Transessualismo e Adolescenza nel XXI secolo
Se dovessi definire il XXI secolo non
potrei trovare espressione migliore di "We Can"="Noi Possiamo".
Ma possiamo cosa???
Possiamo essere tutto ciò che vogliamo?
Possiamo reinventarci giorno dopo giorno, prendere tutti quei parametri
preconfezionati dalla società, come la nazionalità, lo stato civile, il
genere,e gettarli dalla finestra? Possiamo essere realmente uomini liberi?
È davvero difficile poter dare una
risposta a tutto, e forse un pò spaventa, ma confrontandomi con le persone ed
ascoltando le tante notizie che provengono dal mondo, una cosa ha attirato la
mia attenzione: com'è essere transessuale oggi?
Sembra talmente naturale per noi
classificarci come uomo o donna, che il più delle volte lo diamo per scontato,
non pensando che spesso qualcuno possa sentir opprimente l'essere rilegato in
questo bipolarismo.
Parole come transgender, queer, terzo
sesso, intersessualità, crossdressing invadono la TV e i giornali,
riecheggiano nelle nostre teste, e a volte ne ignoriamo il reale significato.
Sono Tutti termini che ci fanno sobbalzare o stranire, perchè ci mettono in
contatto con nuovi tipi di realtà per troppo tempo non riconosciute, ma
che esistono.
Ma proprio perchè siamo nell'epoca del
"Possibile", non si può più continuare a far finta di nulla, a non
vedere che l'uomo cambia, che è flessibile, che varia; c'è l'esigenza
impellente di conoscere e comprendere per rispettare l'altro e noi, per essere
d'aiuto, per essere realmente liberi.
IL DSM (Manuale Diagnostico e Statistico dei disturbi
mentali) ne parla in termini di DIG, disturbo dell'Identita' Di Genere, che
nasce da una mancata corrispondenza tra la percezione interiore della propria
identità di genere e il sesso biologico in cui si è nati, e che comporta una
forte sensazione di estraneità e di disagio.
La sofferenza della persona transessuale però, è
spesso dovuta non tanto alla propria condizione intrinseca, ma alle pressioni e
alle violenze che esercita sull’individuo una società come la nostra,
caratterizzata da un binarismo sessuale rigido e preconfezionato.
Inoltre, viene da chiedersi se è più o
meno giusto parlare di disturbo, o meglio quanto etichettare questo disagio non
accresca la tendenza a stigmatizzare e a considerare patologica qualunque
espressività identitaria che si discosti dal modello maschio-femmina?
Un aspetto essenziale di tale problematica
riguarda la giovane età in cui può comparire, infatti è proprio tra il primo
e il terzo anno di vita del bambino che
si instaura l’identità di genere.
Quindi già dall’età di due-tre anni si
potrebbe vivere un disagio rispetto la percezione di sé e la situazione si
aggrava fortemente nell’adolescenza, fase in cui i cambiamenti puberali
trasmettono al mondo un’immagine di sè in contrasto con il proprio sentire.
Dunque è importante intervenire nel modo
corretto per salvaguardare il benessere psicofisico di questi bambini e
adolescenti.
Ma in che consiste il modo corretto?
Delle risposte, da diverse parti del
mondo, cominciano ad emergere, come ad esempio il progetto di una clinica olandese dove si
"sospende" la pubertà degli adolescenti transgender.
Il VU
Medical Center, alla periferia di Amsterdam, ha sviluppato un metodo per la
presa in carico di teenager che presentano disforia di genere. Tale protocollo
prevede, per i ragazzi di 12 anni, l'uso di farmaci
appositi che bloccano la produzione degli ormoni sessuali e, dopo un periodo
che può arrivare al massimo a 4 anni, se viene confermata la diagnosi di
disforia di genere gli adolescenti sono reindirizzati, grazie a un’altra
terapia ormonale, verso la pubertà dell’altro sesso.
Quello
che per molti può essere vista come un'affrettare le cose o una manipolazione,
ha esattamente lo scopo opposto, ovvero la sospensione della pubertà serve
proprio per prendere tempo ed arrivare a una diagnosi accurata e a un’età in
cui si può fare una scelta consapevole, migliorando nel frattempo il benessere
psicologico degli adolescenti.
In Olanda, ogni piccolo paziente viene preso in carico
da un team multidisciplinare che deve accertare se soffra davvero di disforia
di genere, è previsto una servizio di
consulenza psicologica, che segue anche i genitori, figure essenziali in questo
percorso, anche loro con la propria sofferenzza ed i propri bisogni, primo tra
tutti prendersi cura dei propri figli. La sofferenza di chi presenta
disforia di genere, infatti, lascia tracce persistenti, provocando danni
concreti, questi ragazzi presentano tassi molto più alti della media di ansia,
depressione, pensieri suicidi e disturbi alimentari.
Ma
quali sono i reali vantaggi di tale procedura?
Gli
esperti di Amsterdam parlano di risultati
impressionanti sia psicologici che fisici:
-il
funzionamento psicologico migliora, gli adolescenti hanno meno problemi a
scuola, con i compagni, nel loro ambiente sociale, calano i pensieri suicidi,
l’ansia, i sintomi depressivi, in generale diminuisce la sofferenza
psicologica;
-da
un punto di vista fisico, se questi ragazzi e ragazze decideranno di cambiare
davvero sesso, potranno evitare in seguito interventi invasivi e dolorosi e
avranno un aspetto fisico molto più convincente nell’altro genere.
La
sospensione della pubertà può essere considerata come un aiuto ad affrontare
tutto questo in un periodo più calmo, senza lo stress e le pressioni del corpo
che cambia, inoltre va sottolineato il fatto che non è un intervento
irreversibile, in quanto è possibile tornare indietro senza che ci siano
conseguenze durature. Solo arrivati all'età di 16 anni, se si sentono pronti, i
pazienti possono iniziare ad assumere ormoni dell’altro sesso, mentre le
operazioni chirurgiche per la rettificazione del sesso, come la ricostruzione
genitale o la mastectomia, si possono intraprendere solo dopo i 18 anni.
Per
quanto riguarda il nostro Paese, la sola
richiesta di introdurre una tale procedura ha sollevato molteplici accuse ai
medici di voler sottoporre i bambini a
manipolazioni biologiche.
L'iniziativa qui presentata può suscitare non poche
perplessità, dubbi e controversie, ma sono dell'idea che questo
"protocollo" rappresenti un primo segnale che qualcosa comincia a
cambiare, è in ogni caso un passo
avanti, un modo di costruire un "ponte", di fornire un aiuto
concreto. Probabilmete se si iniziasse a cambiare prospettiva almeno in parte
la situazione cambierebbe, se l'obiettivo diventasse realmente quello di
prendersi cura e di supportare l'asolescente e la sua famiglia, si riuscirebbe
concretamente ad essere d'aiuto, a rendere il tuttto meno difficile, lento e
complicato.
Ci si chiede se i bambini siano in grado di poter
scegliere per loro stessi, ci si sente alle volte in colpa e responsabili del
problema, ma se guardiamo ed ascoltiamo questi bambini invece la cosa più
evidente è che per loro non c’è nulla di ambiguo o strano.
I
dubbi e le incertezze devono rappresentare il motore della crescita, non il
limite, e questo è possibile solo lavorando insieme su una adeguata
informazione e una forte sensibilizzazione che cominci dalle famiglie, dalle
scuole e da tutte quelle istituzioni che rivestono un ruolo essenziale nella
nostra quotidianeità.
Dovremmo
fermarci un momento e provare a chiederci se fosse facile alzarci una mattina,
guardarci allo speccho e non riconoscerci, ma soprattutto non essere
riconosciuti dal mondo esterno. Leggendo i vari articoli che circolano sul web
una frase di un ragazzo mi risuona in mente: "Per voi è facile: andate al
lavoro, litigate, vi ammalate, però siete sempre voi. Io ho un problema molto
più grande: mi sveglio la mattina, mi metto una maschera e dico: ok, andiamo a
recitare una parte”. Non si può rimanere
indifferenti e inermi di fronte a questa sofferenza, bisogna intervenire, anche
a piccoli passi, ad esempio riconoscendo i
segni di un probabile problema di identità di genere invece di banalizzarli,
lasciando liberi i bambini di esprimersi come più si sentono a loro agio e non
temendo di rivolgersi ad uno speacilista in grado di fornire un adeguato
supporto psicologico non solo al ragazzo, ma all'intero nucleo familiare.
Dott.ssa Valentina D'Alessio
Laureata in Psicologia e tirocinante presso la Obiettivo Famiglia Onlus di Pescara
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