martedì 27 agosto 2013

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SPORT E PSICOLOGIA

Il legame tra genitore e figlio rinsaldato dalla comune passione per la propria squadra di calcio e l'importanza delle famiglie allo stadio, un tema di grande attualità

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CALCIO E TIFO NEL LEGAME TRA PADRE E FIGLIO


martedì 13 agosto 2013

L'ESPERIENZA DI MATTEO

L'Allenamento Funzionale



Un movimento si dice funzionale quando rispecchia i gesti della vita quotidiana, movimenti naturali realizzati grazie alla contrazione sinergica di più gruppi muscolari.
Essere funzionali vuol dire essere forti, reattivi, agili, veloci, elastici, coordinati, grazie al fatto che si acquisiscono nuovi schemi motori attraverso esperienze motorie multiple e sempre piu' difficili (la progressione è fondamentale nel functional training).
A sua volta la progressione rappresenta un perfezionamento graduale attraverso cui il raggiungimento degli obiettivi preposti diventa un esercizio di soddisfazione personale che aumenta la stima verso se stessi.
Essendo un processo di apprendimento, di conoscenza di se stessi, dei principi, delle metodologie, dei mezzi e degli strumenti più efficaci al raggiungimento dei propri obiettivi, l’allenamento funzionale come concetto non pone in linea di principio differenzazioni tra atleti normodotati o disabili.
Allenarsi in modo funzionale vuol dire allenarsi con i muscoli, la testa e soprattutto il cuore. È proprio quest’ultimo elemento che traspare dalle parole che leggerete di seguito, il pensiero di Matteo Sborgia, un ragazzo della provincia di Pescara (PE), laureato alla Triennale della Facoltà di Lettere Moderne.


"L'allenamento funzionale può funzionare quando hai quell'adrenalina che ti spinge ad andare avanti nonostante le difficoltà. In quei momenti non ti importa nulla del pregiudizio, della disabilità perchè ti senti vivo. L'allenamento funzionale ti mette in competizione con te stesso, aiutandoti a superare i tuoi limiti, perchè i limiti si superano quando si affrontano, ed anche se permangono dentro di noi, anche se fanno parte, DI NOI l'importante è averli affrontati, non importa il risultato, non importa dove sei arrivato, ciò che conta è essersi impegnati con tutto il corpo, il cuore e l'anima, a prescindere da tutto e nonostante tutto. E quando si arriva ci si sente liberi, fieri e forti perchè sai di aver fatto la cosa giusta, sai che hai dato tutto. E soprattutto sai che sei vivo, sai che vali e che ancora una volta hai vinto tu perchè hai cercato con tutto te stesso di andare oltre i tuoi limiti, infischiandotene di tutto il resto. Perchè tutto il resto è noia. Il traguardo è la tua vittoria, ognuno di noi ha il suo. Quando si taglia il traguardo, quando ci si mette in gioco, si ha la percezione di aver già vinto. Perchè ci metti cuore e voglia NONOSTANTE TUTTO. 
OLTRE OGNI LIMITE…"
Matteo Sborgia


Per info e approfondimenti: Oltre il pregiudizio



venerdì 2 agosto 2013

MATERNITA' E LAVORO

LE MAMME MANAGER



Le donne in carriera che diventano madri devono conciliare due mestieri quello di mamma con l’impegno professionale.
Alcune decidono di sacrificare il lavoro per prendersi cura del nascituro, altre a un mese dal parto sono già in ufficio prese da un doppio carico di responsabilità. “Ho pianificato tutta la maternità in modo scrupoloso, ma di fronte alla prima febbre alta mi sono chiesta se sono davvero una buona madre!”. Questa è la frase che di frequente si sente dire a neomamme che decidono di rientrare repentinamente al lavoro dopo pochi mesi dal parto. Forte è il senso di colpa che si interseca con la voglia di intraprendenza professionale.
Nel libro “Mamme Acrobate” l’autrice, la dott.ssa Rosci, spiega che il “conflitto è già latente nella complessità di competenze richieste ad una mamma e a una donna con un serio impegno professionale”. Deve quindi essere munita di doti quali pazienza, dedizione alla cura, ma anche concentrazione continuità e competizione, un carico non indifferente. Nonostante le difficoltà “rinunciare al lavoro non è un’opzione, piuttosto le donne sviluppano la capacità di passare da un piano all’altro dei due “mestieri”, di vivere due agende parallele, una razionale, una emotiva”. Fare le supermamme serve quindi a placare il senso di colpa, ma oltre al fatto che non basta a cancellarlo, può provocare grosse conseguenze nell’equilibrio mentale della persona oltre che alla relazione con il partner che ne pagherebbe sicuramente il prezzo più alto. Infatti laddove il carico è tutto spostato da un alto della coppia, qualunque sia il motivo di base, si innesca un susseguirsi di sensi di colpa e rimproveri reciproci rispetto alle presunte mancanze nei confronti del bambino che non vengono adeguatamente affrontati. Il tempo della coppia si riduce, come la comunicazione ed infine la sessualità, termometro della temperatura del clima emotivo.  Condividere invece l’esperienza della maternità con il compagno, le proprie aspettative rispetto alla carriera lavorativa e i compiti di crescita del nuovo nucleo, può essere meno gratificante, ma sicuramente rappresentare un momento di unione che aiuta soprattutto  la mamma in questa delicata fase di vita.
Le ansie materne non cominciano con la nascita, bensì prima, quando la gestante deve fare spazio mentale, oltre che fisico, per il bambino. L’accettazione psicologica di questa creatura è importantissima per riuscire a gestire ogni tipo di difficoltà successiva alla nascita. Una madre che ha affrontato adeguatamente questa accettazione sarà anche pronta a separarsi dal figlio nei tempi giusti, garantendo la sua presenza in termini di qualità e non solo di quantità.
È anche vero che oggi più che una scelta, rientrare al lavoro è una necessità dettata da regole burocratiche ed esigenze di impresa, quindi la soluzione a questa assenza forzata resta sicuramente dedicarsi regolarmente al bambino quando è possibile, combattendo il senso di colpa che spinge a trovare surrogati di gesti affettivi in oggetti, giocattoli o nell’arrendevolezza agli eccessivi capricci. L’istinto materno è da sempre il miglior deterrente contro l’insicurezza e i sensi di colpa ed è l’unico vero insegnante dei giusti metodi per prendersi cura dell’altro.

Dott.ssa Ivana Siena

PENSIERI