LA FUNZIONE DEL CIUCCIO
I bambini
nascono con l’istinto della suzione e il succhiare rappresenta, fin dall’inizio
della vita, il mezzo per soddisfare il bisogno primario della nutrizione
raggiungendo o ripristinando, al tempo stesso, uno stato di benessere. La
suzione "non nutritiva" ha quindi lo scopo di calmare e di
tranquillizzare il bambino nei momenti più difficili e rappresenta per lui
un'attività gratificante.
Dal punto di
vista psicologico il ciuccio desta un particolare interesse. Esso, infatti,
richiama facilmente alla mente la nota “fase orale” elaborata da S. Freud,
ossia la prima fase dello sviluppo psicosessuale infantile che copre la fascia
d'età tra i 0 e i 18 mesi di vita. Quest'ultima si caratterizza per la
predominanza dell’istinto innato della suzione in cui la modalità fondamentale
di relazione con il mondo esterno è di tipo nutritivo (seno materno o biberon),
e la bocca, attraverso la suzione, diventa la parte del corpo attraverso la
quale il bambino sperimenta il piacere attraverso il cibo, ma anche attraverso
la sensazione conforto e calma che prova al tatto.
Mettersi le
cose in bocca, cioè “assaggiarle”, risponde ad un bisogno innato e per questo
il ciuccio per i bambini è un ottimo strumento per alleviare qualsiasi
malessere, diventando un modo per rassicurarli in assenza del contatto fisico
con la figura materna.
Il ciuccio
rappresenta, inoltre, un oggetto transizionale perché aiuta il bambino a
staccarsi gradualmente dalla madre per acquisire una maggiore autonomia nel
tempo.
I vantaggi del
ciuccio possono essere molteplici:
· aiutare il bambino ad
addormentarsi da solo
· aiutare il bambino a calmarsi
(agevola il rilascio di serotonina)
· aiutare il bambino a
tollerare maggiormente la momentanea indisponibilità della mamma
· aiutare la mamma a capire se
il bambino neonato ha fame veramente (se rifiuta il ciuccio significa che ha
davvero fame)
· aiutare la mamma nei momenti
di difficoltà nella gestione del bambino;
· può essere tenuto
maggiormente sotto controllo dall'adulto rispetto all'uso del pollice.
Anche se il
ciuccio può essere un valido aiuto per la figura di attaccamento, è importante
che il genitore impari a decifrare i segnali del bambino per capire quando ha
veramente necessità del ciuccio e quando no. Non sarebbe costruttivo offrire il
ciuccio in ogni momento della giornata e in ogni situazione di disagio per far
star buono il piccolo. In questo modo non gli si permette di imparare a
tollerare la frustrazione del momento e il genitore perde l’occasione per
capire il significato della difficoltà che il bambino sta vivendo. L’uso
ottimale del ciuccio dovrebbe limitarsi al momento della nanna e a situazioni
di particolare disagio per il bambino.
L’utilizzo
prolungato del ciuccio, oltre a creare il rischio di una sorta di dipendenza
verso l'oggetto stesso, potrebbe causare un allungamento della fase orale e
diventare un fattore di rischio in età adulta per un eccessivo attaccamento a
comportamenti che coinvolgono l’utilizzo della bocca (problematiche quali
alcolismo, tabagismo, logorrea patologica, disturbi del comportamento
alimentari).
Per questo
motivo diventa opportuno “salutare” il ciuccio verso i 2 anni e mai oltre i 3.
Ciò che è
indispensabile in questo passaggio è:
· La consapevolezza dell'adulto.
La consapevolezza del genitore è necessaria per aiutare il bambino a
compiere questo grande “viaggio”.
La mamma deve
chiedersi se è davvero pronta ad accompagnare il proprio bambino al saluto del
ciuccio, utilizzando tutti e tre i propri Stati dell’Io (ovvero l'Io Genitore,
l'Io Adulto e l'Io Bambino). L'Io Genitore va energizzato per avvicinarsi a
delle regole chiare e protettive per sé e per il proprio bambino, facendo
attenzione al repertorio di slogan e pregiudizi genitoriali tramandati dalle
proprie figure di attaccamento (es. “Che brutto vedere dei bambini che sanno
già camminare e parlare, con il ciuccio in bocca”). Allo Stato dell’Io Adulto
spetta il compito di analizzare i dati di realtà inerenti le circostanze, come
ad esempio l’età del bambino, il proprio tempo a disposizione e il periodo
storico che sta vivendo la famiglia. Lo Stato dell’Io Bambino aiuterà il
genitore ad entrare in contatto con la propria emotività in relazione al
cambiamento da affrontare (ad es. una madre potrebbe mettersi in contatto con
la sua paura di essere “abbandonata” se non accontenta il bambino oppure con la
preoccupazione di non sentirsi una buona madre se non soddisfa le richieste di
suo figlio).
Con i bambini è
sempre meglio iniziare qualcosa solo se si è sicuri di portarla a termine: se
si prova a togliere il ciuccio al bambino, per poi cedere quando lo richiede,
questo può far passare un messaggio sbagliato, ovvero che il bambino se insiste
aumentando i capricci e l’intensità del pianto, può ottenere ciò che vuole. Al
secondo tentativo, quindi, il bambino potrebbe utilizzare un’escalation di
pianto e capricci, rendendo più complicato il processo.
· La scelta del periodo giusto.
È
importante scegliere un periodo tranquillo per il bambino, che non coincida con
altri grandi cambiamenti (es. momento in cui si sta togliendo il pannolino,
inserimento al nido, nascita un un fratellino, separazione dei genitori).
· La partecipazione attiva del
bambino.
Per affrontare questo grande distacco in modo sereno è necessaria la
partecipazione attiva del bambino che si deve sentire protagonista della scelta
di abbandonare un oggetto così importante per sé ed evitare di toglierlo
improvvisamente senza offrirgli alcuna spiegazione. Quando la scelta è
volontaria e consapevole sarà sicuramente duratura e il bambino non lo cercherà
più.
· La gradualità. Si può aiutare
il bambino a staccarsi gradualmente dal suo “amico” riducendone inizialmente
l’uso solo alla notte e toglierlo poi mentre dorme in modo tale da associarlo solo all’addormentarsi e non al
mantenimento del sonno.
· Il rinforzo positivo. Si possono
utilizzare dei rinforzi positivi come dei piccoli premi ogni volta che il
bambino rinuncia al ciuccio durante la giornata. I premi non devono
necessariamente corrispondere a regali materiali, ma possono essere scelti tra
le cose più piacevoli per il bambino (es. rimanere qualche minuto in più
sull’altalena perché è stato bravo).
· Il dialogo. Si può
iniziare a parlare con il bambino del modo in cui vuole staccarsi dal ciuccio e
vedere come reagisce alla proposta. I genitori potrebbero utilizzare un po’ di
creatività, anche perché ogni mamma sa che cosa è più piacevole proporre per il
proprio bambino (es. potrebbe regalare il ciuccio ad un bambolotto oppure ad un
animale allo zoo, darlo a Babbo Natale, stabilire una data-evento ben precisa).
· La pazienza del genitore.
Si può anche aspettare che sia il bambino a decidere consapevolmente di essere
diventato grande per il ciuccio e in questo caso non bisogna stressarlo (es.
ripetendo più volte al giorno: “Quando leviamo il ciuccio?”) o sottoporlo a
costanti critiche (“Un bambino grande come te ancora con il ciuccio!”). Questo
atteggiamento, infatti, servirebbe solo ad umiliarlo e ad associare un senso di
vergogna al gesto della suzione.
Non bisogna
dimenticare che l’abbandono del ciuccio
ha a che fare con la dimensione della perdita e il bambino potrebbe vivere un
sottile senso di lutto per la scomparsa di un oggetto fondamentale che lo ha
accompagnato in vari momenti importanti e per molto tempo.
I punti
sopracitati, quindi, rappresentano le basi che non dovrebbero mancare per
rendere il “saluto al ciuccio” un processo di crescita e di cambiamento
costruttivo sia per il bambino sia per il genitore che lo accompagna.
Dott.ssa Barbara Leonardi
Centro di Psicoterapia Familiare
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