Sintomatologia e valutazione del rischio
La PND oggi è convenzionalmente
riconosciuta a livello scientifico in base ai sistemi di classificazione
diagnostica DSM-IV e ICD-10. Il DSM-IV
include la voce “post partum” nella sezione “specificazione per la descrizione
del più recente episodio di alterazione dell’umore” dove infatti è contemplata
la voce “ con esordio nel post partum” entro le prima quattro settimane dopo il
parto, sottolineando che i sintomi non sono diversi da quelli dell’alterazione
del tono dell’umore al di fuori di questo periodo.
I sintomi maggiormente frequenti negli
episodi depressivi che si manifestano nel post partum, benchè non siano specifici
per essi, sono: fluttuazione dell’umore, caratterizzate da un rapido alternarsi
del tono dell’umore con sintomi di tristezza, svogliatezza, pianto, caduta
della concentrazione; preoccupazione eccessiva per il benessere del bambino:
l’intensità di queste preoccupazioni può variare dall’iper-coinvolgimento fino
a veri e propri deliri.
La presenza di gravi ruminazioni
mentali e pensieri deliranti relativi al neonato si associa ad un rischio
particolarmente elevato di danneggiare fisicamente ed emotivamente il bambino.
L’infanticidio è spesso associato ad
episodi depressivi psicotici che si verificano nel post partum, caratterizzati
da allucinazioni che ordinano alla donna di uccidere il figlio o da deliri di
possessione demoniaca del neonato. L’uccisione del bambino può anche
verificarsi duranti gravi episodi di alterazione dell’umore post partum, privi
di deliri e di allucinazioni specifici.
Riconoscere e diagnosticare
precocemente la PND risulta spesso difficile soprattutto per la natura
mascherata ed ambigua dei primi sintomi. I primi segni depressivi si
manifestano, appunto, in modo subdolo e la forma mascherata iniziale può
evolversi in modo silente per lungo tempo. Si può assistere, nei primi mesi, ad
una depressione “sorridente”.
In altri casi, la madre depressa tende
a vivere in modo ritirato con il suo bambino e fatica a riconoscere ed
ammettere il suo stato di sofferenza. Uno dei motivi che impediscono alla madre
di cercare aiuto sembra essere l’immaginario popolare che trasmette un quadro idilliaco
di felicità entro il quale bisognerebbe
trovare istintivamente i gesti dell’efficacia materna.
La sintomatologia della PND appare in
modo conclamato tra le 8 e le 12 settimane dopo il parto. In ogni madre si può
manifestare una diversa costellazione di sintomi, che variano in base alle
caratteristiche individuali, psicosociali ed ambientali. I sintomi più
frequenti sono:
·
Umore
depresso e tristezza;
·
Disinteresse
in varie attività;
·
Affaticamento e mancanza di energia;
·
Agitazione
o rallentamento psicomotorio;
·
Pianto
persistente ed immotivato;
·
Bassa
autostima;
·
Sensi di
colpa ed auto biasimo;
·
Pensieri di
morte, ideazioni suicidarie;
·
Ansia;
·
Irritabilità;
·
Pessimismo;
·
Ruminazione
ossessiva;
·
Senso di
solitudine;
·
Scarsa
capacità di concentrazione;
·
Difficoltà
nel prendere decisioni;
·
Difficoltà
di memoria;
·
Disturbi
del sonno;
·
Disturbi
dell’appetito;
·
Disturbi
della sfera sessuale;
·
Melanconia.
I fattori di rischio della PND,
schematicamente, sono rappresentati da:
·
Un basso
status socioeconomico;
·
Fattori
biologici dati soprattutto dai cambiamenti dei tassi di alcuni ormoni nei primi
giorni dopo il parto ( come il progesterone);
·
Fattori
ostetrici-ginecologici: vari studi hanno indagato le possibili associazioni tra
aspetti legati alla storia della gravidanza e del parto e la comparsa della
PND;
·
Fattori
psicosociali come gli eventi di vita stressanti o negativi recenti nel corso
della gravidanza; le difficoltà nel rapporto di coppia; la cattiva qualità
della relazione con il partner; lo scarso sostegno sociale.
Anche alcuni fattori psicologici
possono avere un ruolo nell’aumentar il rischio di sviluppo della PND, come:
·
La storia
personale o familiare di disturbi psichiatrici;
·
La
depressione e l’ansia durante la gravidanza;
·
La
maternity blues;
·
Fattori di
personalità;
·
Il
temperamento difficile del bambino.
La depressione produce nelle madri una
generale limitazione dell’espressione dell’affettività: tale predisposizione,
ricavabile dall’aspetto triste, teso, ansioso e talvolta irritato, si esprime
nella tendenza ad evitare il contatto fisico e visivo con il bambino, mediante
la messa in atto di atteggiamenti punitivi, oppure attraverso il mancato
coinvolgimento in attività comuni.
Le madri depresse si impegnano poco in
comportamenti di imitazione: appaiono generalmente ritirate o inibite, oppure
estremamente ipercontrollate ed intrusive. Inoltre, queste donne, incontrano
numerose difficoltà nell’interpretare correttamente i segnali inviati dal
bambino, non riuscendone a soddisfare le esigenze fisiologiche primari. Ad
esempio, durante l’allattamento, tendono ad evitare il contatto visivo con il
figlio, non riuscendo a comprendere adeguatamente i ritmi di suzione.
Anche il motherese, peculiare tipo i
linguaggio che le madri producono istintivamente nelle interazioni con i
bambini piccoli, è spesso influenzato negativamente dal disturbo depressivo.
La valutazione o assesment della PND è
di primaria importanza per promuovere un intervento precoce sulla donna, sulla
costruzione della relazione madre-figlio e sulla relazione di coppia.
L’assesment riguarda sia la possibilità di individuare, fin dalla gravidanza,
le donne a rischio, sia di individuare correttamente le donne che soffrono di
PND.
Gli strumenti maggiormente utilizzati
in ambito scientifico prevedono l’utilizzo di questionari di autovalutazione ed
interviste psichiatriche semistrutturate; i primi strumenti sono di screening e
danno informazioni sulla presenza della sintomatologia depressiva, mentre i
secondi consentono una diagnosi precisa di PND.
La valutazione della depressione post
natale non si rivela un’operazione facile; bisogna sempre tenere in
considerazione la difficoltà della donna stessa a riconoscere i segnali di
allarme di uno stato depressivo. Difficile risulta anche la prevenzione in quanto:
la comparsa del disturbo è legata alla compresenza di vari fattori di tipo
ereditario, ambientale, psicologico e sociale che rendono complessa
l’individuazione del disturbo e il suo riconoscimento può essere occultato
dalla natura ambigua dei primi sintomi.
Dott.ssa Valentina Mossa
Psicologa, laureata presso l'Università G. D'Annunzio di Chieti (CH), impegnata nel tirocinio formativo presso l'associazione Obiettivo Famiglia Onlus di Pescara (PE).
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