giovedì 1 maggio 2014

I DISTURBI DEL SONNO NEI BAMBINI


SOGNI D'ORO
I disturbi del sonno nei neonati e nei bambini sono più frequenti di quanto non si pensi, dato che il sonno in queste fasi evolutive ha uno sviluppo variabile a seconda del bambino. Nella valutazione dei disturbi del sonno devono sempre essere tenute presenti le variazioni fisiologiche legate all’età e la maturazione del ritmo sonno-veglia.
Le cause psicologiche sono di gran lunga quelle che incidono maggiormente sulla qualità del sonno dei più piccoli, e che, in misura maggiore o minore, tutti hanno sperimentato: paura di separarsi dai genitori e rifiuto di andare a dormire da solo, incubi notturni (pavor nocturnus), ansia, ossia, episodi di sveglia notturna per attacchi di panico e angoscia. Tutti questi fattori sono spesso collegati ad episodi specifici o prove nella vita del bambino come l’inizio della scuola, un trasloco, difficoltà di relazione con i coetanei, problemi in casa, separazione dai genitori e la paura del buio.



L’addormentamento è la fase di distacco dalla veglia cosciente e può comportare difficoltà e problemi vari, infatti l’insonnia rappresenta l’impossibilità di addormentarsi.
Le dissonnie sono alterazioni della quantità del sonno, o per difficoltà all’addormentamento, risvegli frequenti o risvegli mattutini troppo precoci. Sono dovute generalmente ad abitudini non adeguate e a difficoltà educative, legate agli aspetti descritti prima. La modifica delle abitudini e il miglioramento delle regole educative è di solito sufficiente a risolvere il problema quando questo è semplice.
Le parasonnie sono alterazioni della qualità del sonno. Il soggetto non interrompe lo stato di sonno, ma manifesta comportamenti non presenti normalmente nel sonno: parla, grida, si agita, addirittura si alza e cammina ma non si risveglia e il giorno dopo non ricorda l’accaduto. Alcuni problemi del sonno possono essere legati a questi aspetti: gli incubi, i terrori notturni, il sonnambulismo, e vanno sotto il nome tecnico di parasonnie. Sono distinti dai sogni, oltre che perché questi normalmente non si manifestano all’esterno come invece i primi, cioè non escono dai limiti del sonno, ma anche perché avvengono in una fase di sonno diversa da quella rem tipica del sogno. Sono manifestazioni di contenuti emotivi poco digeriti che riemergono durante il sonno. Non rivestono in sé particolare significato patologico ma spesso, esplorando la situazioni psicologica, individuale e familiare del soggetto, si trovano elementi di inquietudine, preoccupazioni non espresse o disfunzioni dell’organizzazione familiare e può essere utile focalizzarsi su queste e migliorarle.
I disturbi cronici dell’addormentamento, escludono quindi quelli occasionali legati a eventi esterni o stati di malessere intercorrenti, sono i disturbi più frequenti e costituiscono talora un notevole problema per i genitori. Il bambino non si addormenta alle ore e con le modalità richieste, non accetta di stare in un letto e in una camera separati, spesso crolla a un certo punto per il sonno ma al primo risveglio notturno si reca nel letto dei genitori e resiste ai tentativi spesso disperati di questi ultimi. Il bambino rifiuta di imparare e di crescere, attaccandosi all’abitudine precedente. Le cause possono essere di due tipi: una più educativa, ambientale e una più individuale del bambino. Nel primo caso l’ambiente non dà eccessiva importanza a regole educative e limiti e segue la via più semplice e meno conflittuale di lasciare che il bambino faccia come vuole. Nel secondo caso il bambino non ha maturato una sicurezza sufficiente per affrontare la fase di separazione. Di solito i due aspetti sono variamente mescolati. La quantità e la qualità del sonno, oltre che essere segno degli aspetti educativi e di contenimento psichico ambientali, si rispecchiano nel benessere quotidiano dei bambini o, viceversa, la loro insufficienza si riflette in altre difficoltà della vita diurna. Una di queste è l’iperattività e la difficoltà di attenzione. La carenza di sonno è una delle possibili cause di questo quadro clinico. Spesso il miglioramento del sonno e delle regole educative diminuisce i disturbi diurni senza rischi e effetti collaterali. Le abitudini, tipo dormire regolarmente nel lettone con un genitore in età sopra i 5/6 anni o addirittura nell’adolescenza sono spesso legati a problemi anche nel mondo diurno, scolastici o comportamentali, causa ed effetto di una confusione di ruoli e spazi che nell’adolescenza è particolarmente dannosa.
Il Pavor Nocturnus spesso comincia in modo inaspettato: il bimbo è a letto da un’oretta, mamma e papà stanno sul divano a guardarsi un film, e ad un tratto sentono provenire dalla cameretta un lamento, che di colpo si trasforma in un grido spaventoso. E quando si corre in camera a vedere che succede, la scena è indecifrabile: il bambino è rigido, sudato, ansimante, con gli occhi sbarrati e le urla di terrore che lo scuotono, ma al tentativo di consolarlo reagisce acutizzando il dramma in corso. E’ comprensibile che un genitore di fronte a questa scena rimanga di sasso, ma a ben sapere l’evento non è per nulla bizzarro, né tanto meno spaventoso. Si tratta di un disturbo del sonno piuttosto frequente che si verifica nei bimbi dai 2 ai 12 anni, in prevalenza nei maschietti. Un vero e proprio attacco di terrore, che colpisce durante le prime due ore circa del sonno, nella fase più profonda, quella non rem in cui il piccolo non sta sognando: non si tratta di un incubo, né di sonnambulismo, anche se a ben vedere sembrerebbe un mix dei due. La cosa più scioccante per un genitore che si trova ad avere a che fare con il Pavor per la prima volta è il fatto che il bambino reagisce ai tentativi di consolarlo peggiorando addirittura la crisi, soprattutto in relazione al contatto fisico. E’ sconcertante che nel giro di dieci o venti minuti o al massimo mezz’ora il piccolo piombi nuovamente in un sonno profondo e tranquillo, come se nulla fosse accaduto. Il giorno dopo fra l’altro non ricorderà nulla, grossa differenza rispetto ad un incubo. Non sono chiare le cause del terrore notturno, ma gli specialisti tendono ad imputarlo a stress, febbre, oppure ad elementi che disturbano il sonno come sorgenti luminose o sonore. Si attribuiscono anche cause genetiche. In ogni caso, non occorre preoccuparsi: non si tratta di una patologia, non ha effetti collaterali, ed è un disturbo che scompare da solo nel tempo, generalmente con l’adolescenza. Come comportarsi durante un attacco di terrore notturno? La risposta è semplicemente non fare nulla: evitare di toccare il bambino, o  il terrore aumenterà, non cercare di svegliarlo, piuttosto bisogna stargli vicino e parlargli a voce bassa e rassicurante, per stimolare il ritorno alla calma. Bisogna assicurarsi che muovendosi non urti angoli o oggetti, ma per il resto occorre solo avere pazienza e aspettare che il fenomeno si riduca da solo fino a cessare.
Le paure legate al sonno: spesso i bambini rimandano l’andare a dormire perché hanno paura del buio e/o della separazione dai genitori. In questi casi i genitori dovrebbero prendere seriamente le paure dei loro bambini e cercare insieme a loro delle soluzioni per ridurre la comparsa di paure prima di andare a dormire, come ad esempio: trasmettere al bambino sicurezza anche durante il giorno, installare una luce per la notte che il bambino può accendere e spegnere da solo, leggere al figlio una storia che tratta di un bambino che ha paura di addormentarsi in modo che il bambino si può confrontare con un’altra persona e provare le “soluzioni” proposte nei racconti. I disturbi del sonno solitamente non scompaiono con il risolversi o la riduzione della causa, ma necessitano di misure specifiche. E’ importante che vi sia un ritmo sonno-veglia regolare stabilito con il bambino che preveda l’inclusione di regole e rituali, sarebbero necessari degli orari regolari per l’andare a letto e la sensazione di sicurezza. Se ai risvegli notturni i genitori rispondono con troppe attenzioni, il bambino può imparare che “se mi sveglio la notte, la mamma e il papà mi stanno più vicino che di giorno; mi conviene svegliarmi la notte!”. I bambini che durante il giorno ricevono sufficiente affetto dai genitori tendono a svegliarsi meno la notte per richiamare l’attenzione. Incubi, sonnambulismo e paura notturna, questi disturbi del sonno compaiono nel quadro dello sviluppo normale e nella maggioranza dei casi non sono situazioni patologiche. Se compaiono raramente e non portano a complicazioni non devono essere motivo di preoccupazione. E’ possibile aiutare i bambini con incubi frequenti: trasmettendo loro un senso di sicurezza anche durante il giorno; controllando se il bambino ha visto programmi alla televisione o letto fumetti che possono mettere paura; installando una luce notturna in modo che il bambino quando si sveglia nella sua stanza riesce ad orientarsi meglio; un peluche può aiutare il bambino a sentirsi meno solo e più sicuro durante la notte.
Se vi sono sogni ricorrenti sarebbe utile chiedere al bambino di disegnare il sogno e cercare di riconosce possibili “soluzioni”. Ripetendo questo procedimento lo svolgimento del sogno si modifica e con il tempo l’incubo scompare. Atteggiamenti di rifiuto: non di rado durante lo sviluppo si presentano conflitti e lotte per l’andare a letto. I bambini si rifiutano di andare a dormire e vorrebbero rimanere ancora svegli o giocare. Più i bambini si rifiutano e più i genitori si arrabbiano fino a perdere la pazienza, diventare aggressivi o non sapere più cosa fare. Si crea un vero e proprio circolo vizioso che si ripete tutte le sere e che porta ad un atmosfera di tensione nella quale il bambino si addormenta solo dopo estenuanti lotte. Per uscirne potrebbero essere di aiuto delle regole appropriate e dei rinforzi positivi.
Dott.ssa Sara Drudi

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