Dentro e fuori dalla catastrofe
La Psicologia dell'Emergenza è un settore della
Psicologia nato in Italia nell'ottobre del 1997, quando il Consiglio Nazionale
dell'Ordine degli Psicologi attiva - nello stesso anno - l'intera comunità
degli Psicologi italiani a seguito del terremoto Umbria-Marche.
Nata
dalla Psichiatria d'Urgenza, dalla Psicologia Militare e dal Disaster Mental Health, la
Psicologia dell'Emergenza si è progressivamente sviluppata fino a diventare una
vera e propria disciplina con caratteristiche proprie.
Essa
si occupa degli interventi
clinici e sociali in situazioni di calamità.
Si rivolge a popolazioni e a singoli individui che hanno dovuto subire un
evento traumatico originato da cause naturali (terremoti...) e/o dall'uomo
(guerre...).
La
finalità che consegue tale branca è il recupero
della normalità delle
popolazioni colpite o esposte all'evento traumatico, per aiutarle a
riacquistare la capacità di gestire le proprie difficoltà, anche facendo
ricorso a servizi psicologici predisposti.
Tra
gli ambiti di lavoro dello Psicologo vi è quindi anche quello delle Emergenze,
ne diviene operatore - con ruoli e mansioni proprie - a fianco e/o come supporto delle Forze dell'Ordine, della
Protezione Civile, degli Operatori del pronto soccorso, dei Volontari...
Tutti
gli Operatori - Psicologo compreso - quando vengono chiamati a prestare aiuto
devono mettere in atto azioni al fine di migliorare una situazione difficile o
alleggerire il peso di un dramma.
Pensiamo al terremoto dell'Abruzzo.
Subito
dopo l'evento c'è stato bisogno di allestire un campo base, la segreteria, la
mensa... e di rispondere alle continue domande che venivano poste in relazione
a:
·
quando sarebbero arrivate le nuove case,
·
quale sarebbe stato il funzionamento della vita di campo,
·
a chi rivolgersi in caso di bisogno,
·
se potevano esserci persone ancora incastrate nelle proprie
abitazioni...
Ci
sono anche situazioni
difficili in cui i superstiti
chiedono dove siano finiti i familiari che, magari, durante una scossa erano in
casa.
Immaginiamo
oppure un incidente stradale che ha causato la morte di un ragazzo.
Come dirlo ai familiari? Come provocare il meno possibile dolore? Che parole
utilizzare?
È
qui che la figura dello Psicologo diviene indispensabile, poiché si occupa direttamente sia delle persone colpite sia degli
altri Operatori che spesso
non hanno la formazione adeguata per far fronte a situazioni difficili da
gestire e - pur essendo estremamente competenti nello specifico del loro lavoro
- possono avere difficoltà in tutti quei casi in cui è necessario saper
comunicare bene e relazionarsi con molta delicatezza.
Allo
stesso modo possono essere aiutati dallo Psicologo a gestire la propria
emotività e lo stress che situazioni del genere inevitabilmente comportano.
Riassumendo,
lo Psicologo opera:
·
Prima -
pianificazione degli interventi, gestione e sviluppo della formazione del
personale di soccorso.
·
Durante - organizzazione della rotazione del personale,
supporto alle vittime.
·
Dopo l'emergenza -
supporto psicologico.
Si
pone l'obiettivo di salvaguardare e, in alcuni casi, ripristinare l'equilibrio psichico
delle vittime e dei soccorritori che
abbiano vissuto eventi traumatici, di riorganizzare il tessuto sociale e
facilitare il recupero della sicurezza collettiva.
Il
raggiungimento di tali scopi avviene attraverso lo studio, la prevenzione e il
trattamento dei fenomeni psichici e sociali determinati da un evento traumatico
in soggetti o nella comunità.
La formazione del personale di soccorso
Rispetto
alle aree in cui opera lo Psicologo, in questo articolo tratteremo la
formazione degli operatori dell'Emergenza, di cui ho avuto esperienza diretta.
Lo
Psicologo può formare operatori che lavorano in ambiti diversi.
Pensate ad esempio a chi interviene in un terremoto o a chi presta servizio nel
soccorso stradale e deve poi comunicare il decesso delle persone coinvolte ai
familiari, o ancora a chi deve placare risse, crisi, pianti...
In
ognuna delle situazioni citate l'operatore deve possedere doti comunicative di un certo tipo, deve anche saper
contenere e gestire situazioni
complesse e delicate.
La
formazione quindi è
importante per tutte quelle figure professionali che si trovano a gestire
situazioni particolari. A tal proposito la formazione degli operatori
dell'emergenza risulta di fondamentale importanza.
Come
dicevamo nel paragrafo precedente, essi sono competenti nelle abilità che
riguardano la loro professionalità (pensiamo agli operatori che devono
allestire un campo base dopo un evento calamitoso, il dover sistemare tende,
etc.), ma a volte hanno difficoltà nel rapportarsi con le persone vittime di un
evento calamitoso, come per esempio un terremoto.
A
mio parere, una metodologia che risulta essere efficace è quella
che prevede la mescolanza di teoria
e pratica durante gli
incontri di gruppo. Non lezioni accademiche a un pubblico silenzioso e attento,
ma lezioni che prevedano un coinvolgimento da parte dei partecipanti.
Questa
metodologia, infatti, permette di offrire uno spazio volto alla discussione e
all'elaborazione, promuovendo uno scambio di esperienze e una crescita
professionale.
Ritengo utile inoltre, durante la formazione, porre uno sguardo particolare
rivolto agliaspetti emotivi degli operatori, che sono quelli che spesso
arrivano prima al cuore di chi è in una situazione particolare.
La
formazione dovrebbe essere strutturata in due parti:
1.
la prima relativa alle nozioni teoriche del tema che si andrà ad
affrontare nel corso,
2.
la seconda parte deve essere più pratica e aperta allo scambio
attraverso role playing,
esercitazioni, lavori di gruppo.
Durante
la formazione anche l'attenzione a piccole cose è fondamentale, come la
disposizione delle sedie dei partecipanti in forma circolare in modo tale da
potersi guardare l'un l'altro.
Una
volta fissate le regole
principali, che lo
Psicologo cercherà sempre di
far rispettare - come "parlare
uno alla volta" e "alzare la mano per prendere
la parola" - in base
all'argomento della formazione darà
degli input, per esempio:
·
"Emozioni provate prima della partenza"
·
"Rapporti con la cittadinanza"
·
"Comunicazione del decesso"...
Quando
un operatore porta la sua esperienza o un comportamento non consono con la
situazione vissuta, è molto importante non "puntare
il dito" su di lui (e
questo dovrebbe essere evitato anche da parte degli altri partecipanti). È bene
invece cercare di chiarire quale sarebbe stata la pratica migliore fornendo
una spiegazione, e sostenendo comunque la persona per l'azione compiuta.
Gli aspetti positivi dati da una modalità
"aperta" - più simile a una discussione che a una lezione accademica
- sono una maggior partecipazione, coinvolgimento, condivisione di esperienze e
scambio di consigli da parte dei partecipanti stessi. Ne vedremo un esempio nel
prossimo paragrafo.
Tra
gli aspetti negativi possono esservi il farsi travolgere
eccessivamente dalle emozioni da parte dei partecipanti, facilitazione della
critica dell'operato degli altri, possibilità che l'uno tolga spazio di parola
all'altro.
Centro di Psicoterapia Familiare
Fonte: humantrainer.com
Per maggiori info: SIPEM MARCHE
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