venerdì 22 febbraio 2013

COMUNICAZIONE IN TERAPIA


La genesi della CNV


“(…) Insomma, stavo capendo, in un esercizio continuo, che la Comunicazione è una questione di tatto, ed ero molto felice di sentire che la mia mamma vedeva dall’esterno le mie risposte sotto forma di movimenti ai quali cominciava ad attribuire significato. Non stavamo mai in silenzio, ci mandavamo messaggi continui con il linguaggio dei sapori, degli odori, del tono muscolare (…). Riuscivo a mandarle addirittura i desideri così come lei, persino nel sonno, mi mandava straordinarie immagini di un mondo ancora sconosciuto. Ero proprio in un castello incantato, in cui non facevo in tempo a desiderare perché tutto era esaudito (…).
Il corpo racconta… Stefania Guerra Lisi

L’unica forma di comunicazione di ogni bambino nei primi due anni di vita è quella non verbale. Attraverso i gesti e la mimica lui si rapporta con la sua figura di riferimento e con il mondo esterno esprimendo manifestazioni affettive e richieste di soddisfacimento dei suoi bisogni. Queste prime interazioni con l’ambiente circostante, già dalla vita prenatale, sono il fondamento delle modalità di apprendimento futuro di ogni bambino. La “corporeità della mente” è dovuta alle immagini sensoriali, conservate in quella che viene chiamata memoria procedurale, che ne determinano la soggettiva reattività rispetto all’ambiente circostante.  Una memoria che include il rapporto complessivo di azioni quotidiane, di affettività e di aspettative che il bambino si crea. Ciò si traduce in un senso di azione e reazione che va oltre la semplice analisi dei cinque sensi.
Per percepire il proprio corpo è necessario tenere presente il suo confine anche se sentirsi accolti nel proprio ambiente, sentire i propri messaggi compresi e accettati fa sì che l’atteggiamento di apertura sia sempre maggiore verso di esso. Nelle situazioni di rifiuto o disconferma da parte dell’ambiente circostante ogni essere vivente si pone in posizione di chiusura o di cattiva ricettività, e di conseguenza inadeguata reattività agli stimoli esterni. Pertanto può venir attuato un tentativo di non comunicazione attraverso il silenzio o una modalità di espressione distorta, ma come sappiamo questo tentativo è di già per sé  comunicazione e quindi può essere compreso, come qualsiasi altro atteggiamento di chiusura.

·        La CNV nella terapia relazionale

In un contesto terapeutico il linguaggio del corpo costituisce uno degli elementi più importanti dell’analisi della comunicazione del sistema famiglia e contribuisce a determinarne il contesto.
È impossibile nella vita quotidiana distinguere i vari livelli di comunicazione in quanto si intersecano continuamente influenzandosi a vicenda. Pertanto non è semplice determinare una gerarchia dei modi di comunicare, se il modo verbale comporta l’informazione intenzionale esplicita, altri modi assicurano altrettante necessarie funzioni per lo svolgimento dell’interazione e per la trasmissione delle conoscenze.
Nel linguaggio corrente una persona molto comunicativa è una persona la cui espressione verbale è arricchita da una notevole espressività corporea.
La riscoperta del corpo, della sua funzione comunicativa e il ruolo indispensabile che ha nell’apprendimento sono necessità nel processo di osservazione dell’altro e dei linguaggi legati ai canali sensoriali attraverso cui essi si esprimono.
Nell’ottica sistemica incontrare una famiglia o un singolo paziente significa valutare tutta una serie di informazioni che derivano innanzitutto dalla conoscenza della loro storia, quindi i fatti più importanti della vita delle persone coinvolte nell’intervento terapeutico, ma anche dall’osservazione del qui ed ora, ossia da come la famiglia si rapporta sia al suo interno che con il professionista che si confronta con lei.
Un dato importante da tenere presente è il fatto che qualsiasi terapia ha inizio con il primo contatto telefonico in cui oltre allo stabilire tutta una serie fattori pratici quali ad esempio orario e luogo dell’appuntamento, è possibile osservare ed annotare un gran numero di fenomeni: peculiarità della comunicazione, tono della voce, richieste di ogni genere di informazioni o addirittura tentativi immediati di manipolazione che a volte possono operare quasi verso una inversione dei ruoli tra famiglia e terapeuta.
Un terapeuta familiare può trovarsi di fronte a sterili dati di fatto che lo legano al contesto in cui avviene il colloquio, ma deve integrare il tutto con un’osservazione selettiva atta a ricercare un metodo che gli permetta di superare i vari livelli di complessità nella comprensione del rapporto terapeutico. Ci saranno terapeuti più portati a concentrarsi sull’espressione verbale del paziente, altri che invece nella loro formazione hanno scoperto una maggiore propensione verso l’osservazione dei segnali del corpo; il lavoro dell’équipe è fondamentale a tal proposito. Uno strumento affidabile che registra l’interazione che sta avvenendo al di là del vetro sotto ogni punto di vista e la somma a quelle che sono le rilevazioni relazionali fatte dal terapeuta stesso. Ad esempio nel post – seduta il terapeuta può esplicitare una certa sensazione che ha avuto durante la seduta la quale può essere confermata o smentita dai colleghi, incaricati della supervisione, che hanno la possibilità di cogliere sequenze mimiche particolari in  corrispondenza di specifici scambi interattivi del sistema terapeutico, oppure attraverso l’analisi della videoregistrazione della seduta.
L’analisi della comunicazione non verbale diventa quindi essenziale per la comprensione del significato di ciò che accade nelle interazioni familiari e nell’evoluzione del rapporto terapeutico e del sistema terapeutico.

·        La CNV nella pratica clinica

Il problema centrale di ogni relazione, anche terapeutica, è che cosa si comunica e come si comunica. Sia per il linguaggio verbale che per quello non verbale si può asserire che l’assenza di determinate componenti, siano esse espressive o gestuali, causa incomprensione e fraintendimenti dei concetti che una persona sta esprimendo. Lo stesso vale per la modulazione e la sintassi dei discorsi argomentati che attraverso l’intensità e le sfumature dei vari contenuti, influiscono sul significato complessivo della comunicazione, quindi sul come si sta comunicando.
In ambito clinico la relazione che si viene a creare è tra due persone che trovano un accordo sulla modalità di comunicare e l’interpretazione dell’esperto diventa man mano più attenta e ricettiva quanto più lui stesso si sente di condividere i significati e le emozioni della persona che ha di fronte in una sorta di risonanza. Ogni percezione è selettiva onde evitare una disorganizzazione derivante dall’enorme massa di stimoli che arrivano ai sensi. Un’attenzione selettiva o troppo bassa o troppo diffusa può portare all’impossibilità di dare coerenza e il giusto significato a quanto si osserva nell’altro.
A livello individuale il linguaggio del corpo è composto in parte da una mimica che rappresenta soltanto la storia del soggetto in questione; il modo in cui l’individuo si presenta ed entra in relazione va percepito e condiviso al fine di entrare in sintonia con il suo modo di comunicare con noi. Il focus dell’attenzione del terapeuta è sulla mimica che per alcuni può essere molto vivace mentre per altri può essere povera, se non del tutto soggetta a un rigido controllo. La capacità di manifestare le emozioni dice molto sulla persona che si ha di fronte, e la mancanza di una certa espressività facciale o corporea non deve trarre in inganno facendo pensare che questa non è capace di provare emozioni; in una prima analisi è sempre bene ipotizzare che chi sta di fronte non  riesce a manifestarle, andando a ricercare la causa di un tale comportamento anche all’interno delle abitudini familiari.
A livello relazionale, ossia quando sono coinvolte più persone su un piano intrasistemico, il linguaggio del corpo diventa espressione di sentimenti che non hanno solo origine all’interno del singolo individuo, ma che si arricchiscono dell’interazione con gli altri in un contesto in cui gli stimoli esterni variano di continuo. Inoltre compare anche una nuova componente ad influenzare il tipo di espressione dei propri vissuti che è il fine che ci si propone di ottenere. La risposta a sua volta modulerà nuovamente l’espressione accentuandola o inibendola, in una dinamica circolare tipica dell’interazione sistemica.
Rimane da accennare a quella particolare forma di comunicazione non verbale rappresentata dai sincronismi osservabili in terapia tra tutte le persone presenti.  Si tratta di movimenti del corpo accompagnati da espressioni mimiche che si verificano contemporaneamente in diversi momenti della seduta e sembrano contraddistinguere specifiche sequenze interattive. In genere si riscontrano in momenti in cui vengono trattati argomenti di particolare rilevanza emotiva, una sorta di codice comunicativo che si è andato creando nel sistema terapeutico.
Un altro elemento fondamentale è dove si colloca lo psicologo relazionale. La distanza fisica dal punto in cui convergono le informazioni della famiglia indica il coinvolgimento psicologico: in una posizione troppo ravvicinata rischia di farsi coinvolgere troppo e di assorbire tutto ciò che viene portato dal cliente; ad una giusta distanza invece, può ricollegare le informazioni in una nuova dimensione spazio-temporale. Il terapeuta deve sintonizzarsi con il sistema emotivo familiare, per poi distaccarsene, ridefinendo il significato emotivo stesso, in una cornice più allargata nella quale vengono inclusi i diversi livelli generazionali. 

Dott.ssa  Ivana Siena
 VEDI ANCHE: COMUNICANDO  e  CNV

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