mercoledì 12 febbraio 2014

INFANZIA

LA FUNZIONE DEL CIUCCIO


L'uso del ciuccio è da sempre un argomento che si trova in mezzo a due posizioni contrapposte: chi è a favore e chi lo condanna.
I bambini nascono con l’istinto della suzione e il succhiare rappresenta, fin dall’inizio della vita, il mezzo per soddisfare il bisogno primario della nutrizione raggiungendo o ripristinando, al tempo stesso, uno stato di benessere. La suzione "non nutritiva" ha quindi lo scopo di calmare e di tranquillizzare il bambino nei momenti più difficili e rappresenta per lui un'attività gratificante.
Dal punto di vista psicologico il ciuccio desta un particolare interesse. Esso, infatti, richiama facilmente alla mente la nota “fase orale” elaborata da S. Freud, ossia la prima fase dello sviluppo psicosessuale infantile che copre la fascia d'età tra i 0 e i 18 mesi di vita. Quest'ultima si caratterizza per la predominanza dell’istinto innato della suzione in cui la modalità fondamentale di relazione con il mondo esterno è di tipo nutritivo (seno materno o biberon), e la bocca, attraverso la suzione, diventa la parte del corpo attraverso la quale il bambino sperimenta il piacere attraverso il cibo, ma anche attraverso la sensazione conforto e calma che prova al tatto.
Mettersi le cose in bocca, cioè “assaggiarle”, risponde ad un bisogno innato e per questo il ciuccio per i bambini è un ottimo strumento per alleviare qualsiasi malessere, diventando un modo per rassicurarli in assenza del contatto fisico con la figura materna.
Il ciuccio rappresenta, inoltre, un oggetto transizionale perché aiuta il bambino a staccarsi gradualmente dalla madre per acquisire una maggiore autonomia nel tempo.
I vantaggi del ciuccio possono essere molteplici:
· aiutare il bambino ad addormentarsi da solo
· aiutare il bambino a calmarsi (agevola il rilascio di serotonina)
· aiutare il bambino a tollerare maggiormente la momentanea indisponibilità della mamma
· aiutare la mamma a capire se il bambino neonato ha fame veramente (se rifiuta il ciuccio significa che ha davvero fame)
· aiutare la mamma nei momenti di difficoltà nella gestione del bambino;
· può essere tenuto maggiormente sotto controllo dall'adulto rispetto all'uso del pollice.

Anche se il ciuccio può essere un valido aiuto per la figura di attaccamento, è importante che il genitore impari a decifrare i segnali del bambino per capire quando ha veramente necessità del ciuccio e quando no. Non sarebbe costruttivo offrire il ciuccio in ogni momento della giornata e in ogni situazione di disagio per far star buono il piccolo. In questo modo non gli si permette di imparare a tollerare la frustrazione del momento e il genitore perde l’occasione per capire il significato della difficoltà che il bambino sta vivendo. L’uso ottimale del ciuccio dovrebbe limitarsi al momento della nanna e a situazioni di particolare disagio per il bambino.
L’utilizzo prolungato del ciuccio, oltre a creare il rischio di una sorta di dipendenza verso l'oggetto stesso, potrebbe causare un allungamento della fase orale e diventare un fattore di rischio in età adulta per un eccessivo attaccamento a comportamenti che coinvolgono l’utilizzo della bocca (problematiche quali alcolismo, tabagismo, logorrea patologica, disturbi del comportamento alimentari).
Per questo motivo diventa opportuno “salutare” il ciuccio verso i 2 anni e mai oltre i 3.
Ciò che è indispensabile in questo passaggio è:
· La consapevolezza dell'adulto. La consapevolezza del genitore è necessaria per aiutare il bambino a compiere questo grande “viaggio”.
La mamma deve chiedersi se è davvero pronta ad accompagnare il proprio bambino al saluto del ciuccio, utilizzando tutti e tre i propri Stati dell’Io (ovvero l'Io Genitore, l'Io Adulto e l'Io Bambino). L'Io Genitore va energizzato per avvicinarsi a delle regole chiare e protettive per sé e per il proprio bambino, facendo attenzione al repertorio di slogan e pregiudizi genitoriali tramandati dalle proprie figure di attaccamento (es. “Che brutto vedere dei bambini che sanno già camminare e parlare, con il ciuccio in bocca”). Allo Stato dell’Io Adulto spetta il compito di analizzare i dati di realtà inerenti le circostanze, come ad esempio l’età del bambino, il proprio tempo a disposizione e il periodo storico che sta vivendo la famiglia. Lo Stato dell’Io Bambino aiuterà il genitore ad entrare in contatto con la propria emotività in relazione al cambiamento da affrontare (ad es. una madre potrebbe mettersi in contatto con la sua paura di essere “abbandonata” se non accontenta il bambino oppure con la preoccupazione di non sentirsi una buona madre se non soddisfa le richieste di suo figlio).
Con i bambini è sempre meglio iniziare qualcosa solo se si è sicuri di portarla a termine: se si prova a togliere il ciuccio al bambino, per poi cedere quando lo richiede, questo può far passare un messaggio sbagliato, ovvero che il bambino se insiste aumentando i capricci e l’intensità del pianto, può ottenere ciò che vuole. Al secondo tentativo, quindi, il bambino potrebbe utilizzare un’escalation di pianto e capricci, rendendo più complicato il processo.
· La scelta del periodo giusto. È importante scegliere un periodo tranquillo per il bambino, che non coincida con altri grandi cambiamenti (es. momento in cui si sta togliendo il pannolino, inserimento al nido, nascita un un fratellino, separazione dei genitori).
· La partecipazione attiva del bambino. Per affrontare questo grande distacco in modo sereno è necessaria la partecipazione attiva del bambino che si deve sentire protagonista della scelta di abbandonare un oggetto così importante per sé ed evitare di toglierlo improvvisamente senza offrirgli alcuna spiegazione. Quando la scelta è volontaria e consapevole sarà sicuramente duratura e il bambino non lo cercherà più.
· La gradualità. Si può aiutare il bambino a staccarsi gradualmente dal suo “amico” riducendone inizialmente l’uso solo alla notte e toglierlo poi mentre dorme in modo tale da  associarlo solo all’addormentarsi e non al mantenimento del sonno.
· Il rinforzo positivo. Si possono utilizzare dei rinforzi positivi come dei piccoli premi ogni volta che il bambino rinuncia al ciuccio durante la giornata. I premi non devono necessariamente corrispondere a regali materiali, ma possono essere scelti tra le cose più piacevoli per il bambino (es. rimanere qualche minuto in più sull’altalena perché è stato bravo).
· Il dialogo. Si può iniziare a parlare con il bambino del modo in cui vuole staccarsi dal ciuccio e vedere come reagisce alla proposta. I genitori potrebbero utilizzare un po’ di creatività, anche perché ogni mamma sa che cosa è più piacevole proporre per il proprio bambino (es. potrebbe regalare il ciuccio ad un bambolotto oppure ad un animale allo zoo, darlo a Babbo Natale, stabilire una data-evento ben precisa).
· La pazienza del genitore. Si può anche aspettare che sia il bambino a decidere consapevolmente di essere diventato grande per il ciuccio e in questo caso non bisogna stressarlo (es. ripetendo più volte al giorno: “Quando leviamo il ciuccio?”) o sottoporlo a costanti critiche (“Un bambino grande come te ancora con il ciuccio!”). Questo atteggiamento, infatti, servirebbe solo ad umiliarlo e ad associare un senso di vergogna al gesto della suzione.
Non bisogna dimenticare che  l’abbandono del ciuccio ha a che fare con la dimensione della perdita e il bambino potrebbe vivere un sottile senso di lutto per la scomparsa di un oggetto fondamentale che lo ha accompagnato in vari momenti importanti e per molto tempo.

I punti sopracitati, quindi, rappresentano le basi che non dovrebbero mancare per rendere il “saluto al ciuccio” un processo di crescita e di cambiamento costruttivo sia per il bambino sia per il genitore che lo accompagna. 

Dott.ssa Barbara Leonardi
Centro di Psicoterapia Familiare

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