Voglio condividere con voi una riflessione su un tema più che mai di attualità e fonte di grandi controversie. Di seguito troverete una lettera inviata al Direttore del giornale web "la repubblica" di DAVIDE TANCREDI.
Si parla di omosessualità, di tolleranza, di comprensione di un modo di essere che fino a pochi anni fa veniva curato come una malattia. La parola ACCETTAZIONE è fondamentale per eliminare un'altra parola, cura, inutile quanto inaccettabile e deleteria.
In un comunicato stampa del 19 Luglio 2011 il Presidente del
Consiglio Nazionale dell'Ordine degli Psicologi,
dott. Giuseppe Luigi Palma, ha espresso la posizione ufficiale dell'Ordine
degli Psicologi in merito all'omofobia (cioè alle reazioni emozionali negative
nei confronti delle persone omosessuali) ed alle cosiddette terapie di
conversione e riparative (espressione generica che, in modo un pò
impreciso, accomuna i tentativi di modificare "terapeuticamente"
l'orientamento sessuale di un soggetto).
Il contenuto del comunicato non lascia spazio ad
interpretazioni; afferma nettamente che l'omosessualità non è una malattia da
curare, e che l'orientamento omosessuale non è da modificare.
Il comunicato prosegue affermando, in linea con quanto
sostenuto da anni dalla comunità scientifica internazionale, che:
1. affermare che
l'omosessualità si "curi" o che l'orientamento sessuale di una
persona si debba modificare è non solo scientificamente infondato, ma anche
socialmente pericoloso, in quanto alimenta lo stigma e la condanna sociale che,
secondo i modelli più accreditati, sarebbe alla base del rifiuto del proprio
orientamento omosessuale in molti soggetti ("omofobia
interiorizzata")
2. i tentativi di
"conversione" dell'orientamento sessuale non solo falliscono, ma sono
iatrogeni (cioè dannosi) per il soggetto
3. gli Psicologi non
derogano dal loro codice deontologico, e non si prestano a questi tentativi,
condotti molto spesso su base ideologico-religiosa o su modelli scientifici
ormai datati.
CARO direttore, questa lettera è, forse, la mia unica alternativa al suicidio.
Ciò che mi ha spinto a scrivere è la notizia di un gesto avvenuto nella
cattedrale parigina. Un uomo, un esponente di destra, si è tolto la vita in
modo eclatante sugli scalini della famosa chiesa per manifestare il proprio
disappunto contro la legge per i matrimoni gay deliberata dall'Assemblea
Nazionale francese.
Nonostante gli insegnamenti dalla morale
cristiana, io ritengo che il suicidio sia un gesto rispettabile: una persona
che arriva a privarsi del bene più prezioso in nome di una cosa in cui crede,
merita molta stima e riguardo; ma neppure questa considerazione riesce a
posizionare sotto una luce favorevole quello che mi appare come il gesto vano
di un folle. La vita degli altri continua anche dopo la fine della nostra.
Siamo destinati a scomparire, anche se abbiamo riscritto i libri di storia.
Morire per opporsi all'evolversi di una società che tenta di diventare più
civile è ottusità e evidente sopravvalutazione delle proprie forze.
Il Parlamento italiano riscontrando
l'epico passo del suo omologo d'oltralpe ha subito dichiarato di mettersi in
linea per i diritti di tutti. Una promessa ben più vana del gesto di un folle.
Tutti sappiamo come il nostro Paese sia l'ultimo della classe e che non ci
tenga ad apparire come il più progressista. Si accontenta di imitare o, peggio
ancora, finge di farlo. La cultura italiana rabbrividisce al pensiero che
due persone dello stesso sesso possano amarsi: perché è contro natura,
perché è contro i precetti religiosi o semplicemente perché è odio abbastanza
stupido da poter essere italiano. Spesso ci si dimentica che il riconoscimento
dei matrimoni omosessuali non significa necessariamente affidare a una coppia
"anormale" dei bambini ma permettere a due individui che si vogliono
bene di amarsi. In questo consiste il matrimonio, soprattutto nella mentalità
cattolica. E allora perché quest'ostinata battaglia?
Io sono gay, ho 17 anni e questa lettera è la mia ultima alternativa al suicidio in una società troglodita, in un mondo che non mi accetta sebbene io sia nato così. Il vero coraggio non è suicidarsi alla soglia degli ottanta anni ma sopravvivere all'adolescenza con un peso del genere, con la consapevolezza di non aver fatto nulla di sbagliato se non seguire i propri sentimenti, senza vizi o depravazioni. Non a tutti è data la fortuna di nascere eterosessuali. Se ci fosse un po' meno discriminazione e un po' più di commiserazione o carità cristiana, tutti coloro che odiano smetterebbero di farlo perché loro, per qualche sconosciuta e ingiusta volontà divina, sono stati fortunati. Io non chiedo che il Parlamento si decida a redigere una legge per i matrimoni gay - non sono così sconsiderato - chiedo solo di essere ascoltato.
Io sono gay, ho 17 anni e questa lettera è la mia ultima alternativa al suicidio in una società troglodita, in un mondo che non mi accetta sebbene io sia nato così. Il vero coraggio non è suicidarsi alla soglia degli ottanta anni ma sopravvivere all'adolescenza con un peso del genere, con la consapevolezza di non aver fatto nulla di sbagliato se non seguire i propri sentimenti, senza vizi o depravazioni. Non a tutti è data la fortuna di nascere eterosessuali. Se ci fosse un po' meno discriminazione e un po' più di commiserazione o carità cristiana, tutti coloro che odiano smetterebbero di farlo perché loro, per qualche sconosciuta e ingiusta volontà divina, sono stati fortunati. Io non chiedo che il Parlamento si decida a redigere una legge per i matrimoni gay - non sono così sconsiderato - chiedo solo di essere ascoltato.
Un Paese che
si dice civile non può abbandonare dei pezzi di sé. Non può permettersi di
vivere senza una legge contro l'omofobia, un male che spinge molti ragazzi a
togliersi la vita per ritrovare quella libertà che hanno perduto nel momento in
cui hanno respirato per la prima volta. Non c'è nessun orrore ad essere quello
che si è, il vero difetto è vivere fingendosi diversi. Noi non siamo demoni, né
siamo stati toccati dal Demonio mentre eravamo in fasce, siamo solo sfortunati
partecipi di un destino volubile. Ma orgogliosi di esserlo. Chiediamo solo di esistere.
FONTE: www.repubblica.it
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