La
genesi della CNV
“(…)
Insomma, stavo capendo, in un esercizio continuo, che la Comunicazione è una
questione di tatto, ed ero molto felice di sentire che la mia mamma vedeva
dall’esterno le mie risposte sotto forma di movimenti ai quali cominciava ad
attribuire significato. Non stavamo mai in silenzio, ci mandavamo messaggi
continui con il linguaggio dei sapori, degli odori, del tono muscolare (…).
Riuscivo a mandarle addirittura i desideri così come lei, persino nel sonno, mi
mandava straordinarie immagini di un mondo ancora sconosciuto. Ero proprio in
un castello incantato, in cui non facevo in tempo a desiderare perché tutto era
esaudito (…).
Il corpo racconta… Stefania Guerra Lisi
L’unica
forma di comunicazione di ogni bambino nei primi due anni di vita è quella non
verbale. Attraverso i gesti e la mimica lui si rapporta con la sua figura di
riferimento e con il mondo esterno esprimendo manifestazioni affettive e
richieste di soddisfacimento dei suoi bisogni. Queste prime interazioni con
l’ambiente circostante, già dalla vita prenatale, sono il fondamento delle
modalità di apprendimento futuro di ogni bambino. La “corporeità della mente” è
dovuta alle immagini sensoriali, conservate in quella che viene chiamata
memoria procedurale, che ne determinano la soggettiva reattività rispetto
all’ambiente circostante. Una memoria
che include il rapporto complessivo di azioni quotidiane, di affettività e di
aspettative che il bambino si crea. Ciò si traduce in un senso di azione e
reazione che va oltre la semplice analisi dei cinque sensi.
Per
percepire il proprio corpo è necessario tenere presente il suo confine anche se sentirsi accolti nel
proprio ambiente, sentire i propri messaggi compresi e accettati fa sì che
l’atteggiamento di apertura sia sempre maggiore verso di esso. Nelle situazioni
di rifiuto o disconferma da parte dell’ambiente circostante ogni essere vivente
si pone in posizione di chiusura o di cattiva ricettività, e di conseguenza
inadeguata reattività agli stimoli esterni. Pertanto può venir attuato un
tentativo di non comunicazione attraverso il silenzio o una modalità di
espressione distorta, ma come sappiamo questo tentativo è di già per sé comunicazione e quindi può essere compreso,
come qualsiasi altro atteggiamento di chiusura.
·
La
CNV nella terapia relazionale
In un
contesto terapeutico il linguaggio del corpo costituisce uno degli elementi più
importanti dell’analisi della comunicazione del sistema famiglia e contribuisce
a determinarne il contesto.
È
impossibile nella vita quotidiana distinguere i vari livelli di comunicazione
in quanto si intersecano continuamente influenzandosi a vicenda. Pertanto non è
semplice determinare una gerarchia dei modi di comunicare, se il modo verbale
comporta l’informazione intenzionale esplicita, altri modi assicurano
altrettante necessarie funzioni per lo svolgimento dell’interazione e per la
trasmissione delle conoscenze.
Nel
linguaggio corrente una persona molto comunicativa è una persona la cui
espressione verbale è arricchita da una notevole espressività corporea.
La
riscoperta del corpo, della sua funzione comunicativa e il ruolo indispensabile
che ha nell’apprendimento sono necessità nel processo di osservazione
dell’altro e dei linguaggi legati ai canali sensoriali attraverso cui essi si
esprimono.
Nell’ottica
sistemica incontrare una famiglia o un singolo paziente significa valutare
tutta una serie di informazioni che derivano innanzitutto dalla conoscenza
della loro storia, quindi i fatti più importanti della vita delle persone
coinvolte nell’intervento terapeutico, ma anche dall’osservazione del qui ed ora, ossia da come la famiglia si
rapporta sia al suo interno che con il professionista che si confronta con lei.
Un
dato importante da tenere presente è il fatto che qualsiasi terapia ha inizio
con il primo contatto telefonico in cui oltre allo stabilire tutta una serie
fattori pratici quali ad esempio orario e luogo dell’appuntamento, è possibile
osservare ed annotare un gran numero di fenomeni: peculiarità della
comunicazione, tono della voce, richieste di ogni genere di informazioni o
addirittura tentativi immediati di manipolazione che a volte possono operare
quasi verso una inversione dei ruoli tra famiglia e terapeuta.
Un
terapeuta familiare può trovarsi di fronte a sterili dati di fatto che lo
legano al contesto in cui avviene il colloquio, ma deve integrare il tutto con
un’osservazione selettiva atta a ricercare un metodo che gli permetta di
superare i vari livelli di complessità nella comprensione del rapporto
terapeutico. Ci saranno terapeuti più portati a concentrarsi sull’espressione
verbale del paziente, altri che invece nella loro formazione hanno scoperto una
maggiore propensione verso l’osservazione dei segnali del corpo; il lavoro
dell’équipe è fondamentale a tal proposito. Uno strumento affidabile che
registra l’interazione che sta avvenendo al di là del vetro sotto ogni punto di
vista e la somma a quelle che sono le rilevazioni relazionali fatte dal
terapeuta stesso. Ad esempio nel post – seduta il terapeuta può esplicitare una
certa sensazione che ha avuto durante la seduta la quale può essere confermata
o smentita dai colleghi, incaricati della supervisione, che hanno la
possibilità di cogliere sequenze mimiche particolari in corrispondenza di specifici scambi
interattivi del sistema terapeutico, oppure attraverso l’analisi della
videoregistrazione della seduta.
L’analisi
della comunicazione non verbale diventa quindi essenziale per la comprensione
del significato di ciò che accade nelle interazioni familiari e nell’evoluzione
del rapporto terapeutico e del sistema terapeutico.
·
La
CNV nella pratica clinica
Il
problema centrale di ogni relazione, anche terapeutica, è che cosa si comunica e come
si comunica. Sia per il linguaggio verbale che per quello non verbale si può
asserire che l’assenza di determinate componenti, siano esse espressive o
gestuali, causa incomprensione e fraintendimenti dei concetti che una persona
sta esprimendo. Lo stesso vale per la modulazione e la sintassi dei discorsi
argomentati che attraverso l’intensità e le sfumature dei vari contenuti,
influiscono sul significato complessivo della comunicazione, quindi sul come si sta comunicando.
In
ambito clinico la relazione che si viene a creare è tra due persone che trovano
un accordo sulla modalità di comunicare e l’interpretazione dell’esperto
diventa man mano più attenta e ricettiva quanto più lui stesso si sente di
condividere i significati e le emozioni della persona che ha di fronte in una
sorta di risonanza. Ogni percezione è
selettiva onde evitare una disorganizzazione derivante dall’enorme massa di
stimoli che arrivano ai sensi. Un’attenzione selettiva o troppo bassa o troppo
diffusa può portare all’impossibilità di dare coerenza e il giusto significato
a quanto si osserva nell’altro.
A
livello individuale il linguaggio del corpo è composto in parte da una mimica
che rappresenta soltanto la storia del soggetto in questione; il modo in cui
l’individuo si presenta ed entra in relazione va percepito e condiviso al fine
di entrare in sintonia con il suo modo di comunicare con noi. Il focus
dell’attenzione del terapeuta è sulla mimica che per alcuni può essere molto vivace
mentre per altri può essere povera, se non del tutto soggetta a un rigido
controllo. La capacità di manifestare le emozioni dice molto sulla persona che
si ha di fronte, e la mancanza di una certa espressività facciale o corporea
non deve trarre in inganno facendo pensare che questa non è capace di provare
emozioni; in una prima analisi è sempre bene ipotizzare che chi sta di fronte
non riesce a manifestarle, andando a
ricercare la causa di un tale comportamento anche all’interno delle abitudini
familiari.
A
livello relazionale, ossia quando sono coinvolte più persone su un piano
intrasistemico, il linguaggio del corpo diventa espressione di sentimenti che
non hanno solo origine all’interno del singolo individuo, ma che si
arricchiscono dell’interazione con gli altri in un contesto in cui gli stimoli
esterni variano di continuo. Inoltre compare anche una nuova componente ad
influenzare il tipo di espressione dei propri vissuti che è il fine che ci si
propone di ottenere. La risposta a sua volta modulerà nuovamente l’espressione
accentuandola o inibendola, in una dinamica circolare tipica dell’interazione
sistemica.
Rimane
da accennare a quella particolare forma di comunicazione non verbale
rappresentata dai sincronismi
osservabili in terapia tra tutte le persone presenti. Si tratta di movimenti del corpo accompagnati
da espressioni mimiche che si verificano contemporaneamente in diversi momenti
della seduta e sembrano contraddistinguere specifiche sequenze interattive. In
genere si riscontrano in momenti in cui vengono trattati argomenti di
particolare rilevanza emotiva, una sorta di codice comunicativo che si è andato
creando nel sistema terapeutico.
Un
altro elemento fondamentale è dove si
colloca lo psicologo relazionale. La distanza fisica dal punto in cui
convergono le informazioni della famiglia indica il coinvolgimento psicologico:
in una posizione troppo ravvicinata rischia di farsi coinvolgere troppo e di
assorbire tutto ciò che viene portato dal cliente; ad una giusta distanza
invece, può ricollegare le informazioni in una nuova dimensione
spazio-temporale. Il terapeuta deve sintonizzarsi con il sistema emotivo
familiare, per poi distaccarsene, ridefinendo il significato emotivo stesso, in
una cornice più allargata nella quale vengono inclusi i diversi livelli
generazionali.
Dott.ssa Ivana Siena
VEDI ANCHE: COMUNICANDO e CNV
Nessun commento:
Posta un commento