Nel 1963 Francoise Hardy, cantante
francese, sulle note di un 45 giri (L’età dell’amore) canta:
“È l'età dell'amor, l'età degli amici e
dell'avventura... E un bel giorno così, il cuore va più in fretta
Sei felice perché è giunto fino a te, il vero amor... Non ci sono pensieri, il tempo che va...”
Sei felice perché è giunto fino a te, il vero amor... Non ci sono pensieri, il tempo che va...”
Arriva un momento, però, dove questo tempo
rallenta, i pensieri si affollano e le preoccupazioni aumentano. Il passaggio
tra la fine degli studi e l’inizio della vita individuale è piuttosto carica di
inquietudini, turbolenze esistenziali e dubbi. Segnali di un passaggio da una
fase all’altra della vita che richiede spesso
un riposizionamento del proprio essere. Per molti, questa età –
cerniera, come viene definita in Psicologia, si configura come un vero e
proprio momento di crisi, dove vengono
abbandonate certe modalità dell’essere per assumerne altre. Vengono passati al
vaglio tutti gli obiettivi raggiunti e quelli futuri, chiedendosi se è stata
fatta la scelta giusta. Spesso i sentimenti che accompagnano questo momento di
passaggio sono: angoscia e ansia.
Il problema è rappresentato dalla coerenza o
meno del progetto di vita individuato per sé stessi.
La domanda che ci si pone è: “voglio davvero quello che desideravo prima?”
E, soprattutto: “questo progetto corrisponde
alla realtà?”
Ed ecco che entra in gioco la flessibilità.
Questa caratteristica ricopre un ruolo fondamentale perché passate le fantasie
e la visione rosea sul mondo, ci si accorge che esso non è necessariamente come
noi lo vorremmo e che nel realizzare i propri desideri bisogna tenere conto anche
delle sorprese che possono esserci. Si pensi ad esempio a tutti i cambiamenti
sociali che ci sono oggi. Viviamo in un momento storico caratterizzato dalla precarietà
del lavoro, degli affetti, ogni cosa viene posticipata e di certo tutto ciò non
agevola la crescita personale. Si è costretti a domandarsi quanto il proprio
progetto di vita sia “personale” o quanto sia stato in qualche modo influenzato
dalla cultura in cui si vive.
Da questo momento in poi domande su domande
affollano la mente fino ad entrare in crisi e aver voglia di scappare.
L’errore qual è?
Arrivati a questo punto molti agiscono in modalità aut-aut, o una cosa o l’altra.
Così facendo l’effetto potrebbe essere racchiuso nella parola fuga:
fuga dalle relazioni, fuga dal lavoro, fuga dal partner fino a ritrovarsi un
giorno insoddisfatti della propria vita.
Un ulteriore effetto collaterale è rappresentato
dalla cristallizzazione delle relazioni e del lavoro, dove non
appare mai nessuna novità cadendo così in un senso di vuoto e di monotonia.
Entrambe queste situazioni possono essere
modificate, basta non aver paura della crisi, ma al contrario imparare
da essa ad ascoltare e ad esprimere il proprio volere, solo così si può essere
liberi di vivere ed esprimere la propria creatività.
Mi piacerebbe lasciarvi con queste righe:
“Sono stupendi i trent’anni... perché sono liberi, ribelli, fuorilegge,
perché è finita l’angoscia dell’attesa, non è incominciata la malinconia del
declino, perché siamo lucidi, finalmente, a trent’anni! Se siamo religiosi,
siamo religiosi convinti. Se siamo atei, siamo atei convinti. Se siamo dubbiosi,
siamo dubbiosi senza vergogna... I conti non dobbiamo più farli con la maestra
di scuola e non dobbiamo ancora farli col prete dell’olio santo. Li facciamo
con noi stessi e basta...Siamo un campo di grano maturo, a trent’anni, non più
acerbi e non ancora secchi: la linfa scorre in noi con la pressione giusta,
gonfia di vita... Abbiamo raggiunto la cima della montagna e tutto è chiaro là
in cima: la strada per cui siamo saliti, la strada per cui scenderemo. Un po’
ansimanti e tuttavia freschi, non succederà più di sederci nel mezzo a guardare
indietro e in avanti, a meditare sulla nostra fortuna”
Dott.ssa Luisana Di Martino
Laureta in Psicologia e tirocinante presso la Obiettivo Famiglia Onlus di Pescara
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