Siamo in un’epoca
in cui il tradimento è diventato la normalità e le coppie scoppiano senza comprendere cosa davvero le porti al capolinea.
Poche persone,
scoperto il tradimento, si chiedono: “Perché lo ha fatto?”, o meglio: “Dove ho
sbagliato?”. Iniziano le battaglie legali, in cui a rimetterci sono i figli i
quali, diventati adulti, saranno depressi, teppisti, dipendenti da sostanze
stupefacenti, fobico-ossessivi o coppio-fobici, questo a scapito dell’intera
società.
Prima di chiederci come fare a scegliere la "persona giusta", partiamo con
il descrivere quattro forme di amore patologico (e relativi esempi di storie
quotidiane) che spesso vengono scambiate per vero amore per poi delineare
invece quali sono gli ingredienti essenziali su cui deve basarsi un amore vero
e maturo.
Le forme di amore
patologico sono: l’amore simbiotico, l’amore accudente, l’amore possessivo e
l’amore competitivo.
L’amore
simbiotico
è
molto diffuso e si basa sulla convinzione che, se ami qualcuno, devi fare tutto
con lui, condividere tutto, raccontargli tutto, anche quante volte vai in
gabinetto e così via. Spesso i commenti degli amici sono: “Loro si che si amano
davvero! Non possono stare l’uno senza l’altro”.
Un partner diventa
la stampella dell’altro, mentre il vero amore, basato sulla libertà, è quello
in cui una persona autonoma (che può stare anche da sola), decide di unirsi a
un’altra per crescere, migliorare se stessa e tirare fuori il meglio di sé
dall’altro. Purtroppo la dipendenza nella nostra cultura viene incoraggiata, anche
a livello familiare, in quanto i figli vengono spesso “trattenuti” nel nido
fino alla morte (del genitore o del figlio).
G.
è sposata da 10 anni con D. Prima di fidanzarsi con lui, aveva avuto solo due
storie di poca importanza, essendo sempre stata succube della sorella, con cui
passava tutto il suo tempo libero. G. è passata dall’essere succube della
sorella all’essere succube di D. Il loro rapporto è diventato sempre più
profondo: uscivano insieme in ogni occasione, anche dopo essersi sposati e aver
avuto un figlio, e venivano considerati da tutti una coppia invidiabile. Tutto
filò liscio finché D. , ottenendo una promozione, iniziò a lavorare fuori
città, rientrando a casa solo il fine settimana. All’inizio fu un trauma per
entrambi, ma poi D. si abituò alla nuova vita e incontrò una donna che gli fece
perdere la testa. Dopo un periodo di “doppia vita”, D. si è deciso,
probabilmente messo alle strette dall’altra, e ha chiesto il divorzio. G. è
entrata in profonda crisi depressiva e ha tentato il suicidio.
L’amore
accudente è un altro falso mito dell’amore
dove uno dei due partner si prende cura dell’altro facendogli da mamma o papà.
Questo ha due importanti e negative conseguenze. Innanzitutto un po’ alla volta
si perde l’attrazione fisica e il sesso va a farsi benedire. Non si può
desiderare un figlio! La seconda conseguenza di questo stile amoroso è che il
figlio, prima o poi, si stufa di essere accudito, diventa invidioso dell’altro,
che è sempre più bravo di lui e…si trova un’amante.
L.
ha trovato in G. il padre che non ha mai avuto. Lui la protegge, le da affetto
e così, dopo cinque anni di accudimento / fidanzamento, si sono sposati. Dopo
poco più di un anno di matrimonio L. non desidera più sessualmente suo marito.
Sono entrati in crisi profonda e si sono rivolti ad una psicoterapeuta per
risolvere il problema dell’assenza di desiderio da parte di lei. G. non sa che
la mancanza di desiderio è solo verso di lui, non verso il collega di lavoro
che L. ha appena conosciuto!
Esiste poi l’amore possessivo, per cui
l’amato diventa un’oggetto di proprietà, nei confronti del quale si scatena una
gelosia morbosa, da molti scambiata per vero amore. “Tu” non puoi sorridere o
parlare con nessun altro, solo con il tuo partner. Inoltre vieni continuamente
controllato, perché, essendo un oggetto di proprietà, non puoi decidere in modo
autonomo. Ogni decisione presa da solo, senza consultare l’altro/a, o meglio
senza fare quello che vuole l’altro/a, diventa un attacco alla coppia, fonte di
scenate a non finire. Questo tipo di rapporto non è amore, ma è patologia di
cui entrambi i partner si ammalano, avvelenando la loro unione. Anche in questo
caso il sesso va a farsi benedire, perché il rancore covato da entrambe le
parti, (da uno perché è in galera, dall’altro perché è il suo carceriere) fa
spegnere anche la più grande passione.
C.
convive da quattro anni con A. E’ gelosissima del suo lavoro, dei suoi
genitori, degli amici che ha da più di dieci anni. In altre parole, A. è
prigioniero di C., al punto che, non potendone più, ha chiesto aiuto ad una
psicoterapeuta. Si sente soffocare e non riesce più neanche a desiderarla,
perciò da alcuni mesi non hanno più rapporti intimi. Vorrebbe lasciarla, ma lei
gli fa delle scenate drammatiche in cui grida, svegliando i vicini in piena
notte, e minaccia di rovinarlo.
Infine, nell’amore competitivo, un
partner diventa rivale e geloso non dell’altro, ma del suo successo personale o
professionale. Dapprima i due vengono attratti dal sottile gioco
dell’ammirazione che nutrono l’uno verso l’altra, ma poi, essendo entrambi
narcisisti ed egocentrici, dalla fase dell’ammirazione passano a quella
dell’afflizione e iniziano a essere invidiosi dell’altro, perché il faro non è
più puntato su di loro. In altre parole, dapprima scelgono una persona speciale
per bellezza, preparazione, denaro. Poi diventano invidiosi e rivali e, a quel
punto, si salvi chi può.
P.
e M. sono sposati da quindici anni. Tutto è andato liscio finché lavoravano
come dipendenti in due ditte diverse. Essendo la figlia ormai adolescente,
hanno deciso, con i risparmi e con la liquidazione del precedente impiego, di
unire le loro forze mettendosi in proprio. Dopo i primi momenti un po’
difficili, la ditta ha iniziato a funzionare molto bene, ma contemporaneamente
sono iniziati i problemi tra loro. Le liti sono sempre più frequenti scatenate da
motivi apparentemente futili. La competizione è scattata e sta rovinando
quindici anni di unione!
L’amore
maturo, il vero amore,
è basato sui seguenti ingredienti:
-
Autonomia,
nel senso che ogni partner ha i suoi spazi di libertà e decide autonomamente della
sua vita;
-
Reciprocità,
esiste cioè uno scambio: ci si aiuta vicendevolmente e non c’è nessuno che
domina.
-
Libertà,
ognuno dei partner è libero di essere se stesso, di prendere le sue decisioni
lavorative, di seguire i suoi hobby. Qualcuno potrà obiettare: “ Ma se lo
lascio libero/a, se ne trova un altro/a”. Non preoccupatevi, se vuole lo trova
in ogni caso.
-
Solidarietà,
un partner aiuta l’altro a dare il meglio di sé.
- Impegno,
entrambi non danno mai nulla per scontato, ma si impegnano a dare attenzione,
ascoltare, gratificare il partner, fornendo stimoli nuovi.
A
ciò va aggiunta la capacità di essere flessibili e di accettare i cambiamenti
che comporta l’esistenza. La vita è fatta di cambiamenti e noi dobbiamo essere
in grado di fronteggiarli. Chi pretende che tutto rimanga uguale, perché è un
ossessivo e vuole avere tutto sotto controllo, non ne verrà fuori. Anche la
disponibilità ad accettare gli alti e bassi della vita, le imperfezioni e gli
errori, perché nessuno è perfetto, è di fondamentale importanza. Quando nasce
un amore, non è detto che debba durare per sempre. Niente è certo, però
possiamo impegnarci per farlo continuare nel tempo. È importante sottolineare
anche che l’impegno deve esserci da entrambe le parti, altrimenti è una
battaglia persa. Quando inizia un rapporto,
inevitabilmente si presenta una di queste quattro possibilità: che continui in
modo soddisfacente, che finisca di comune accordo, che uno dei due soffra
perché lasciato dall’altro o infine che il rapporto continui con grande insoddisfazione
per entrambi (della serie: “…e vissero infelici e scontenti”).
Dobbiamo riuscire ad accettare che nulla è
certo e non avremo mai il controllo assoluto su nulla. Se queste convinzioni
fossero veramente radicate, non si darebbe più nulla per scontato e si
sprecherebbero molte meno energie a voler esercitare un controllo sugli altri e
sulla vita. Probabilmente si vivrebbe meglio, gli amori durerebbero di più, si
coglierebbero più opportunità per migliorare la qualità della propria vita e si
sarebbe più disponibili verso il prossimo.
Articolo tratto da:
Dott. Renato
Porcelli
Laureato in
Psicologia e tirocinante presso la Obiettivo Famiglia Onlus di Pescara.
Nessun commento:
Posta un commento