Bowlby, per indicare il legame biologico ed emotivo che caratterizza le
relazioni tra madre e bambino nei primi tempi di vita.
L’autore inglese lo definisce come un intenso legame che un
essere umano vive precocemente e reciprocamente con un altro essere, in modo
specifico e durevole, a scopo adattivo.
La teoria dell’attaccamento nasce con un esplicito interesse
verso i primi anni di vita dell’essere umano. Bolwby sosteneva che
“l’attaccamento è parte integrante del comportamento umano dalla culla alla
tomba”.
L’attaccamento viene concepito come una predisposizione
dell’organismo che si esprime attraverso comportamenti di ricerca di contatto fisico
(aggrapparsi, seguire ecc.) o in segnali atti a suscitare questo contatto
(pianto, sorriso, sguardo, richiamo ecc.).
Come si definisce una relazione di attaccamento?
Fondamentale risulta la presenza di tre caratteristiche:
- - ricerca di vicinanza a una figura
preferita;
- - l’effetto “base sicura”;
- - la protesta per la separazione.
Nei primi diciotto mesi di vita il bambino instaura con la
persona che si prende cura di lui uno schema di comportamento che esprime il
suo bisogno di attaccamento. Se la figura che si occupa del bambino è costante,
il piccolo costruisce via via uno schema interno di essa che, verso i quattro cinque
mesi, è abbastanza differenziata da fargli rifiutare altre figure
sostitutive.Quando però le cure sono suddivise tra più persone e non provengono
da una figura privilegiata, il piccolo si lascia curare anche da queste altre
persone poiché gli sono diventate familiari.
Secondo Bowlby, nessuna variabile ha sullo sviluppo della
personalità effetti di maggiore portata delle esperienze fatte da bambini in
famiglia. A partire dai primi mesi nei suoi rapporti con la figura materna,
proseguendo poi negli anni dell' infanzia e dell'adolescenza nei suoi rapporti con
entrambi i genitori, il bambino si costruisce modelli operativi del modo in cui
le figure di attaccamento si potranno comportare nei suoi riguardi in
situazioni diverse, e su tali modelli sono basate tutte le sue aspettative, e
pertanto tutti i suoi programmi per il resto della vita.
La tendenza del bambino a reagire con paura di fronte a
situazioni allarmanti, dipende da quanto percepisce disponibili le sue figure
di attaccamento.
John Bowlby distingue due variabili:
·
Fin dai primissimi mesi la presenza o
l'assenza reale di una figura di attaccamento è fondamentale nel determinare se
una persona è o non è allarmata in una qualsiasi situazione potenzialmente
pericolosa;
·
La presenza Fiducia o sfiducia nel
fatto che la figura di attaccamento sarà disponibile, pur non essendo realmente
presente, lo renderà capace di rispondere in modo adeguato in qualsiasi
situazione di bisogno.
Più l'individuo è giovane, più ha importanza la prima
variabile e fino ai tre anni questa è una variabile dominante, successivamente
diventeranno sempre più importanti le previsioni di disponibilità (dopo la pubertà queste diventano le
variabili dominanti).
Anche se i modelli operativi possono subire delle
modificazioni, ad esempio quando il bambino dovrà confrontarsi con nuove
relazioni, quelli che sono stati costruiti nell’infanzia sono particolarmente
persistenti e le tracce dei precedenti adattamenti vengono conservate.
Mary Ainsworth, collaboratrice di Bowlby e co-fondatrice
della teoria dell’attaccamento, ha effettuato numerose ricerche sulle tipologie
di relazioni che si instaurano tra madre e bambino nei suoi primi anni di vita,
definendo varie tipologie di attaccamento che si vengono a sviluppare.
Tali ricerche hanno confermato che la sensibilità e la
reattività del genitore agli stati emotivi del bambino è determinante per il
modo in cui egli impara a regolare gli affetti e ad entrare in relazione con
gli altri. Un buon attaccamento quindi favorisce l’autonomia, ossia
l’elaborazione dell’equilibrio tra attaccamento e separazione.
La mancanza di autonomia, invece, determina dipendenza, uno
stato psicologico di passività che non facilita la costruzione dell’identità
del bambino.
Il momento dell’ingresso a scuola è un momento molto
particolare e delicato in cui il bambino, i suoi genitori e il corpo docente
devono affidarsi l’uno l’altro.
È importante creare le condizioni affinché la famiglia si
senta supportata, ascoltata e accetti di condividere questo percorso educativo
con persone “estranee”.
La relazione di fiducia tra genitori e insegnanti, ad
esempio, pone le basi per un’esperienza molto importante per la formazione
della personalità del bambino. Bisogna inoltre tener sempre presente il fatto
che ogni bambino ha un tempo individuale per fare ogni cosa e ha bisogno che il
suo tempo sia rispettato.
Quindi è molto prevedibile che il primo giorno di scuola e
la separazione dalla mamma possano rappresentare per il bambino un’esperienza
angosciante, ma al tempo stesso se si fiderà della madre potrà anche tollerare
la sua assenza fino al momento in cui il bambino sentirà di “appartenere” al
nuovo ambiente.
È auspicabile osservare sempre un attaccamento sicuro, ma
laddove questo non vi sia, l’educatore dovrà “lavorare”, assieme al gruppo
educativo, per sensibilizzare la famiglia, comprenderla, sostenerla invece di
colpevolizzarla, e questo affinché essa divenga la base affettiva da cui il
bambino possa partire per sviluppare la sua autonomia.
Il bambino dopo aver creato una relazione di fiducia con la
maestra/e sarà in grado di esplorare in modo attivo l’ambiente e creare nuove
relazioni con i coetanei e con gli altri adulti.
Alcune scuole prevedono l’inserimento in piccoli gruppi in
quanto il gruppo facilita la condivisione dell’esperienza e la tolleranza delle
ansie, delle paure per il genitore e dell’angoscia da separazione per i
bambini. In questi modo gli “altri” diventano uno specchio dei propri
sentimenti che in quanto comuni sono più facili da accettare.
Personalmente ritengo fondamentale il ruolo della maestra,
che preferisco chiamare educatrice,perché può rappresentare un valido sostegno
del bambino e della sua famiglia soprattutto nella fase di ingresso, quindi una
persona speciale, con cui rapportarsi in modo concreto e immediato e che
potrà accompagnarli durante tutto il
percorso.
Sarà questa persona speciale che guiderà il bambino nei
momenti di routine, contenendo le sue emozioni in modo stabile e prevedibile,
quindi in modo piacevole e rassicurante renderà partecipe i genitori del
percorso del bambino, delle sue modalità relazionali e comunicative e ciò
consentirà di affiancarsi a loro nel processo educativo.
Dott. Gianfranco De Leonardis
Gianfranco De Leonardis è Dottore in Psicologia, laureato presso l’Università “G. D.’Annunzio” di Chieti. Svolge il tirocinio formativo presso la Obiettivo Famiglia Onlus di Pescara.
Centro di Psicoterapia Familiare
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