La favola che spesso
il genitore legge al proprio figlio prima della “messa a letto” ha origini
molto lontane: si tratta di racconti tramandati per secoli e per intere generazioni
da narratori itineranti, esistenti ancor prima della nascita di Cristo, ed oggi
sostituiti dalle figure genitoriali, per lo più la madre, e/o dai nonni. Alla
narrazione è stato sempre attribuito un valore educativo di fondamentale
importanza, essendo l’unico strumento a disposizione delle civiltà per
divulgare la propria storia, le proprie tradizioni ed i propri miti. Non si
tratta di racconti esclusivamente di tipo storico: sono spesso delle storie
fantastiche che attraverso i loro personaggi e le loro avventure/disavventure
ripropongono le caratteristiche della personalità, i vizi e le virtù degli
uomini in un modo puramente fantastico, arricchendo così l’immaginario ed il
mondo interiore dei piccoli ascoltatori. Il bambino viene, così,trasportato in un mondo “altro”, diverso da
quello fisico quale la cameretta, ma dove ritrova le proprie difficoltà, i
propri ostacoli e le proprie risorse.
La narrazione non è solo
uno strumento educativo, è anche una modalità
comunicativa fra la madre/narratore ed il bambino/ascoltatore, una sorta di
canale attraverso cui trapassano le emozioni ed i sentimenti che caratterizzano
la loro relazione affettiva e nella quale non vi è un “altro” giudicante ma un
altro di cui il bambino può fidarsi ed affidarsi nel momento del bisogno. Tutto
ciò permette al genitore di conoscere meglio il proprio figlio, il suo modo di
pensare, di agire, i suoi bisogni più profondi.
Ogni favola inizia con il suo “… C’era una volta…”: i
personaggi, gli eventi, le difficoltà, le sconfitte e le vittorie iniziano a
prendere forma ed assumono le caratteristiche della realtà a cui il bambino
partecipa attraverso il dispiegarsi di quattro fasi che richiamano i quattro
tempi di una sinfonia. E’ nella creatività che il bambino riesce a trovare
“l’arma vincente” per far proprie le sue azioni, i suoi comportamenti: identificandosi
con i personaggi e le loro vicende, il
bambino acquisirà una maggiore stima in se stesso poiché anche lui, come il suo
eroe preferito, sarà capace di superare ogni ostacolo che incontrerà nel
suo percorso di crescita. D’altra parte, riconoscerà
in quegli stessi personaggi ed in quelle stesse vicende le proprie ansie, paure
ed angosce e tutto ciò che caratterizza la vita di quel personaggio è
esattamente ciò che vive il bambino.
La funzione principale di questi racconti, dunque, è quello di
colmare temporaneamente nel piccolo lettore quelle lacune derivanti dalle poche
esperienze vissute e permette al piccolo di meglio gestire il proprio mondo
emotivo, scisso fra tendenze cattive e tendenze buone, pensieri distruttivi e/o
aggressivi: il bambino deve riuscire ad accettare come propri e come
assolutamente normali questi sentimenti.
Così, ciò che il bambino ha appreso potrà essere utilizzato nella vita
quotidiana dinnanzi agli eventi negativi della vita.
Il bambino non vivrà mai una vita “tutta rosa e fiori”, come
vorrebbe e desidererebbe il genitore: egli deve imparare a destreggiarsi di
fronte agli ostacoli rispetto ai quali dovrà essere preparato. Identificandosi con il personaggio buono (l’eroe)
il bambino comprende che le difficoltà sono del tutto normali nel suo percorso
di crescita e che riuscirà a superarle. “..E vissero tutti felici e
contenti..”: non rappresenta soltanto il finale tanto atteso di quella storia
ma rassicura il bambino sul lieto fine della sua stessa vita. Inoltre, è molto
forte l’impulso morale che il bambino riceve dall’ascolto di questi racconti. Le fiabe fungono da esempio di “come va la
vita”: il bene che sconfigge ogni male, l’amore che prevale sull’odio e
tutto rappresenta la progressione del bambino nel suo percorso di crescita,
anticipando vissuti e favorendo lo sviluppo della personalità, del carattere e
dei loro valori. Anche il genitore che legge le favole riesce a
“semplificare” il suo ruolo educativo in quanto riesce ad impartire al proprio
figlio le giuste regole della vita senza usare l’imposizione.
Quali favole raccontare ai bambini e,
soprattutto, a che età??
Per
alcuni autori del XXI secolo, i racconti di favole erano ritenuti dannosi in
quanto “riempivano la testa dei bambini con nozioni confuse di eventi
meravigliosi e sovrannaturali”. Un tempo, questi racconti erano presentati ai
bambini come delle possibilità della vita reale. Non c’è un’età ideale per
raccontare le fiabe ai propri figli! Esse pongono il
bambino di fronte ai principali problemi umani (il bisogno di essere amati, la
sensazione di essere inadeguati, l’angoscia della separazione, la paura della
morte) “rendendoli semplicemente alla sua portata”.
E’
importante ascoltare i bisogni dei bambini: se la storia non gli interessa o lo
annoia vorrà dire che il tema affrontato in quella fiaba non è significativo
per il particolare momento della sua vita. Quando avrà preso tutto ciò che la
favola gli può offrire oppure i problemi sono stati superati, richiederà egli
stesso una seconda fiaba. E’ importante,
dunque, seguire l’interesse del bambino, non guidarlo: il genitore deve appassionarsi
alla storia raccontata come se fosse la favorita di entrambi e i pensieri del
bambino devono
essere ignoti così da esplicitarli attraverso la favola:
solo affrontando le sfide della vita
e superandole essi potranno arrivare alla propria indipendenza e realizzazione,
così come l’eroe ottiene il suo regno e la felicità dopo aver vinto le
battaglie che si presentano durante il cammino.
Dott.ssa Emma Avena
Laureata in
Psicologia presso l’Università “G. D’Annunzio” di Chieti e tirocinante presso
la Obiettivo Famiglia Onlus di Pescara
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