Cos'è la Depressione Post Partum
Negli
ultimi anni, anche grazie all’attenzione mediatica data a drammatiche vicende
di cronaca, il termine depressione post partum è entrato a far parte del
vocabolario degli italiani.
Le
conseguenze di tale depressione non coinvolgono solo la madre stessa ma la
diade madre-bambino, il rapporto con il partner e tutti i rapporti che ruotano
attorno alle figure genitoriali.
La
tempestiva valutazione e la prevenzione della depressione postnatale,
purtroppo, non risultano essere facile a causa della natura mascherata e
subdola dei primi sintomi che ne rendono difficile il riconoscimento da parte
della donna e dei suoi familiari e per questo, spesso, non vi è una richiesta
di aiuto.
Risulta
pertanto utile offrire alle madri un costante supporto da parte di operatori
competenti, come psicologi, ostetriche etc che devono collaborare tra di loro.
Se
questo sostegno alla maternità viene previsto dai piani sanitari inglesi,
olandesi, francesi e svedesi, in Italia, nonostante i molti disegni di legge,
risulta carente.
Per
poter parlare di depressione post partum è necessario parlare anche della
gravidanza e di come questa rappresenti non solo un periodo di crescita per le
future madri, ma un periodo di crisi, che le porterà a dover riorganizzare il
proprio assetto psicologico, la relazione con il proprio corpo e il rapporto,
non solo con il partner, ma con tutte le figure rappresentative per lei e per
il nascituro.
La
gravidanza diventa un momento cruciale dello sviluppo della donna a cui fa
seguito l’acquisizione di un livello di integrazione più maturo, caratterizzato
proprio dalla risoluzione dei precedenti conflitti infantili.
Si
è soliti considerare la gravidanze, specie la prima e la gravidanza nella sua
prima fase, come momento di crisi, intendendo per crisi l’insieme dei
cambiamenti che si verificano in concomitanza con alcuni eventi nodali della
vita.
Sotto
l’influenza di fattori biologici e psicologici, tra loro complementari ed
interattivi, si realizzano, in questo periodo, trasformazioni sostanziali
proprio rispetto ai fattori strutturanti l’organizzazione della personalità. La
gravidanza, pertanto, costituisce una fase critica della vita, nella quale lo
sviluppo psicologico è chiamato, in certa misura, a mutare direzione, il che
comporta una sorta di ripresa nella crescita individuale: si tratta,
conseguentemente, di una fase ricca di innumerevoli potenzialità evolutive, ma
nel contempo aperta a rischi da non sottovalutare.
Questo
periodo di crisi, dunque, assume una doppia valenza: da un lato di tipo
evolutivo e dall’altro di estrema vulnerabilità, con impliciti rischi di
distorsioni psicopatologiche essendo la donna soggetta ad una profonda
destrutturazione e successiva riorganizzazione del suo senso di identità, in
cui i cambiamenti prodotti dallo stato interessante possono essere vissuti come
delle minacce alla propria integrità.
Si
tratta quindi di un faticoso e lungo cammino, dove gli elementi simbiotici (essere
madre, la formazione dell’unità madre-bambino) e quelli di
individuazione-separazione (avere un bambino, immaginare il nascituro come
altro da sé), confermano alla donna l’integrità del proprio corpo contro delle
fantasie inconsce di deterioramento, dando l’avvio ad una relazione simmetrica
madre-bambino.
Dott.ssa Valentina Mossa
Psicologa, laureata presso l'Università G. D'Annunzio di Chieti (CH), impegnata nel tirocinio formativo presso l'associazione Obiettivo Famiglia Onlus di Pescara (PE).
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